;
È calabrese Paolo Guido, il magistrato che ha arrestato Matteo Messina Denaro

È calabrese Paolo Guido, il magistrato che ha arrestato Matteo Messina Denaro

di PINO NANOSembra quasi un gioco del destino, ma quando si parla di lotta alla mafia, e ai massimi livelli possibili e immaginabili, c’è sempre un calabrese di mezzo. Questa volta è il caso di Paolo Guido, il giovane magistrato che oggi ha firmato la cattura del “boss dei due mondi”, il “fantasma”, “l’ultimo corleonese”, Matteo Messina Denaro, “il picciotto prediletto di Riina”, guidando in prima persona un’inchiesta che sembrava destinata a finire nel nulla, una caccia serrata che è andata avanti per 30 anni senza sosta e senza mai un risultato importante, e che invece ha portato ieri all’arresto del boss più potente e più temuto del dopo-Riina.

Tutto questo è frutto di una indagine – ci raccontano alla Procura di Palermo – che Paolo Guido ha condotto nel massimo riserbo, senza mai farne parola con nessuno se non con il suoi diretti superiori, e che il magistrato calabrese ha gestito nei minimi dettagli dall’inizio fino alla fine con una perizia e una capacità investigativa al di sopra di ogni immaginazione possibile.

Dei suoi modi di investigazione e delle sue tattiche strategiche contro l’apparato criminale, che da sempre ruota attorno a Matteo Messina Denaro, ne parlano oggi anche i grandi giornali americani riconoscendo a questo “mastino italiano” metodo, caparbietà e superiorità tecnologica da primo della classe.

56 anni, magistrato dal 1995, Paolo Guido, è ufficialmente Procuratore Aggiunto a Palermo, nominato coordinatore della  Direzione distrettuale Antimafia (Dda) dal Procuratore Capo, Francesco Lo Voi, poco prima di lasciare Palermo per il suo nuovo incarico ai vertici della Procura di Roma.

Una scelta obbligata, necessaria, consapevole, perché nessuno meglio di Paolo Guido in Sicilia conosce la storia la vita e i grandi interessi economici del boss arrestato. Nessuno meglio di lui conosce la filosofia della dinastia mafiosa dei Denaro, avendo lui studiato ascoltato analizzato e riascoltato per anni centinaia e centinaia di ore di registrazioni e di intercettazioni ambientali di tutti coloro i quali, Matteo Messina Denaro latitante, continuavano invece a vivere a muoversi nell’agrigentino e nelle terre dove Matteo Messina Denaro era diventato ancora giovanissimo temuto e rispettassimo “Capo del mandamento”. 

Un’operazione, questa di ieri, che segna in maniera indelebile la storia della lotta alla mafia, forse un’operazione molto più eclatante di quella di Riina, perché mentre allora si disse che ci sarebbe stata alla base di quella cattura una soffiata ai vertici del Ros dei Carabinieri, questa volta alla cattura del boss si sarebbe invece arrivati per l’intuizione con cui Paolo Guido avrebbe seguito negli anni i movimenti del boss. Nessuna soffiata, insomma, nessuna confidenza, nessun pentito che abbia “venduto” l’ultimo vero “Padrino di Cosa Nostra”.

Per Paolo Guido è un giorno di festa “privata”, nessuna dichiarazione pubblica, nessuna conferenza stampa, nessuna intervista esclusiva, il silenzio istituzionale di sempre, o al massimo due frasi di circostanza per non dispiacere i cronisti. Poi ,la porta del suo ufficio rimaste sbarrata per tutto il giorno.

Una carriera, la sua, tutta vissuta all’insegna della sobrietà, anche quando nel 2017, il Consiglio Superiore della Magistratura lo nomina procuratore aggiunto di Palermo – pure avendo lui partecipato al bando di concorso per l’incarico semi-direttivo – incarico che il giovane magistrato calabrese ottiene grazie al voto di fiducia dell’assemblea plenaria.Una eccezione alla regola, ma giustificata dalle sue alte qualità professionali.

Un magistrato che non ha mai dimenticato le sue origini cosentine, ma che anzi torna puntualmente a Cosenza d’estate e nei giorni di vacanza più tradizionali per ritrovare famiglia amici ricordi e affetti antichi. Soprattutto, i suoi vecchi compagni di liceo, Liceo scientifico Enrico Fermi, dove lui da ragazzo matura l’idea di dover fare da grande il giudice.

Da Cosenza si sposta a Roma per fare giurisprudenza, e alla Sapienza si laurea con il massimo dei voti. Primo incarico alla Procura di Roma, poi viene mandato a Palermo, dove tra una indagine e l’altra sulle cosche di Cosa Nostra nella provincia di Trapani diventa il massimo analista di “Cosa Nostra”.

Padre di due ragazze, Paolo Guido si porta alle spalle una tragedia familiare tristissima, la morte della moglie in giovane età per un malore improvviso, dopo due giorni di febbre altissima, agosto del 2015, magistrato anche lei, Paola Carotenuto, giudice del tribunale dei minori, la sola e vera grande sconfitta della sua vita. 

Ad aprire il lungo carnet dei ringraziamenti istituzionali per il lavoro di Paolo Guido è stata ieri la Premier Giorgia Meloni: “All’indomani dell’anniversario dell’arresto di Totò Riina – ricorda Giorgia Meloni – un altro capo della criminalità organizzata viene assicurato alla giustizia. I miei più vivi ringraziamenti, assieme a quelli di tutto il governo, vanno alle forze di polizia, e in particolare al Ros dei Carabinieri, alla Procura nazionale antimafia e alla Procura di Palermo per la cattura dell’esponente più significativo della criminalità mafiosa”.  Ma non è tutto.

«Il governo – dice ancora Meloni – assicura che la lotta alla criminalità mafiosa proseguirà senza tregua, come dimostra il fatto che il primo provvedimento di questo esecutivo – la difesa del carcere ostativo – ha riguardato proprio questa materia».

Segue poi la dichiarazione del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: «Complimenti  alla Procura della Repubblica di Palermo e all’Arma dei Carabinieri che hanno assicurato alla giustizia un pericolosissimo latitante. Una giornata straordinaria per lo Stato e per tutti coloro che da sempre combattono contro le mafie». 

Quanto basta, insomma, per dare finalmente un senso reale alla vita blindata e ai mille sacrifici di questo ex ragazzo di Acri, paesino della provincia di Cosenza, dove vive ancora un pezzo della sua famiglia, e dove lui da bambino già sognava di poter un giorno diventare un “uomo al servizio del suo paese”. 

Per chi avesse voglia, o anche la semplice curiosità di capire di che pasta è fatto il nostro “eroe”, allora vi suggerisco di andarvi a cercare in rete Quarto incontro dei Dialoghi della Magistratura con la società”, una vera e propria lectio magistralis sulla Deontologia dei magistrati e degli avvocati e che Radio Radicale ha cristallizzato sulla sua home page subito dopo il convegno  registrato a Caltanissetta giovedì 14 aprile 2016 alle 16.47. 

Qui di seguito il link di quell’evento, che rimase profondamente segnato da una delle frasi di Paolo Guido in tema di onestà  professionale: I diritti non sono merce. Che dirvi di più? Complimenti Procuratore. (pn)