COSA POSSONO DARE I CALABRESI LONTANI
E COSA DEVE FARE LA REGIONE PER LORO

di SANTO STRATI – Esistono tante Calabrie. Quella fisico-geografica che dal Pollino si tuffa nello Stretto, tra Jonio e Tirreno, e le altre che vivono nel cuore di oltre sei milioni di calabresi che stanno lontano dalla propria terra. Quelli che hanno dovuto (a volte voluto) andar via e che conservano un ricordo forse sbiadito seppure carico di odori, sapori, immagini, di memoria di persone o cose. Quelli che, in gran parte, non sono più tornati, epperò mantengono una grande malinconia a volte velata dalla tristezza di una fine consapevolmente vicina senza aver ribaciato almeno una volta la terra che ha dato loro i natali. È quel sentimento che il poeta Corrado Calabrò ha definito calabresità, che chiunque sia nato in questa regione si porta dentro, nel proprio dna, e, incredibilmente, riesce a trasmettere alle generazioni successive: ci sono le seconde, terze, quarte generazioni di calabresi sparse in ogni parte del mondo che, pur senza conoscere la terra dei loro padri, la sentono propria, l’avvertono come una meravigliosa proprietà – impalpabile – che li fa sognare e li fa palpitare. Sono i calabresi nel mondo, una comunità grande quanto Roma e Milano messe insieme, che spesso non parlano italiano (ma il dialetto sì) e si sentono partecipi di quell’orgoglio unico di tale appartenenza. Soffrono quando leggono o ascoltano in tv le tragedie che, puntualmente, colpiscono la Calabria, inorridiscono davanti alle spietate cronache di morti ammazzati di mafia,, o di processi interminabili contro il malaffare – perché la stampa nazionale e straniera quando parla di noi si nutre solo di cattive notizie – e, a volte, gioiscono nel vedere qualche immagine della Calabria “bella” (non basterebbero migliaia di pagine, volendo mostrare quanti tesori inesplorati e sconosciuti sono lì, trascurati o, peggio, ignorati) che appare sul New York Times (ha messo la Calabria tra le mete di sogno dei turisti, qualche anno fa) o sulle tv planetarie di Murdoch. E piangono lacrime d’orgoglio quando scoprono che uno di loro – un calabrese – raggiunge vette importanti, si fa onore nella società, nella scienza, nelle istituzioni, dando lustro a una terra che dev’essere solo riscoperta, non inventata. Perché ha migliaia di anni di storia alle spalle, è al centro della culla della civiltà, e – per inciso – ha dato persino il nome alla grande Italia.

Quest’oceano di uomini, donne, anziani, adolescenti, giovani, di cui sappiamo poco e che, per contro, non sa molto della terra dei propri avi, è una risorsa inestimabile per la regione: è un’occasione straordinaria per utilizzare dei testimonial sinceramente autentici a marcare la differenza che tutti gli italiani ci invidiano. I calabresi fanno comunità, è un insieme coeso e inossidabile di persone che la diaspora ha portato lontano, anche nei posti più sperduti della terra. Eppure, quando s’incontrano – anche da perfetti sconosciuti – scatta un senso di fratellanza che è unico e inimitabile: figli di una madre matrigna che li ha fatti andar via se non allontanati, ma è madre di sangue, di passione, di dolore, di cui non ci si può dimenticare. Il grembo di questa terra è stato sempre gravido di gente destinata ad andar via: la storia dell’emigrazione di inizio secolo ha tanta narrazione calabrese. Prima partivano i braccianti, i contadini, gli artigiani, la valigia di cartone, alla bell’e meglio legata con lo spago, le lacrime negli occhi e la speranza – quella fortissima – di poter tornare, facendo crescere e studiare i figli, con il sacrificio della lontananza e delle rinunce; oggi continuano ad andar via, ma sono i figli di quelli che i nostri emigrati hanno mandato a scuola: col trolley, abbandonano affetti, amori, amicizie, abitudini, e vanno dove c’è qualcuno in grado di apprezzare le loro capacità e le loro competenze. Sono i giovani cervelli in fuga che non è più la madre matrigna che manda via, ma la stupidità e l’ottusità dei governanti che hanno distrutto e continuano a martoriare questa terra: abbiamo tre università che sfiorano l’eccellenza e sfornano fior di laureati e ricercatori, ma per loro non ci sono opportunità né di lavoro, né di crescita, né di formazione. Nè tantomeno prospettive di vita, col sogno di una famiglia, nella terra dei padri, dove l’aria è buona, non si dorme in soffitte spesso putride, e si mangia da mamma o da nonna in attesa di mettere su casa. Vanno tutti a lavorare all’estero o nelle metropoli italiane dove fanno ricche le multinazionali che ne intuiscono il valore e lo sfruttano rapacemente, visto che chi li ha formati non sa utilizzare questi giovani capaci. Destinati a far ricche le regioni già ricche sera alcuna possibilità di offrire alla propria terra competenza e capacità. E questa è la storia più triste della diaspora calabrese: abbiamo rubato il futuro ai nostri ragazzi e continuiamo a sottrarlo alle future generazioni: la Calabria deve cambiare registro, deve puntare sulle sue risorse, quel patrimonio umano che è straordinario e che può (deve?) rientrare. Per crearsi una vita migliore, speranze di futuro e vedere sviluppare la propria terra dove far crescere i propri figli.

