L’OPINIONE / Don Giacomo Panizza: Due domande sulla giustizia

di DON GIACOMO PANIZZA – Il mio pensiero è di esprimere due semplici domande sulla giustizia, provenienti da persone desiderose di vivere una “normale” cittadinanza.

Una giustizia per il diritto di avere doveri. La prima richiesta viene da persone in difficoltà le quali premono per ottenere risposte in base a leggi esistenti, che però vengono intralciate da più parti. Sono persone fragili che trovano difficoltà a fruire dei loro diritti essenziali, tra cui ottenere assistenza, educazione, formazione, trasporto, riabilitazione, socializzazione.

Penso a bambini e bambine con difficoltà di apprendimento, di lettura e di espressione, calcolati in Calabria in oltre 23 mila. Si tratta di diritti che sono mediati nella loro esecuzione. Dove Enti e Istituzioni non implementano modalità e procedure atte a soddisfare questi diritti… cosa fa la Giustizia in Calabria?

Penso alla sanità e all’assistenza sociale dove molti diritti sono mediati da interventi, professionisti, attrezzature, organizzazione e altro. Così le scuole di ogni ordine e grado. Penso alle dipendenze da varie droghe, all’azzardo scambiato per gioco ma compulsivo al punto da venirne coinvolti e sottomessi. Penso al disagio psichiatrico, specie a quando diventa ingestibile dalla persona stessa e dai familiari che si
scoprono con pochi aiuti pur avendone diritto sulla carta.

Penso a persone con disabilità o anziane non autosufficienti a vestirsi, lavarsi, passeggiare, e in solitudine crescente. Penso soprattutto ai diritti che la Regione Calabria non recepisce nelle sue leggi sociali, non finanzia e nemmeno prevede.

L’esperienza di chi si prende cura di simili situazioni segnala la necessità che la giustizia in generale operi al meglio per la fruizione di questi diritti “imperfetti”, o “condizionati” perché chiamano in gioco leggi, finanziamenti, precise modalità e strumenti, insieme a delle responsabilità istituzionali, sociali, professionali, individuali, e perfino il soggetto fruitore. Trascurare ciò, fragilizza ulteriormente le persone deboli, e la Sicurezza Pubblica interviene sempre quando il danno è già fatto. Sarà possibile agire prima? Ci si augura che alcune delle sentenze emesse proprio in Calabria pochi mesi fa, possano invertire la rotta.

Ma, per rilanciare il diritto di vivere appieno necessita tirare in ballo anche la Sicurezza Sociale la quale è precipuamente chiamata a operare in modo che poteri, enti e Istituzioni accompagnino le persone fragili a vivere una vita degna, a fruire i diritti compresa la gratificazione di poter esercitare i loro doveri.

La seconda domanda, che come l’altra è anche proposta, viene da associazioni che esprimono la loro cittadinanza in Calabria utilizzando i beni confiscati alle organizzazioni mafiose per fini di solidarietà. In 134 comuni calabresi, i beni confiscati si traducono in 227 aziende operative mentre 326 sono ferme.

Ci sono anche 3.119 beni immobili destinati e altri 1.931 fermi. L’ultima relazione al Parlamento della Dia ha valutato in 35 miliardi di Euro i 24.693 immobili in Italia che sono in attesa di destinazione. Che fare di tanti immobili così immobilizzati?

Le associazioni di cui parlo sono aggregazioni a motivazione ideale, ambiscono portare la giustizia in una più alta dignità civile, culturale e politica. Sono persuase che i cosiddetti beni tolti ai mafiosi fanno male se li si lascia vuoti e nell’incuria. Domandano fin dove e se sia o no reato lasciarli in uno stato di degrado. Esse tuttavia si impegnano a corresponsabilizzarsi per unire al meglio paese legale e paese reale.

Scongiurano di fare come quei tanti occhi orecchi e bocche che sono rimasti ciechi sordi e muti nei 30 anni di latitanza di Matteo Messina Denaro, perché non vogliono snaturare sé stessi né sottomettersi a qualsivoglia sistema illegale delittuoso.

