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All'Annunziata di Cosenza eseguito l'eccezionale intervento per rimuovere un tumore al fegato

All’Annunziata di Cosenza eseguito l’eccezionale intervento per rimuovere un tumore al fegato

Era stato dato per “spacciato” a Torino, mentre all’ospedale Annunziata di Cosenza, gli è stata ‘ridata la vita’. È la storia dell’artista cosentino Rocco, con un tumore al fegato, che, dopo essere stato scartato da un ospedale torinese per il trapianto, si è rivolto all’Ospedale Annunziata di Cosenza, dove non ha trovato «una sentenza di morte», bensì un professionista, come il dott. Bruno Nardo che, avviando una collaborazione multidisciplinare, è riuscito ad asportare il tumore recidivo.

«Dopo l’incontro con il Professore – ha raccontato Rocco – ho capito che, nonostante il mio tumore fosse avanzato,  non ero ancora spacciato. Con uno spirito di squadra, e coinvolgendo vari professionisti dell’Annunziata, il Professore nel giro di pochissimi giorni mi ha sottoposto ad una batteria di esami: TC total  body e RMN epatospecifica, per andare a studiare nei dettagli la sede precisa della trombosi neoplastica, sperando che non fosse progredita nel suo possibile cammino nel fegato».

«Dopo avere valutato con il primario della Radiologia, dott. Alfredo Zanolini, – viene spiegato – la posizione del tumore e della trombosi, e dopo avere verificato che la situazione non era del tutto compromessa, ha chiesto all’epatologo, Dr Giovanni Vallone, di rivalutare la funzionalità del fegato che sulla base degli esami recenti è risultata buona. In sintesi il paziente aveva ancora delle possibilità per essere operato asportando in bocco tumore e trombosi».

«Restava da stabilire un ultimo dato, assai importante per la strategia terapeutica da adottare – viene spiegato – operare in un unica seduta, o fare un primo intervento preparatorio e, dopo circa 10 giorni, ritornare in sala operatoria per completare la resezione aspettando la rigenerazione del fegato residuo? La risposta doveva arrivare dallo studio TC della volumetria epatica, ovvero verificare quanto fegato residuo sarebbe rimasto al paziente dopo l’intervento. In altre parole, occorreva sapere se il fegato residuo, affetto da epatopatia cronica virale, fosse sufficiente a evitare una insufficienza epatica post-operatoria letale».

«Grazie ad un programma sofisticato – viene spiegato in una nota – disponibile al Mariano Santo e gestito dal Dr Mario Leporace è  arrivata la risposta che si sperava, ovvero che il fegato residuo era sufficiente. Restava la corsa contro il tempo per recuperare i lunghi mesi di attesa, a partire dal viaggio a Torino, ed evitare che la trombosi progredisse ulteriormente, invadendo il fegato sano». 

Nella prima sala operatoria utile, si è proceduto al delicato intervento. Al tavolo operatorio oltre al Prof. Bruno Nardo,  la sua equipe, composta dal Dr Marco Doni, dalla Dott.ssa Veronica Crocco e dal giovane Dr Daniele Paglione. Preziosa la collaborazione di tutti, compreso quella del personale infermieristico, dalla strumentista Ivana Astorino al referente del blocco operatorio Giuseppe Marano.

A condurre e gestire la delicata fase dell’anestesia, per oltre 5 ore di intervento, la Dott.ssa Anna Paternostro, che aveva già collaborato con il Prof. Nardo gestendo altre situazioni complesse e delicate. In sala operatoria, prima di resecare il fegato, sono state condotte ulteriori valutazioni strumentali, tra cui una ecografia e una biopsia sul fegato residuo che è risultato con steatosi e fibrosi come ha diagnosticato il primario della Anatomia Patologica Dr Gaetano Giannotta. A quel punto non vi erano più dubbi, si poteva procedere, in un’unica seduta, ad asportare il fegato malato e così,  con  calma e precisione, senza necessità di trasfusioni di sangue, dominando prima il tumore e poi pulendo i rami portali dalla trombosi neoplastica l’intervento è stato condotto a termine. Era fatta, l’intervento era andato bene, ed il paziente risvegliato in sala operatoria è stato riportato nel reparto della Chirurgia Generale Falcone non avendo necessità della terapia intensiva. 

“Ho fame” e “mi voglio alzare” sono state le prime parole che ha detto il paziente al Professore Nardo, il giorno successivo. E così è stato: il paziente ha iniziato ad alimentarsi ed a scendere dal letto dal primo giorno. Ora è degente nel reparto, il decorso postoperatorio è regolare e viene coccolato dai medici e dal personale infermieristico ed OSS che lo hanno in cura. Il paziente ormai è pronto per tornare a casa, e nel ricordare quanto gli era stato detto a Torino, sorride e dice «meno male che ho incontrato medici e chirurghi eccellenti in Calabria che mi hanno ridato la speranza di vivere». 

«Nello spirito di gruppo che lo ha sempre contraddistinto – si legge in una nota – il nuovo Primario ha avviato collaborazioni multidisciplinari con i colleghi dei vari reparti dell’Ospedale Annunziata con i quali partecipa ai principali percorsi diagnostici-terapeutici dell’Azienda e con i colleghi del nuovo Corso di Medicina-Chirurgia e Tecnologie Digitali dell’Università della Calabria».

«Dobbiamo fare squadra, va ripetendo, da quando è arrivato – continua ancora la nota –  il direttore della UOC di Chirurgia Generale Falcone, impegnato a contribuire, insieme a tutti gli altri validi medici chirurghi dell’Ospedale e ricercatori dell’Università, a ridurre ulteriormente la migrazione sanitaria, obiettivo strategico dell’Azienda oltre che della Regione Calabria». 

«Come è noto,  il momento per la Sanità Calabrese è particolarmente difficile – conclude la nota – tanto da indurre il neo Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto,  a metterla al centro del programma di Governo. La bella pagina di buona sanità che è stata scritta all’Annunziata fa ben sperare e può essere considerata di buon auspicio per la salute dei calabresi». (rcs)