Ebbene, la Regione (intesa come ente) fino ad oggi ha trascurato in maniera colpevole i suoi figli lontani, salvo a destinare qualche spicciolo alle tante associazioni di calabresi nel mondo – mille, qualche volta duemila euro – per contribuire alla solita festa di tarantella e salsiccia. Ma non è questo che serve, non è questo che crea coesione: non cercano – i nostri fratelli che vivono lontano – un tiepido segnale di presenza: vogliono partecipare, esser partecipi di una rinascita possibile, vogliono contribuire alla crescita che non è più un miraggio, e – ove ci siano le condizioni – vogliono ritornare.

Con la nascita della Consulta dell’emigrazione (voluta da una legge regionale) sembrava ci fossero i presupposti per cogliere la grande opportunità offerta dai calabresi nel mondo. Non se n’è fatto nulla, al di là di un po’ di viaggi (a carico della comunità regionale) promo-istituzionali su cui preferiamo stendere un velo pietoso. La compianta Jole Santelli, appena nominata presidente, aveva capito – una volta chiarito l’equivoco della Fondazione su cui c’è un processo penale in corso e che nulla ha a che vedere con la Consulta – che i calabresi nel mondo erano una risorsa in utilizzata, una miniera di opportunità per la regione. La sua fine prematura ha interrotto il sogno di coinvolgere come testimonial i calabresi nel mondo e creare un grande intelligente interscambio tra la Calabria e il resto del pianeta: opportunità di commerci, con incremento dell’export delle nostre eccellenze agro-alimentari – e attrazione di capitali di ricchi calabresi (ce ne sono tantissimi ad aver fatto fortuna all’estero) intenzionati a investire in Calabria.

La presidente Jole aveva intuito che la Consulta dell’Emigrazione non poteva essere più un club di pochi privilegiati con rimborso spese dei viaggi per incontrarsi qualche volta in Regione e scambiarsi modesti pareri e curiosità, bensì si dovevano mettere insieme, in rappresentanza di tutte le comunità di calabresi presenti in ogni parte del mondo, degli autentici innamorati della propria terra, disposti a lavorare gratis, per costruire un modello funzionale di continuità territoriale. Aprire gli atenei calabresi ai ragazzi, figli di emigrati, disposti a trasferirsi (e probabilmente a restare anche dopo la laurea), offrire agevolazioni per l’acquisto di terre e di aree da destinare a iniziative industriali, attrarre investimenti, facilitare il cosiddetto turismo di ritorno. Solo quest’ultimo, si consideri, porterebbe ogni anno centinaia di migliaia di turisti (aggiuntivi al turismo tradizionale) desiderosi di conoscere le terre dei padri: un indotto produttivo senza eguali per la popolazione e gli addetti al turismo. Per mandare avanti questi progettii non serve inventare nulla, basta far lavorare i consultori.

