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Sodano

CATANZARO – La lettera di Elena Sodano alla presidente Santelli

La presidente dell’Associazione Ra.Gi. di Catanzaro, Elena Sodano, ha scritto una lunga lettera aperta alla presidente della Regione Jole Santelli per porre alla sua attenzione il delicato tema delle demenze in Calabria.

«Gentile presidente – inizia così la lettera della presidente Sodano – intanto mi complimento con lei per il ruolo che da qui a breve andrà ad occupare nella Cittadella Regionale. Lei ha il privilegio di essere la prima donna alla quale viene affidata la nostra terra di Calabria, una terra per nulla avvilita, vinta, senza spirito di discernimento o peggio priva di spina dorsale per come si vorrebbe far credere. E sono sicura che queste voci lei le sappia ascoltare e ben rappresentare con la sua capacità e sensibilità da politica e da donna».

«Sono presidente della Ra.Gi. di Catanzaro – prosegue la lettera – un’Associazione con personalità giuridica regionale che si spende a individuare i bisogni concreti delle persone con demenze e delle loro famiglie, cercando di offrire servizi concreti partendo dal convertire una cultura crudele che si era innalzata intorno alla loro “non più vita”. Gli ultimi dati di fonti giornalistiche scientifiche, ci raccontano di un popolo di 68mila persone che nella nostra regione soffrirebbero della malattia di Alzheimer. Un dato elevatissimo se solo si pensa che l’Alzheimer non è la sola forma di demenza anche se di certo la più frequente. In Italia sono 1,2 milioni le persone malate solo di Alzheimer. In futuro, tra 10 anni circa, si potrebbe avere un nuovo malato di Alzheimer ogni 3 secondi. E nel mondo attualmente gli ammalati sono in 49 milioni».

La presidente, nella lettera, ha messo in evidenza che «per questa malattia, ad oggi, non esiste una cura». Infatti, come riporta la presidente Sodano, non si tratta solo di persone anziane: «in crescente aumento sono, infatti, i giovani con demenze, con figli giovanissimi che, a loro volta, si trasformano in genitori dei loro genitori, abbandonando la loro stessa vita per farsi carico di un nuovo ruolo».

«E questo – continua la lettera – nonostante la ricerca vada avanti da anni nei laboratori di colossi farmaceutici e scienziati in tutto il mondo, anche in rete tra di loro, finanziati anche dall’Europa con progetti appositi».

«Alcune uscite sensazionali di scoperte o risoluzioni – prosegue la lettera – seppur troppo spesso propagandistiche, non fanno altro che deviare l’opinione pubblica su un argomento molto serio ma a loro spesso sconosciuto, e condannano le famiglie a false speranze e umiliano la malattia delle persone con demenze che ad oggi sono ridotte a vivere in un nulla al centro di un vuoto. Un vuoto che, almeno qui in Calabria, continuava (e il passato mi permetta è d’obbligo) a rifarsi ad una vecchia ideologia politica e tecnico-scientifica che, in tutti questi anni, avrebbe dovuto avere il compito quantomeno di gestirlo, senza delegare il tutto alla sola responsabilità della famiglia, etichettando le persone con demenze come psicologicamente e biologicamente “incomprensibili” e mortificando e annullando la loro individualità». 

«Noi, presidente Santelli – continua la lettera – con coraggio e con un pizzico di sfida emotiva, ci siamo posizionati in questo vuoto, sfrondando le sovrastrutture e spogliando il “mito” che si era forse voluto appositamente costruire intorno a queste persone, consapevoli che quando non esiste una cura è il “prendersi cura” che deve riempire il nulla, allargando gli orizzonti e andando oltre i singoli orticelli. C’è una grossa differenza tra la “cura”, che appartiene più all’aspetto medico-scientifico, e il “prendersi cura”, che invece appartiene ad una dimensione sociale. La nostra esperienza costruita sul territorio attraverso innumerevoli servizi, ci insegna che il “prendersi cura” per queste persone sta primariamente nel trovare risposte concrete alle domande concrete che provengono dalla realtà in cui queste persone vivono».