La proposta è una scommessa. È l’impegnarsi per un migliore utilizzo dei beni confiscati, intrecciando differenti soggetti quali lo Stato e varie Istituzioni, il profit e il non profit, cultura e socialità. Parecchi non sono altro che beni comuni da poter fruire in comune e che potremmo trasformare in volano di economia civile.

Sul territorio di una comunità, un bene confiscato dice di cittadinanza o di indifferenza, di libertà o di sottomissione, a seconda di come un popolo gli si rapporta. E la credibilità democratica di ogni comunità umana e politica passa anche da qui. (gp)

GIOCO D’AZZARDO, LA CALABRIA DICE NO
ALLE NORME DEL CONSIGLIO REGIONALE

In Calabria si rischia di incorrere in una vera e propria emergenza ludopatia. E questo perché il Consiglio regionale della Calabria, a novembre, non è riuscita a discutere la proposta di legge che prevede l’eliminazione delle regole minimali per l’esercizio delle sale da gioco e delle sale scommesse. Il tutto perché mancava il numero legale.

Una motivazione che porta sconforto e grande amarezza, soprattutto se si parla di un problema che è una vera e propria «emergenza sociale», come è stato denunciato all’incontro della Comunità Regina Pacis svoltasi nel mese di ottobre a Cosenza. Città in cui, secondo quanto emerso dal convegno, «si spendono  25 milioni di euro per i giochi d’azzardo – ha spiegato Roberto Calabria, direttore del Serd di Cosenza – e questo impone una risposta pronta e decisa al problema».

Ma non è solo un problema di soldi: Paolo Mancuso, presidente della Fondazione Anti usura della Diocesi di Cosenza-Bisignano, ha evidenziato come «molti giocatori d’azzardo finiscono nella morsa dell’usura, e spesso perdono casa e lavoro. C’è gente che per il gioco d’azzardo ha ceduto due quinti dello stipendio e contratto debiti con molte finanziarie».

Amalia Bruni, leader dell’opposizione in Consiglio regionale, ha espresso «l’assoluto dissenso perché non intendo essere complice di una norma che rischia di decretare la rovina di tante famiglie calabresi e continuerò la mia battaglia, come ho sempre fatto, tra la gente per tutelare la loro salute».

«Abbiamo discusso ampiamente ed animatamente questa proposta in Commissione Antindrangheta, poi l’8 novembre ci sono state tre audizioni in Prima Commissione e ho atteso con trepidazione la discussione in Commissione Sanità, visto che la Proposta di Legge era stata assegnata anche alla Terza Commissione ma, con mio grande stupore, mercoledì 23 novembre la PL, con un autentico colpo di mano, è stata discussa di nuovo in Prima Commissione ed è stata approvata definitivamente per essere portata in Consiglio».

«Mi chiedo com’è mai possibile – ha proseguito – che si è deciso di non completare l’iter procedurale e di non affrontare in Commissione Sanità una tematica così delicata e così strettamente connessa alla salute dei cittadini calabresi? Questa maggioranza stravolge i procedimenti, per come evidenziato anche dalla Corte dei Conti per altre situazioni, e l’opposizione certo non può stare a guardare. Purtroppo credo che questa maggioranza ha proposto e giustificato la modifica della legge per tutelare gli interessi economici degli esercenti e delle aziende che forniscono i giochi, ma questo non è corretto come punto di partenza».

«Il punto di partenza è, e deve esserlo per tutti – ha continuato – la cura dei pazienti calabresi e la tutela della Salute pubblica della nostra comunità. Non condivido la scarsa attenzione da parte dell’intera maggioranza e del Commissario ad Acta alla Sanità nei confronti di un problema sociale e sanitario che destabilizza intere famiglie e getta sul lastrico (con il rischio che possano entrare nel pericoloso circuito dell’usura) tanti cittadini e tante cittadine calabresi».