Poco prima di morire, la presidente Jole aveva espresso al direttore generale della Giunta Tommaso Calabrò il desiderio di rinnovare, con questi obiettivi, l’organismo dei consultori. Calabrò ha profuso energie e risorse ed è riuscito a individuare in pochissimo tempo i nuovi componenti della Consulta dell’Emigrazione (che, ripetiamo lavorano gratis): bene la Giunta regionale ha atteso quasi sei mesi per dare il via all’ufficialità, pur nella precarietà del Governo, ma non ha saputo cogliere il senso del progetto della Santelli. La burocrazia regionale ha vinto ancora una volta aiutata anche dalla malavoglia di qualcuno di rendere operativo un organismo di grande responsabilità, cui assegnare impegni su cultura, turismo, internazionalizzazione, emigrazione di ritorno.

I consultori nominati alcuni mesi fa non sono stati messi in condizione di lavorare – probabilmente con il pretesto del governo regionale in prorogatio – ma hanno comunque espresso entusiasmo e molte idee, con tanta voglia di mettersi a disposizione dei calabresi e della Calabria: il nuovo Governo regionale, qualunque esso sarà, non trascuri la magnifica opportunità di mettere a profitto un organismo della regione in grado di produrre ricchezza, oltre a mantenere vive le tradizioni, nel solco della cultura di cui la Calabria è ricca (e sfortunatamente grande esportatrice passiva). Contiamoci, costruiamo, attraverso le aree territoriali dei consultori, un’ampia rete di contatti che produca benessere e salvaguardi la nostra storia. Di calabresi, orgogliosi delle proprie origini. (s)

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OGGI UN INCONTRO INFORMALE A FALERNA

Stasera, a Falerna c’è una riunione informale dei consultori attualmente in Calabria (molti ritornati per le vacanze).«L’incontro – ha dichiarato a Calabria.Live il coordinatore e vicepresidente della Consulta Salvatore Tolomeo – più che una rimpatriata dei presenti in Calabria in collegamento con tutti gli altri assenti rimasti all’estero, si pone l’obiettivo di una opportunità di discussione sul ruolo rivestito su nomina della Regione Calabria.
I Consultori, ovunque presenti, hanno espresso entusiasmo, capacità professionali e sopratutto grande voglia di contribuire allo sviluppo socio-economico della Calabria con la realizzazione di programmi e progetti che si potrebbero realizzare insieme alla Regione Calabria con importanti ritorni per l’economia calabrese.
Per concretizzare ciò è però indispensabile un tavolo permanente di confronto per passare dalle idee alle fasi operative, una collaborazione continua e, non secondari, i tempi di realizzazione. Ovviamente occorre fornire gli strumenti normativi idonei come il Bilancio ora inesistente, il coinvolgimento nelle iniziative regionali fuori della Calabria, una struttura adeguata  con competenze per pianificare e realizzare i progetti.
È un auspicio che la prossima Presidenza dovrebbe recepire per il bene comune Calabria». (rcz)

 

 

 

