di ERNESTO MANCINI – Il Ministro Calderoli ha proposto al Consiglio dei Ministri un disegno di legge per determinare i livelli essenziali delle prestazioni (Lep).
La proposta mira ad ottenere dal Parlamento la delega al Governo per definire questi livelli, adempimento preliminare per l’autonomia regionale differenziata. In pratica, è una delega che il Ministro richiede per se stesso, essendo lui il dominus del procedimento per giungere a tale deleteria autonomia differenziata.
Il Consiglio dei Ministri, stanti i patti di maggioranza per conseguire gli obbiettivi di ciascuna componente politica (premierato, separazione carriere magistrati, autonomia differenziata), ha approvato la proposta ed è molto probabile che il Parlamento, data la corrispondente maggioranza, delegherà il Governo a legiferare.
Sul disegno di legge possono farsi le seguenti osservazioni.
La legge delega ed il Decreto delegato
Seppure lo strumento del decreto delegato appaia formalmente legittimo – si tratta infatti di disciplinare una materia che presenta molti aspetti tecnici, giuridici e finanziari assai complessi – va detto che tale strumento legislativo nelle mani del Ministro Calderoli appare pericoloso e foriero di parecchie insidie per l’unità e l’indivisibilità della Repubblica nonché per l’uguaglianza dei cittadini (artt. 2, 3 e 5 della Costituzione).
Nel disegno di legge-delega, Calderoli prevede nove mesi per la determinazione dei Lep. Considerato che il Ministro utilizzerà il lavoro già svolto dalla Commissione per tali livelli (Clep – Commissione Cassese) c’è da credere che egli arriverà certamente a legiferare nel termine previsto.
Il Ministro non incontrerà al riguardo ostacoli significativi perché i pochi passaggi previsti dalla procedura sono congegnati in modo tale che gli organi preposti al controllo avranno scarsa capacità di incidere sul testo con efficaci emendamenti o con significative correzioni successive. Non lo potrà fare la Conferenza Unificata delle Regioni perché in essa predomina una maggioranza analoga a quella parlamentare; si è già visto come tale maggioranza è stata prona ai diktat di Calderoli al momento dei preliminari pareri sull’autonomia differenziata di fine anno 2023 – primi mesi 2024.
Non lo potranno fare, per gli stessi vincoli di maggioranza, le apposite Commissioni Parlamentari cui il decreto legislativo sarà sottoposto per la prevista valutazione; anche in questo caso si è già visto come la stragrande maggioranza delle qualificate audizioni in Commissione (costituzionalisti, amministrativisti, economisti, autorevoli istituzioni) contrarie alla indicata prospettiva di autonomia differenziata siano state del tutto non considerate nel testo finale della legge Calderoli n. 86/2024.
Peraltro, in ogni caso, si tratta di valutazioni-pareri da esprimersi in tempi brevissimi (solo 30 giorni) e perciò inaccettabili data la complessità della materia e gli interessi pubblici in gioco. Per giunta si tratterà di pareri non vincolanti sicché il Ministro potrà proseguire disinvoltamente a prescindere dalle valutazioni eventualmente contrarie che, stanti i rapporti di forza politici, non saranno certo prevalenti.
Le materie, le funzioni ed i possibili trasferimenti dallo Stato alle Regioni
Ora va detto che nella bozza di legge-delega si prevedono quattordici “settori organici di materie” all’interno delle quali si intende individuare le “funzioni” ai fini della determinazione delle prestazioni.
Tale settori sono i seguenti: a)principi generali sull’istruzione; b) protezione dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali; c) sicurezza e tutela del lavoro; d) istruzione; e) ricerca scientifica e tecnologica e supporto all’innovazione nei settori produttivi; f) protezione della salute; g) nutrizione; h) organizzazione sportiva; i) pianificazione territoriale; l) porti e aeroporti civili; m) grandi infrastrutture di trasporto e navigazione; n) regolamentazione della comunicazione; o) produzione, trasporto e distribuzione dell’energia a livello nazionale; p) valorizzazione dei beni culturali e ambientali e organizzazione di attività culturali. Viene specificato che è esclusa la protezione della salute (lettera f) poiché i Lea (livelli essenziali di assistenza cioè il Lep della sanità) sono già vigenti.
Si tratta di quattordici “settori organici di materie” (così li definisce la bozza del disegno legge delega) rispetto alle ventitré materie previste dall’art. 117 della Costituzione. Tuttavia, questa riduzione non è effettiva perché si tratta solo di una mera riclassificazione con altro criterio.
Al riguardo va ricordato che la Corte Costituzionale ha escluso il trasferimento di “materie” dallo Stato alla esclusiva competenza delle Regioni perché ciò è in palese contrasto con la Costituzione (art.117, 3° comma). Ha però ammesso che specifiche funzioni relative a tali materie possano essere trasferite alle regioni che ne facciano richiesta sempre che venga rispettato il principio di sussidiarietà cioè l’obbligo di collocare la funzione nel livello più adeguato (Europa, Stato, Regione, Comuni) secondo le caratteristiche della funzione medesima e le esigenze del “bene comune”.