«Siamo nati senza finanziamenti – prosegue la lettera – con la serietà professionale di chi voleva richiamare l’attenzione delle istituzioni pubbliche su uno stallo di pensiero che spendeva tutte le sue energie anche finanziarie verso l’aspetto medico-assistenziale, mettendo da parte la natura “esistenziale” intrinseca in ogni essere umano. Nel nostro piccolo e con i mezzi a disposizione abbiamo cercato di trascendere questa realtà per trasformarla e mettere, per quanto possibile, un freno alla frammentazione che vivono le persone con le demenze e la frantumazione delle famiglie. Siamo stati utopistici forse, ma questo è stato possibile perché siamo riusciti a guardare con gli occhi del bisogno e a liberarci dalla schiavitù di una vecchia ideologia che era stata costruita ad hoc intorno all’universo di queste persone. Abbiamo operato per il superamento di ogni chiusura, di ogni emarginazione e segregazione».

«Guardando alla legge regionale 23 del 2003 in maniera più costruttiva – continua la lettera – abbiamo proposto un’evoluzione al classico pensiero scientifico, economico e politico, mettendo a fianco a tutto questo anche la logica del bisogno concreto che parte dal territorio. La ricerca l’abbiamo fatta sul territorio, ascoltando il bisogno di centinaia di persone che volevano sostegno dopo una diagnosi di demenza. Con l’aiuto di chi ha creduto e crede nel nostro percorso, stiamo cercando di costruire proprio su quel dopo, trasformando il territorio, primo dispositivo terapeutico in risposta ai bisogni primari delle persone con demenze e delle loro famiglie. Per fortuna in tanti stanno seguendo le nostre tracce. E questo non significa, come spesso è stato frainteso, che la malattia delle persone con demenze non esiste e che con essa non esista tutto un apparato scientifico, medico, farmacologico e di assistenza, ma significa che le persone con le demenze possono sorridere alla vita con un’altra faccia e che non sono delle schegge impazzite da spegnere e silenziare.  Significa che non sono persone per le quali non c’è più nulla da fare. Si tratta invece di un’umanità che può essere ancora protagonista della realizzazione del suo possibile. Un obiettivo a cui occorre arrivare tutti insieme, sotterrando l’ascia delle autoreferenzialità e abbattendo ruoli divenuti cristallizzati nel tempo».

«Nel nostro cammino – prosegue la lettera – abbiamo incontrato in tutta la Calabria una marea di professionisti della cura, medici, psicologi, geriatri, infermieri, Oss, che pur tra le mille difficoltà quotidiane si spendono in favore di queste persone con bontà d’animo, umiltà e con quella generosità che deve far riflettere. Il sociale e il sanitario sono due anime politiche che non possono percorrere strade differenti. Ci dev’essere una coincidenza tra il mandato della medicina, il mandato della scienza e il mandato della società. Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che occorre fare il più grosso lavoro di cambiamento culturale ridisegnando le politiche e i criteri di finanziamento secondo una logica di rete e in base ai risultati concreti di ognuno».

«Ecco presidente – continua la lettera – noi vorremmo proporre insieme a lei una nuova cultura rivolta verso l’umanizzazione della cura delle persone con demenze partendo dal loro reale bisogno. Questa cultura è possibile concretizzarla, ed è ciò che un popolo numeroso di persone con le demenze presente in Calabria le chiede insieme alle rispettive famiglie. Forte delle proprie e serie competenze, un buon privato sociale può colmare i troppi vuoti della sanità, alleggerendola anche da pesi burocratici, organizzativi ed economici. Sperando di poterle far conoscere più da vicino il nostro operato, la ringrazio dell’attenzione e dell’ascolto, presidente Santelli, e porgo a Lei e alla sua futura giunta gli auguri di proficuo lavoro». (rcz)