«A fronte di questi pericoli sono state presentate modifiche che di fatto cancellano gli strumenti più efficaci per contrastare la ludopatia riducendo il distanziometro – ha spiegato – ovvero la distanza dai luoghi sensibili; aumentando la durata delle ore giornaliere di gioco; delegando ai sindaci la decisione e la responsabilità delle regole da applicare, (sottoponendoli a ulteriori rischi di pressioni esterne, anche della criminalità organizzata); eliminando ogni sorta di limite per coloro che detengono le licenze prima del 2018 (diritto di prelazione) che, tra l’altro non è consentito nel Mercato Libero) e che significa che i nostri ragazzi davanti alle loro scuole continueranno a trovare le sale slot pronte ad accoglierli a braccia aperte».

Ma non è solo la consigliera regionale Bruni a rivoltarsi contro una legge che mette a rischio la salute dei cittadini. Sul caso è intervenuto don Giacomo Panizza, che ha parlato di «un insidioso regalo di natale» da parte del Consiglio regionale.

«Ci ha provato – ha spiegato – mettendo all’ordine del giorno un “ritocco” alla legge riguardante “Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della ’ndrangheta e per la promozione della legalità, dell’economia responsabile e della trasparenza”, però ha evitato di spiegare che la modifica avrebbe riguardato il tema dell’usura e del gioco d’azzardo patologico. La maggioranza si è ritrovata senza numeri per il voto valido».

«Non fa meraviglia che, per poco ascolto e molta fretta – ha proseguito – il testo enunci nemmeno una volta ciò che propone. Titola “Modifiche all’articolo 16 della legge regionale 26 aprile 2018, n. 9, ne ripete a iosa la bella intestazione sopra citata e non riporta mai che si tratta degli “Interventi per la prevenzione dell’usura connessa al gioco d’azzardo patologico. Non è cosa da poco. Il pasticcio di «le parole … i commi 2 e 3… i numeri dell’art. 16, sono sostituiti da…» occulta i problemi dell’usura e del gioco d’azzardo patologico su cui ci sarebbe invece da scrivere molto in chiaro».

