NELLA TRADIZIONALE CLASSIFICA REDATTA DAL SOLE 24 ORE SUI CAPOLUOGHI DI PROVINCIA;
focus 17.12

Contate fino a 85, poi apparirà Catanzaro Calabria agli ultimi posti per qualità-vita

di SANTO STRATI – Può sembrare un controsenso immaginando gli scenari di sogno, le incantevoli oasi marine, il cielo pulito e l’aria quasi dappertutto pulita: la Calabria, nonostante tutto ciò continua ad essere il fanalino di coda per la qualità della vita nei capoluoghi di provincia. Questo disegna la tradizionale indagine del Sole 24 Ore sulla qualità della vita, giunta alla sua trentesima edizione. Ai primi posti Milano e Bolzano e a seguire Trento: se cercate i capoluoghi calabresi, munitevi di paziente sconforto e contate fino a 85, a quel punto appare Catanzaro (che peraltro ha risalito la classifica dei 107 capoluoghi), ma non rallegratevi, Crotone è penultima, davanti solo a Caltanissetta.

Tra promozioni e bocciature, questi dati indicano che le province autonome stanno meglio di tutti e se a un calabrese può venire un attacco d’invidia (ma volete mettere l’Aspromonte e la Sila nel confronto con le Dolomiti? Non c’è storia, lì vinciamo a mani basse, con tutta l’ammirazione per gli scenari trentini) un abitante di una metropoli come Milano, inquinata sì, ma operativa, fruttuosa e pulita, potrà pur chiedersi come mai la Calabria, la bella e “sfortunata”  Calabria sia messa così male nella qualità della vita.

Non si tratta di sfortuna, ma di mancanza di progettualità da parte dei nostri governanti. Solo così si può spiegare perché Crotone dal 101mo posto dello scorso anno precipita al 106mo e perché la disoccupazione giovanile in Calabria raggiunga vette vergognose (43,5% nella fascia 15-29 anni) e addirittura al 45,5% se si parla di mai occupati o che non cercano lavoro: il lavoro non c’è, ma ci potrebbe essere, eppure manca una qualsiasi politica di opportunità di impiego o occupazione. Spieghiamoci meglio: c’è la bella iniziativa Resto al Sud, gestita da Invitalia (al cui vertice è stato appena riconfermato un calabrese, Domenico Arcuri, di Melito Porto Salvo), ma provate a bussare in banca, presentandovi con tante belle idee di imprenditoria (giovanile e non) e se non si sparano una grassa risata in faccia è solo perché i bancari hanno smesso di ridere e sorridere.

Il problema del credito è spaventoso nel Mezzogiorno, terrificante in Calabria. I nostri futuri governanti (di cui non si conoscono – tranne che per alcuni candidati – programmi e progetti) farebbero bene a stilare un promemoria di molte righe sull’emergenza della regione. Prima fra tutti quella del lavoro: 200mila giovani (di cui una buona parte con una laurea conquistata con sacrifici, impegno e passione in una delle nostre ottime Università) sono andati via e, pur volendo tornare, non hanno il minimo incentivo di sicurezza per poter vivere una vita che si possa definire tale.
Non basta indignarsi a parole, la classifica del Sole 24 Ore non svela alcun arcano: è una realtà che migliaia di calabresi vivono ogni giorno (Reggio è al 91° posto, Cosenza al 96°, Vibo al 103°). Occorre cambiare registro, offrire aspettative e qualità delle vita utilizzando le risorse sottoutilizzate (o per niente utilizzate) del territorio: agricoltura (biologica e non), turismo, tecnologia (i nostri ragazzi se li contendono le più grandi aziende del mondo e noi abbiamo pagato i loro studi). Senza trascurare l’industria delle biotecnologie (non servono aziende manifatturiere che chiudono al primo vento di crisi) e il segmento eno-gastronomico. Ci sono in ballo centinaia di migliaia di posti di lavoro da mettere in cantiere, subito, senza subire i guasti della burocrazia, snellendo procedure e incentivando (anche dal punto economico) la micro e autoimprenditorialità. Date ai giovani la possibilità di sperimentare e perfezionare la competenza acquisita, ma non chiedete che qualcuno garantisca per loro anche per i pochi spiccioli che sarebbero messi a disposizione. È un meccanismo fatale che equivale a spingere tantissimi, validissimi, ragazzi, appena laureati, a rinunciare al proprio territorio, all’ambiente che li ha visti nascere e crescere, e andare via. E, per colmo di imbarazzo, vedersi chiedere dalle poche compagnie aeree che operano in Calabria prezzi da capogiro per tornare a Natale, a visitare i genitori, i familiari, salutare gli amici. Respirare aria di casa (quella, a dispetto della classifica del quotidiano confindustriale) è ancora buona. (s)