L’OPINIONE / Rubens Curia: il diritto alla salute nelle aree interne

di RUBENS CURIA – La riforma del Servizio Sanitario Nazionale prefigurata dalla legge 833/ 1978 cambiò completamente il principio della tutela della salute perchè previde che fossero tutelati i cittadini e non più i lavoratori come fino allora era stabilito aumentando notevolmente la platea degli assistiti.

La 833/78 e le successive norme avevano previsto che l’organizzazione della sanità fosse un sistema complesso interdipendente a rete dove s’intrecciavano la Medicina Territoriale, l’Emergenza/Urgenza, la Prevenzione e la Medicina Ospedaliera in un perfetto mosaico.
In Calabria, nei decenni passati, si creò una forte offerta ospedaliera che  garantiva una anomala medicina di prossimità che non è riuscita, nel tempo, a dare risposte ai mutamenti dei bisogni di salute creati dal benessere che ha prodotto un incremento dell’aspettativa di vita,  famiglie mononucleari ed la cronicità che pesa per il 70% sul Fondo Sanitario Regionale. Il mantenimento ad oltranza di questo sistema nella nostra regione con costi insostenibili dovuti a nuovi farmaci, a nuove tecnologie diagnostiche ha sacrificato colpevolmente le nuove sensibilità culturali garantite da leggi che davano risposte importanti ai  movimenti femminili ( 194/78), ad una nuova visione della prevenzione e cura della salute mentale ( 180/78), alla medicina d’iniziativa ( legge 189/12 che riportava al centro del villaggio il medico di medicina generale, il pediatra di libera scelta, lo specialista ambulatoriale interno, l’infermiere di famiglia) creando un servizio sanitario statico, con alcune ridotte di autoreferenzialità, inadempiente ai LEA.
Con il ” Piano di rientro dal debito” del dicembre 2009 imposto alla Calabria e la successiva chiusura di 18 presidi ospedalieri,  senza la contestuale trasformazione in Strutture Sanitarie Territoriali Intermedie come le Case della salute, il S.S.R. è rotolato verso il precipizio travolgendo cittadini ed operatori sanitari producendo la desertificazione della sanità territoriale e una forte carenza del personale sanitario    dovuta, anche,  ad una insensata politica del blocco delle assunzioni negli Ospedali, nei Dipartimenti di prevenzione e nell’ Emergenza/Urgenza resi più gravi dalla politica nazionale del numero chiuso nelle scuole di specializzazione di medicina.
In questo contesto le popolazioni delle “Aree Interne” della Calabria dall’Area Grecanica al Pollino, che stanno pagando il prezzo più alto per la mancata attuazione dei LEA, si sono organizzate, in alcuni Comuni, in Associazioni che  non solo con giuste proteste, ma con concrete proposte hanno chiesto il diritto alla tutela della salute a cui bisogna dare risposte. Gli strumenti normativi ci sono sviluppando i progetti finanziati dalla SNAI e dagli Obiettivi di Piano come i “Percorsi Diagnostici Terapeutici per i pazienti con multicronicità”  le “Tecnologie sanitarie come strumento d’integrazione Ospedale-Territorio”, “L’assistenza in modalità remota”, le “Equipe multidisciplinari mobili” ed altro.
In questi anni l’Associazione ” Donne e Diritti ” di San Giovanni in Fiore si è distinta per le molte iniziative per il  diritto alla salute chiedendo l’attivazione dello screening della mammella in loco e degli screening della cervice dell’utero e del colon-retto, la valorizzazione del Consultorio Familiare, l’istituzione della AFT h 12 con i mmg ed il pieno funzionamento dell’Ospedale di zona disagiata che sta soffrendo per una grave carenza di personale sanitario che momentaneamente potrebbe essere risolta con la presenza di medici cubani come ha richiesto nei giorni scorsi sui mass media la presidente dell’Associazione Stefania Fratto.
Come Comunità Competente facciamo un appello al Presidente Occhiuto perché, insieme ai management aziendale ed alle Istituzioni, si attivino quelle ” Reti Formali ed Informali” che possono “avvolgere” il paziente e la sua famiglia dando le opportune risposte ai bisogni di salute delle popolazioni delle Aree Interne. (rcu)