CALABRIA NEL MONDO, AL VIA LA CONSULTA
PAROLE CHIAVE: INNOVAZIONE E IMPEGNO

di SANTO STRATI – Si è finalmente insediata in Regione la nuova Consulta dei Calabresi nel Mondo. Era dallo scorso ottobre, poco prima della drammatica scomparsa della Presidente Santelli, che la Consulta dei Calabresi nel Mondo, un organo regionale previsto dalla legge 8 del 2018, attendeva di vedere la sua nuova composizione e il successivo insediamento con l’elezione del Comitato Direttivo (cambia ogni nuova consiliatura). La compianta presidente Jole aveva programmato tutto per la fine di ottobre, ma non è riuscita, purtroppo, nell’intento. A fine gennaio, il presidente facente funzioni Nino Spirlì aveva firmato il decreto di costituzione con la nomina dei 41 consultori, ma inspiegabilmente, per la convocazione e l’insediamento sono passati altri tre mesi. Adesso è praticamente operativa e, tra qualche settimana, dopo il 25 aprile, i consultori, riuniti ieri all’ora di pranzo in sessione telematica, col presidente ff Nino Spirlì, il direttore generale della Presidenza Tommaso Calabrò e la dirigente dell’Ufficio Emigrazione Gina Aquino, dovranno eleggere il Comitato direttivo, l’organo esecutivo della Consulta.

Negli anni passati, la Consulta dei Calabresi era apparsa ai più un club – eccentrico – per favorire viaggi e incontri per i designati, ma operativamente poco utile ai calabresi residenti all’estero. La riforma del 2018, voluta dal Presidente Oliverio, ha mutato le cose. La Fondazione “Calabresi nel Mondo” è stata sciolta (e i suoi dirigenti hanno qualche problema giudiziario a proprio carico) e alla Consulta è stato assegnato con la nuova legge istitutiva un compito sì di rappresentanza, ma anche esecutivo: i calabresi nel mondo sono i migliori testimonial della propria terra e i consultori selezionati dal Presidente della Regione (operano a titolo gratuito) si prendono in carico la responsabilità di promuovere, stimolare e seguire iniziative bidirezionali. Da un lato le aziende di calabresi nel mondo che vogliono investire in Calabria (e ce ne sono anche di prestigiose e importanti che possono creare nuove imprese sul territorio) e dall’altro le aziende calabresi che devono superare il nanismo d’impresa e guardare con ottimismo alle possibilità di export nel mondo, soprattuto dove sono presenti comunità di calabresi. Il segmento più importante è, ovviamente, quello agro-alimentare ed eno-gastronomico. Grazie anche al successo sempre più crescente della dieta mediterranea, la nostra cucina, le nostre tipicità stanno registrando un largo consenso in ogni parte del mondo. Ma le imprese calabresi sono spesso troppo piccole per organizzare l’export: serve a questo il settore internazionalizzazione della Regione (cui fa riferimento anche la Consulta) per raggruppare sotto forma di consorzi o di cooperative i piccoli produttori e consentire l’export in quantità industriali, in grado di sostenere l’eventuale domanda della grande distribuzione organizzata all’estero. Si pensi soltanto ai mercati dell’Australia, del Canada, degli Stati Uniti che per i nostri prodotti eno-gastronomici (lattiero-caseari, salumi e insaccati, frutta lavorata, conserve, olio, vino, etc) potrebbero costituire uno sbocco formidabile. Ma non è così facile come sembra: salumi e formaggi calabresi ancora non sono ammessi, per esempio, in Australia. A questo dovranno provvedere i consultori locali, ovvero creare le giuste relazioni per promuovere e instaurare rapporti commerciali con la Calabria, aiutando a superare – essendo in loco – i problemi burocratici e di autorizzazione dell’importazione dalla Calabria.

Enrico Mazzone, Salvatore Tolomeo e Vince Daniele
I consultori Enrico Mazzone (Canada), Salvatore Tolomeo (Italia) e Vince Daniele (Australia)

La Consulta avrà dunque non un ruolo rappresentativo, ma soprattutto esecutivo: dovrà essere il propulsore di iniziative e attività non solo commerciali, ma anche e soprattutto culturali: di salvaguardia della lingua e del dialetto, della cultura e delle tradizioni popolari, dovrà coltivare il senso di appartenenza anche nelle seconde, terze, quarte generazioni, promuovendo anche il cosiddetto Turismo delle Radici. Quest’ultima iniziativa potrebbe rivelarsi – a pandemia finita – una straordinaria risorsa per la destagionalizzazione del turismo, con l’arrivo di centinaia di migliaia di calabresi che verrebbero – ove stimolati da incentivazioni intelligenti e facilities locali – a visitare la terra che ha visto nascere i propri avi. Senza contare alle possibilità di formazione e studio per i nostri giovani calabresi che vivono all’estero e potrebbero venire a studiare nei nostri tre Atenei. C’è, insomma, un’enormità di lavoro che attende i consultori della Calabria e il nuovo Comitato direttivo (presieduto dal Presidente della Regione) avrà nove componenti di tutto il mondo coordinati da un vicepresidente augurabilmente italiano e possibilmente vicino – in tutti i sensi – a Germaneto.

