UN DOSSIER DI 121 PAGINE, CON IDEE E PROGETTI PER SEI MACROAREE, MA NESSUN RIFERIMENTO AL MEZZOGIORNO;
Vittorio Colao

Il calabro-londinese Colao si dimentica del Sud
Lascia perplessi il Piano Rilancio post-covid-19

di SANTO STRATI – Potevano stupirci con effetti speciali, ma hanno stilato solo un bell’elenco di buoni suggerimenti che qualsiasi buon imprenditore sarebbe in grado di proporre, se poi non deve presentare il conto delle risorse necessarie. Dal supermanager Vittorio Colao, di origini calabresi, ormai di residenza fissa a Londra, ci si poteva indubbiamente aspettare di più, vuoi per la competenza e la capacità di management, vuoi per la lunga esperienza anche in Italia, ma niente: sei belle dichiarazioni di intenti legate ad altrettanti punti “chiave” del progetto Rilancio Italia post-covid.

Prima di tutto, il buon Colao – di cui, sia ben chiaro conosciamo e apprezziamo le capacità – s’è dimenticato del Mezzogiorno e, ovviamente, della Calabria. E nessuno potrà obiettare “che ci azzecca?” perché l’opportunità che questo maledetto mostro virale che ha seminato e continua a seminare morte e disperazione in tutto il mondo è davvero unica. Proprio quando la crisi si fa più acuta – lo sa qualunque imprenditore – si deve e si può investire. E il Mezzogiorno, la Calabria con la sua fame di infrastrutture, rappresentano un vero volano di crescita e di investimenti. Mamma Europa ci mette a disposizione un fracco di soldi e, secondo copione, chi ci governa non è capace di cogliere l’occasione e spendere.

Spendere. Spendere. Spendere: è una parola meravigliosa quando ci sono le risorse e le condizioni per farlo. Ma l’Italia anziché studiare e, soprattutto, attuare un programma di investimenti e di progettualità avanzata che faccia ripartire l’economia, continua a giocare coi buoni propositi: parole al vento, idee buone neanche ascoltate, proposte operative lasciate a ingiallire nei cassetti o a invecchiare nei computer. Ebbene, un’indicazione di come orientare il percorso del rilancio, inglobando le necessità del Sud e la sua eterna voglia di riscatto, ci doveva anche stare. Non è nemmeno una lista della spesa: sei punti che prendono in esame diversi aspetti dell’economia. E ci son voluti due mesi per partorire questa ridicola sequela di “suggerimenti”?

Si parla di lavoro e impresa, come “motore dell’economia”, di infrastrutture e ambiente, di turismo e cultura. Ma in modo assolutamente generico come se una slide di Power Point automaticamente possa poi trasformarsi in progetto e soprattutto in piani operativi per la sua realizzazione. E dire che ci sono tutti i temi che riguardano il Mezzogiorno, e in Calabria: tra turismo e cultura ne avremmo di argomenti, però è una bella esposizione di macro-economia con occhio attento (?) all’inclusione e alla coesione sociale. Si parla di rientro di capitali. Di sanatoria per l’emersione del lavoro nero, di regolarizzazione dei lavoratori “invisibili”. Altro pane saporito per madama burocrazia cui non si offre occasione di annoiarsi.

Il progetto presentato da Colao, che ha ringraziato per l’opportunità ricevuta di poter fare qualcosa (gratuitamente, sia chiaro) per il proprio Paese è mirabolante nelle enunciazioni, neanche avesse preso esempio da Conte e, perciò, può prospettare un piano quinquennale per il turismo “irrinunciabiile strumento operativo per tutti gli attori della filiera” specificando – come se non lo si sapesse già – che l’Italia è al primo posto come meta agognata per le vacanze. Peccato che poi sia solo quinta per gli arrivi internazionali, che – sia chiaro – si fermano alle città d’arte e trascurano le mille altre opportunità che il territorio (soprattutto al Sud) potrebbe offrire. Ma una domanda sorge spontanea: come si fa a parlare di agevolazioni e defiscalità per questa e la prossima stagione turistica, quando servono denari freschi che l’Europa mette a disposizione e il Governo non usa? Quando due terzi degli operatori non sanno ancora nemmeno se e come possono riaprire gli stabilimenti balneari al turismo (le attuali indicazioni vanno bene giusto per i vacanzieri locali), quando nessuno sa quante prenotazioni cancellate si potranno recuperare e quanti lavoratori stagionali saranno costretti a restare a casa? Come si fa un piano di rilancio se non si “fotografa” la situazione presente e si individuano processi di intervento che siano efficaci e durevoli?

Non vogliamo denigrare il lavoro della task force nominata dal premier Conte il 12 aprile: partita con 17 membri, tra cui il capo Vittorio Colao, con provenienza, competenze e capacità di vario genere, chiamati a riavviare l’economia, cogliendo le opportunità della crisi per trasformare il Paese. Un gruppo di quattro donne e 13 uomini (poi integrati da altre cinque donne) in quello che qualcuno – dotato di invidiabile ottimismo – aveva tentato di ribattezzare dream team, con competenze a 360 gradi: top manager, economisti, sociologi, una psicologa, uno psichiatra, un fisico specialista in innovazione tecnologica, un esperto di lavoro, un avvocato, un commercialista, un esperto di disabilità. Cosa ci dà questa task force di esperti? Doveva fornire “proposte” da superconsulenti, ma non sembrano nemmeno “consigli per gli acquisti”, anche se sono 121 pagine di dossier dove si indicano un centinaio di progetti per una ventina di obiettivi (che non includono il Sud). Tante belle indicazioni generiche su come affrontare la crisi. Del tipo “se piove, prendete l’ombrello”. Ciononostante, bisogna essere grati a Colao che ha detto pubblicamente che ora può tornare ai “suoi orticelli” per il suo Piano Rilancio perché ci consente di capire che la situazione, dal punto di vista della nostra economia, non è seria, ma, drammaticamente, molto seria e non abbiamo, di fatto, gente con gli attributi per affrontare la crisi e trasformare i problemi in opportunità.

La Calabria tragga, perciò, le dovute considerazioni e non abbia timore di battere i pugni dove necessario, per richiamare l’attenzione. Ci fregheranno sulla quota promessa e garantita della riserva del 34% per gli investimenti nel Mezzogiorno, come ci fregheranno sulle infrastrutture indispensabili, con la scusa del Paese a due velocità, con la differenza che i ruoli appaiono, incredibilmente, invertiti. La ricca e opulenta Lombardia faticherà più del Sud a riprendersi e avrà bisogno di maggiori risorse. Il Sud niente o poco aveva, può continuare a campare d’aria (come dice impareggiabilmente Otello Profazio in una ballata da far ascoltare al Governo) e coltivare speranze. Ci sono però, in Calabria, imprenditori, uomini, patrimonio umano che si è rimboccato le maniche e, con o senza aiuti, accetta la sfida. Ci sono le eccellenze delle nostre università e la capacità dei nostri giovani scienziati e informatici. La ripartenza possibile chiede solto di non trovare, là dove gli aiuti latitano, ulteriori complicazioni che impediscano di “fare”. Presidente Santelli, ha presentato il suo come il Governo del “fare”. I calabresi, soprattutto quelli che non l’hanno votata,  aspettano – e chiedono – un’ampia dimostrazione di capacità e concretezza. (s)