«Perché modificare proprio e solo questo articolo? A chi giova? Perché il Consiglio regionale della Calabria – si è chiesto don Panizza – dovrebbe scaricare le responsabilità generali su comuni, sindaci e popolazione in genere riguardanti la prevenzione dell’usura connessa al gioco d’azzardo patologico? Conosciamo che si tratta di problematiche economiche e finanziarie, sanitarie ed etiche, nondimeno anche sociali e politiche!»
«Affidare senza vincoli né indirizzi regionali a ogni singolo sindaco le modalità di autorizzazioni, gli orari di apertura, rallentare i distanziamenti già previsti di almeno 500 metri tra le sale slot e i luoghi di aggregazione giovanile e non solo, da scuole, chiese, bancomat, ecc., è decisione sconsiderata. – ha continuato –. Perché non contrastare l’usura nelle sue varie modalità, compresa quella causata dai debiti da gioco d’azzardo patologico? È notorio che le organizzazioni criminali hanno interessi in materia, mentre soccombono le persone, le famiglie, i servizi sociali e sanitari del territorio. Ricordo che i dati ufficiali annotano che in Calabria nel 2021 sono stati “giocati” legalmente d’azzardo più di quattro miliardi di euro (4.205.993.451,89)».
«E mancano quelli dei circuiti illegali – ha evidenziato –. Se c’è bisogno di un approfondimento della legge di quattro anni fa, dovrà essere solo migliorativo, e non un espediente per (s)caricare certi problemi su sindaci, persone in difficoltà, famiglie a rischio di andare in rovina. Il gioco patologico non è una puntata al lotto o la tombolata natalizia, è raffiche di puntate compulsive pagate alle macchinette e ai computer, è un non-gioco solitario deleterio anche per la società. Non conosco i motivi per cui il 28 novembre scorso sono venuti a mancare i numeri per legiferare. Ma è stato meglio, e mi auguro che non venga rimessa all’ordine del giorno nel prossimo Consiglio previsto il 12 dicembre perché si tratta di una proposta dannosa».
«La lotta al gioco d’azzardo e alla ludopatia non è un gioco e non può essere un azzardo», ha tuonato la Conferenza Episcopale Calabra, che si è detta «interdetta» alla possibilità della modifica, da parte del Consiglio regionale, della legge riguardante la notta all’usura e al gioco d’azzardo.
«La modifica – si legge nella nota – va di fatto a scaricare forti responsabilità generali sui Sindaci e pesanti conseguenze sulla popolazione, vanificando ogni tentativo di prevenzione del fenomeno della ludopatia. L’affidamento ad ogni singolo Sindaco e Comune delle decisioni in merito alle modalità di autorizzazione degli orari di apertura, uniformando inoltre al ribasso il distanziamento tra le sale slot e i luoghi sensibili, è una scelta sconsiderata, rispetto alla quale le motivazioni restano incomprensibili».
«Perché scaricare sui Sindaci, già oberati di tante responsabilità – hanno chiesto i vescovi calabresi –, rendendoli passibili di ulteriori pressioni, questa problematica così complessa? Un contesto al quale la criminalità organizzata guarda con attenzione per interessi economici, al fine di sfruttare la fragilità di chi vive una condizione di debolezza e dipendenza patologica».
«Allentare il controllo sul gioco d’azzardo – è stato evidenziato – significa indebolire la legalità e sfavorire la giustizia e la giustizia sociale in particolare. Già nel 2017, Papa Francesco, nel discorso del 21 settembre affermava: «Oggi non possiamo più parlare di lotta alle mafie senza sollevare l’enorme problema di una finanza ormai sovrana sulle regole democratiche, grazie alla quale le realtà criminali investono e moltiplicano i già ingenti profitti ricavati dai loro traffici: droga, armi, tratta delle persone, smaltimento di rifiuti tossici, condizionamenti degli appalti per le grandi opere, gioco d’azzardo, racket», inserendo proprio il gioco d’azzardo tra le fonti di diseguaglianza e povertà».
«La Conferenza Episcopale Calabra – hanno concluso i vescovi calabresi – di fronte a questa iniziativa, di fatto dannosa per il tessuto sociale calabrese, vuole denunciare con forza la pericolosità di tali paventate scelte. È davvero questo il regalo di Natale che si vuole fare ai cittadini calabresi, alle loro famiglie, alle comunità di una regione che lotta ogni giorno per la legalità e contro l’oppressione della criminalità organizzata?».
Libera Calabria, invece, si appella direttamente al presidente della Regione, Roberto Occhiuto, «affinché si proceda al ritiro di tale proposta e venga dato un segnale forte nel contrasto al gioco d’azzardo e ai profitti che la criminalità organizzata trae da esso».
La rete regionale, infatti, ha espresso preoccupazione per la proposta di legge, la cui approvazione «non terrebbe assolutamente conto degli effetti reali che l’espansione del gioco d’azzardo, già ampiamente diffuso nella nostra regione, avrebbe in un contesto regionale dalle tante difficoltà economiche e con un’elevata densità criminale».
«I numeri calabresi relativi alla diffusione ed alle giocate presso le slot machine e videolottery – ha spiegato Libera – meriterebbero, al contrario, misure più stringenti e restrittive, in linea con i regolamenti e le ordinanze adottate da diversi comuni sul territorio nazionale, perché, come più volte sottolineato dalla Direzione Nazionale Antimafia, questo è un settore dove le mafie hanno effettuato ingenti investimenti anche con riferimento ai giochi legali».
«Un fenomeno – ha concluso Libera Calabria – che deve mettere in apprensione non solo per gli interessi della criminalità organizzata, la quale trae profitti dalla manomissione delle macchinette e dall’uso di queste per riciclare denaro, ma anche per le conseguenze dalla dipendenza del gioco d’azzardo che compromette la salute psichica e fisica delle persone colpite, ed in alcuni casi può determinare l’impoverimento dei malati patologici e delle loro famiglie con il rischio di divenire vittime di usura ed estorsioni». (rrc)

Alla Comunità di don Panizza il Premio Uniti per la Legalità

Conferito alla Comunità Progetto Sud il Premio “Uniti per la Legalità”, giunto alla seconda edizione, dei Giovani Commercialisti, guidati da Matteo De Lise.

La cerimonia si è svolta nella Tenuta Agricola Suvignano, a Monteroni d’Arbia, in uno dei più grandi beni confiscati del Centro Nord con numerose presenze qualificate.