Il Direttore Generale Tommaso Calabrò, che aveva avuto dalla Santelli l’incarico di riorganizzare la “nuova” Consulta e ha lavorato molto, con impegno e passione, in questi mesi perché si realizzasse il sogno della Presidente, è ottimista e fiducioso sul grande lavoro che ciascun consultore riuscirà a portare a termine. Soddisfatto anche Salvatore Tolomeo, presidente della Federazione dei Circoli Calabresi Italiani, da molti indicato come ideale vicepresidente in grado di guidare l’organo regionale, sia per la sua lunga esperienza in Consulta e la conoscenza delle cose regionali, sia per la reale “vicinanza” alla Cittadella: pur vivendo a Milano, Tolomeo è molto spesso a Catanzaro sua città natale. Dovrebbe, senza difficoltà, raccogliere il consenso degli altri 40 consultori che saranno chiamati a votare il Direttivo nelle prossime settimane. Tale scelta appare, senza dubbio, la più idonea per mettere in moto un organismo che, in fieri, mostra un orizzonte larghissimo: dello sconfinato amore per la sua terra Tolomeo non ha mai fatto mistero e nei suoi progetti c’è l’obiettivo di promuovere e condividere con tutti i consultori idee e progetti in grado di dare una spinta innovativa alla Calabria, nel segno di una calabresità che, oggi più che mai, è diventata motivo di grande orgoglio per quanti vivono lontano. Lo stesso amore che ha spinto – visto che non ci sono nemmeno rimborsi spese per i consultori – tanti calabresi – donne e uomini di ogni parte del mondo, innamorati della propria terra – a offrire la propria disponibilità per l’impegno in Consulta, che non sarà sicuramente lieve, visti gli obiettivi da raggiungere.

Soddisfatto, naturalmente, anche il presidente pro-tempore Nino Spirlì: «Abbiamo bisogno del vostro aiuto e del vostro sostegno – ha detto in streaming ai consultori collegati da tutto il mondo –. Seguiteci sempre e aiutateci con i vostri pareri, le vostre proposte. Questa terra è un grande terreno fertile che aspetta anche il ritorno di chi è partito. Qui si può lavorare e investire, si può ricominciare. Quello che c’è di male nella nostra terra, c’è ovunque; e se si combatte ovunque, si può combattere anche qui. Per me è molto importante continuare a portare avanti la volontà di Jole Santelli. La prima presidente donna di questa regione – ha ricordato Spirlì – desiderava riunire i calabresi che rendono grande la nostra regione nel mondo attraverso le nuove rappresentanze, per far sì che non si disperda mai la calabresità, la conoscenza di ciò che è Calabria. Siamo greci, ebrei, arbëreshë, occitani, latini, italici, bruzi, saraceni, mori, normanni, francesi, spagnoli, goti. Il nostro è il sangue del mondo. Ecco perché chi viene qui trova un po’ di se stesso».

Spirlì, anticipando un progetto di turismo religioso che toccherà 12 località, ha invitato i calabresi che vivono fuori della regione a realizzare nuovi format per raccontare le loro esperienze all’estero: «Potreste essere voi – ha detto ai consultori – a spiegare chi erano i primi calabresi arrivati nei vari Paesi e cosa hanno fatto per farsi conoscere. Anche questo tipo di iniziative potranno essere il nostro biglietto da visita nel mondo». (s)

A CHICAGO IL MUSEO DELL’EMIGRAZIONE
UNA GRANDE TESTIMONIANZA CALABRESE

di PINO NANO – Spetterà probabilmente al Console Generale d’Italia a Chicago tenere a battesimo, nei prossimi mesi, il Grande Museo degli Italiani d’America che sta per nascere nel cuore di “Casa Italia” ai margini della City, per una iniziativa che è tutta calabrese.