Ora, siccome i quattordici settori organici si articolano ciascuno in molteplici funzioni e siccome queste possono essere oggetto di trasferimento, ne discende che l’autonomia differenziata può avere una dimensione eclatante fino al punto da privare lo Stato delle funzioni più importanti in favore delle Regioni che ne facciano richiesta.
Un esempio chiarirà meglio quanto andiamo dicendo: Con riguardo al solo settore “istruzione”, si contano nel disegno di legge ben quindici articolazioni (articoli da 4 a 19 tra cui le funzioni relative ai piani di studio, alla formazione delle classi, all’edilizia scolastica, alla formazione personale docente, al diritto allo studio, e molto altro). In ognuna di queste articolazioni sono indicate, a loro volta, decine e decine di funzioni facendo riferimento generico ai titoli delle numerose leggi che vengono richiamate (vedi comma due di ciascun articolo dedicato all’istruzione).
Ne consegue che il numero complessivo delle funzioni dei quattordici settori organici delle materie è amplissimo (oltre 500)sicché è amplissima la possibilità di trasferirle alle Regioni che intendono acquisirle quale forma particolare di autonomia ex art. 116. 3° comma del nuovo titolo V della Costituzione.
La realizzazione del “disegno spacca Italia”
Si potrebbe così realizzare il disegno “criminoso” di Calderoli & co, di spaccare l’Italia assegnando alle regioni del nord che ne fanno richiesta gran parte delle funzioni o comunque le più importanti per garantire loro maggiore potere politico, legislativo ed amministrativo rispetto alle altre Regioni ed allo stesso Stato.
Tutto ciò creerà disordine e caos nell’ordinamento pubblico perché i cittadini, le imprese e le altre organizzazioni sociali, dovranno rivolgersi per l’esercizio dei medesimi diritti civili e sociali o allo Stato o alla Regione a seconda del territorio dove risiedono o verso il quale, per mobilità od altro, intendono esercitare tali diritti. Con l’aggravante di diverse procedure, diversi presupposti e diverse graduazioni dei diritti stanti le diverse capacità, anche finanziarie, delle regioni favorite con l’autonomia differenziata. Insomma, un ulteriore e distruttivo distacco delle regioni ricche del nord rispetto a quelle del sud. Lo Stato, peraltro, dovrà comunque mantenere gli apparati e le relative spese per gestire la funzioni in riferimento alle Regioni che non si differenziano ed in più perderà capacità imperativa o negoziale con qualsiasi interlocutore, pubblico o privato, interessato alla funzione (concessioni, contratti pubblici, economie di scala, ecc.).
Il decreto delegato come grimaldello per spezzare l’Italia
C’è da temere che nessuno spazio avrà l’applicazione obbiettiva del principio di sussidiarietà secondo cui bisogna valutare con la massima imparzialità a quale livello ottimale si può collocare ogni singola funzione (come si diceva: Europa, Stato, Regione, Comuni). Il Governo, stante la matrice secessionista del Ministro ed il pactum sceleris di cui si è detto, è del tutto sbilanciato verso le regioni (beninteso quelle del nord) e la maggioranza parlamentare, pur di evitare una crisi che porterebbe allo scioglimento anticipato delle Camere, sarà acquiescente al volere del ministro e del partito leghista.
Va pure detto che in astratto la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni è cosa buona perché consente di misurare quanto le autorità pubbliche siano obbligate a garantire in modo uniforme su tutto il territorio nazionale e quanto sia, regione per regione, il distacco o il superamento tra gli attuali livelli e quelli essenziali. Tuttavia, in concreto, nelle mani di un Ministro clamorosamente secessionista, tale determinazione diventa invece il grimaldello per il successivo passaggio alle intese con le regioni del Nord a danno di quelle del Sud notoriamente lontane da tali livelli.
Con l’aggravante che i finanziamenti che il promesso legislatore prevede per eliminare il gap tra Nord e Sud sono solo teorici ed anzi assolutamente improbabili stante la insufficiente capacità finanziaria dello Stato già gravemente indebitato; incapacità e debito che si aggraveranno ulteriormente se lo Stato dovrà lasciare gran parte delle entrate fiscali alle Regioni che pretendono la differenziazione (il Veneto dopo il referendum farsa del 2017 chiese addirittura l’80% delle entrate fiscali originate nel proprio territorio !!!).
Una battaglia durissima
Si prospetta pertanto una battaglia durissima nella quale si dovranno ancora fare valere nelle Piazze, nel Parlamento e se del caso ancora davanti al Giudice delle Leggi i principi costituzionali di unità, indivisibilità della Repubblica ed uguaglianza dei cittadini e cioè, con espressione univoca e omnicomprensiva “il principio di non frammentarietà” , secondo cui “quando la funzione attiene agli interessi dell’intera comunità nazionale, la sua cura non può essere frammentata territorialmente senza compromettere la stessa esistenza di tale comunità, o comunque l’efficienza della funzione” (Sentenza Corte Costituzionale 192/24 in più passaggi ed in particolare al punto 4.2.1.). (em)
(Questo articolo è un contributo al Gruppo di Lavoro dei Comitati NO AD,Tavolo Tecnico NO AD per lo studio e l’approfondimento delle problematiche sui livelli essenziali delle prestazioni)