L’idea del Museo è infatti nata e cresciuta tra i calabresi che vivono a Chicago, e che da quasi 30 anni organizzano a Sthon Park la Grande Festa di San Francesco di Paola. Tra gli organizzatori materiali del Museo ci sono Joe Bruno, per lunghi anni consulente privilegiato dell’Emigrazione per la Regione Calabria e personaggio carismatico della Little Italy di questo Stato, insieme alla meravigliosa dinastia dei Turano, sono i “re del pane” dell’Illinois, il cui capostipite Renato Turano, già Presidente della Camera di Commercio d’Italia a Chicago, è stato per lunghi anni anche Senatore della Repubblica Italiana in rappresentanza dei nostri emigrati in USA.

Il Museo – anticipa Joe Bruno – ospiterà all’inizio le fotografie di almeno 500 italiani che qui in Illinois hanno contribuito con il proprio lavoro e i propri sacrifici a rafforzare l’economia americana di questi ultimi 60 anni in America, e che oggi sono ancora qui tra di noi, con le proprie famiglie e le loro imprese-modello. Dopo quello di Ellis Island a New York, dunque, nasce oggi in USA un nuovo Museo dell’Emigrazione Italiana, e questa volta non per raccontare – come a Ellis Island- il dolore e la solitudine di mille traversate atlantiche diverse, e le tragedie private e personali di chi aveva scelto i porti di Alifax o di New York per tentare l’avventura americana, ma per raccontare invece il grande “sogno americano”, che per molti di loro è poi diventato realtà.

Insomma, un Museo – spiega Joe Bruno – che possa conservare per sempre testimonianze volti e racconti del meglio del Made in Italy in Nord America.

C’è un vecchio poeta che i calabresi d’America ricordano e che hanno imparato ad amare più di quanto in Italia non si ami Quasimodo o Ungaretti. Il suo nome è entrato ormai nella leggenda, e non soltanto qui a Chicago o a New York. Si chiamava Ciccio Errigo.

Prima di emigrare, Ciccio Errigo era uno dei protagonisti principali delle tradizionali feste patronali di Reggio Calabria, e forse proprio per questo la città dello Stretto non lo ha mai dimenticato.

Ciccio Errigo era l’animatore-principe dei famosi carri allegorici della festa patronale di Reggio, ma era anche, soprattutto, il poeta della miseria e della solitudine di chi era partito. Qui, in America, la gente lo ricorda proprio per questa sua grande capacità di saper raccontare il dramma dell’emigrazione. Nessuno meglio di lui aveva saputo cogliere e, quindi cantare in versi, la tragedia di chi partiva in cerca di un futuro diverso.

Una delle sue liriche più conosciute, che ancora oggi circola qui in America tra i ragazzi che frequentano le scuole di lingua italiana, parla di un giovane disperato che lascia la Calabria, sognando di poter trovare oltre oceano la vera ricchezza.

“Addio Calabria mia, addio terra che non mi desti pane, dove lavorai come un cane e non mi desti mai un soldo di bene; addio. Addio terra dove la gente soffre sta zitta e non si lamenta, addio mia sposa, addio Papà e Mamma, vado in America per ritornare presto”.

Ma per primo lui, il vecchio Ciccio Errigo, sapeva perfettamente bene che il suo “ragazzo” non sarebbe mai più ritornato a casa.

“Mi porto nel cuore questo destino amaro, addio amici, addio mia bella età, vado in America”.

E una volta arrivato nella baia di New York, vedendo scivolare a ridosso della fiancata della sua nave la Statua della Libertà, il ragazzo di Ciccio Errigo saluta la sua nuova patria.

“Saluti ‘Merica!… Ti portu la mé vita, li brazza e la frunti sudata! E tu mi scusi si non vestu di sita e si ti porgiu ‘sta manu ‘incallita!…”.

Che vuol dire: “Salve America, ti porto la mia vita, le mie braccia e la fronte piena di sudore. Ti prego di scusarmi se non vesto di seta e si ti porgo questa mano piena di calli”.

Non a caso, al centro di questo nuovo Museo dell’Emigrazione Italiana a Chicago ci saranno dei pannelli luminosi su cui sarà possibile rileggere alcuni dei brani più belli del poeta reggino.

Joe Bruno – storia la sua di un falegname calabrese di Marano Marchesato che qui a Chicago ha fatto davvero tanta strada e tanta fortuna – non si smentisce mai, e ancora una volta, aiutato dai fratelli Turano, soprattutto Tony Turano, ha deciso di lasciare nel cuore della city un segno indelebile del passaggio degli italiani da queste parti.

Per la comunità calabrese è un fiore all’occhiello in tutti i sensi.

Per la comunità italiana è un “regalo speciale” che i calabresi d’America hanno deciso di lasciare al popolo americano.  (pn)

A Rosario (Argentina) La Festa della Collettività e Incontro delle Comunità

A causa della pandemia, il Comune di Rosario, una delle più popolose città dell’Argentina, dove sono presenti moltissimi calabresi, sta promuovendo un’edizione speciale della 36ma edizione del Festival Nazionale e Incontro delle Collettività. L’edizione 2020 sarà in versione gastronomica e virtuale e vedrà la partecipazione di 48 comunità straniere di cui 34 parteciperanno offrendo i migliori prodotti di eno-gastronomia del mondo, senza trascurare anche gli aspetti culturali dei loro rispettivi paesi e regioni. Fanno parte del ventaglio delle proposte anche l’ampia varietà di menù tradizionali e regionali.

Oltre alle proposte gastronomiche, come si è detto, sarà dato ampio risalto sui diversi aspetti culturali di ciascuna delle comunità: il tutto  sarà diffuso dai social network del festival. Ci sarà spazio per i rappresentanti delle varie comunità, che realizzeranno iniziative per mettere in evidenza la cultura e la tradizione delle diverse regioni, tra cui la Regione Calabria.

Da segnalare che, per la prima volta, il Comune distinguerà le 19 comunità, tra cui l’Associazione Calabrese del Rosario, che diede origine 36 anni fa all’incontro e che hanno dato vita a quella che è oggi la festa più popolare di Rosario e Argentina. Le proposte culinarie potrannoo essere scelte online sulla piattaforma Vidrieras en Red tra 80 piatti tipici prenotabili dalla scorsa settimana.

La 36.ma edizione – che sarà virtuale a causa delle attuali misure di isolamento e distanziamento – della Festa della Collettività e Incontro delle Comunità è stata presentata nella sala Carrasco del Palazzo dei Leoni, dal Sindaco Pablo Javkin, accompagnato dal Coordinatore Generale di Gabinetto, Rogelio Biazzi; il Segretario allo Sport e al Turismo, Adrián Ghiglione; il sottosegretario al Turismo, Alejandra Matheus, e la presidente dell’Associazione delle Comunità, Lydia Del Grosso. Questa edizione del Festival Nazionale e Incontro delle Comunità, si svolgerà nei fine settimana dal 6 all’8 e dal 13 al 15 novembre.

Nel quadro del difficile contesto prevalente, il Comune di Rosario sta promuovendo una speciale edizione gastronomica virtuale, alla quale parteciperanno 34 comunità straniere della città che offrono la migliore gastronomia del mondo, su un totale di 47 che aderiscono all’iniziativa divulgando aspetti culturali dei loro paesi e regioni.

Alla grande festa dei collettivi partecipa anche l’Associazione Calabrese del Rosario, che propone un importante menù gastronomico e il suo contributo culturale rivendicando la diffusione delle tradizioni calabresi. (Marcela Murgia)

https://ver.rosario.gob.ar/partners/familia-calabresa/