«A 26 anni dalla legge sui beni confiscati – ha dichiarato  Paolo Florio, tesoriere della Fondazione Centro Studi UNGDCEC –, è giunto il momento che anche la fase di destinazione e riutilizzo dei beni possa funzionare in modo efficiente». «Dopo i sequestri e le confische definitive è la parte finale della destinazione, oggi, quella più importante, che dobbiamo impegnarci a far funzionare».

«La Comunità Progetto Sud – ha concluso Florio  – fondata da Don Giacomo Panizza, è un esempio virtuoso di come, uniti e insieme per la legalità, stimolando la partecipazione della società civile, è possibile il cambiamento, grazie ai numerosi progetti conclusi per la collettività».

«Era il 2001 quando abbiamo deciso tutti insieme, noi della Comunità, con alle spalle già 25 anni di attività sociale, di aprire una strada nuova e anche innovativa per per tutti e tutte, prendendo in gestione il primo bene confiscato della città» – ha detto Don Giacomo Panizza, presente a Monteroni d’Arbia per portare la sua testimonianza e ritirare il Premio Uniti per la legalità –. Pensieri e Parole è oggi, come lo avevamo sognato, una realtà lavorativa, sociale, culturale e politica in cui fare abitare legalità e giustizia. Un condominio sociale, – ha conlcuso don Panizza – sostenibile, perché autoproduce il fabbisogno energetico grazie ai pannelli solari di cui è dotato, un luogo che è un passaggio di vita perché intreccia generazioni, costruisce servizi e parla le lingue del mondo». (rrm)

Don Panizza (Progetto Sud): osare di più per opere di solidarietà

Don Giacomo Panizza, fondatore e presidente di Comunità Progetto Sud, a Lamezia Terme, ha lanciato un appello alla città per sensibilizzare sulle iniziative di solidarietà: «In questo 2022 – ha scritto – la Comunità Progetto Sud vuole osare di più per far accadere i progetti ambiziosi ai quali aspira da tempo. Tra fragilità e ostacoli, senza fare castelli in aria ma con gli occhi aperti e i piedi per terra, sogna accanto a tante persone e comunità locali e istituzioni civili con grande voglia di comunità, di apertura e non di chiusura, di giustizia e non di furberie, di pacificazioni e non di disgregazioni»-
«L’anno 2022 ce l’auguriamo ricco di tempo presente, vissuto appieno nei suoi giorni non del calendario ma i nostri, di tutti e tutte – afferma don Panizza –. Nei giorni scorsi è stato avviato il laboratorio “Tras-formativo” dal titolo “Città che apprendono”, attraverso cui Comunità Progetto Sud aspira a un diverso “presente e futuro del comprensorio lametino quale territorio maggiormente capace di apprendere per crescere solidalmente in civiltà e polis, un luogo significativo, visibile e vivibile, con progetti ambiziosi di socialità e democrazia, di economie e culture». Secondo don Panizza «abbiamo tanto da imparare dal futuro che abbiamo davanti, ad avere utopie concrete, a rigenerare aggregazioni positive più che nel passato, a amare le nostre istituzioni e osservare le regole umanizzanti dell’economia, della salute e della democrazia». (rcz)

Bruno Bossio (Pd): vicinanza a don Panizza e a Progetto Sud

Dopo il furto nella Comunità progetto di don Giacomo Panizza, l’on. Enza Bruno Bossio ha voluto esprimere la sua vicinanza a chi dedica il suo impegno e la sua vita a favore degli emerginati e dei migranti. La Bossio ha invitato le istituzioni a stringersi attorno a don Panizza e ai suoi collaboratori per difendere un’importante esperienza sociale e di comunità.

«Ho avuto modo di conoscere don Giacomo ad Acquaformosa – ha detto la Bruno Bossio – quando entrambi abbiamo ricevuto un riconoscimento per il nostro comune, pur se diverso, impegno a favore dei migranti. Ne ho apprezzato subito la semplicità e la totale dedizione alle cose che fa a favore degli ultimi. E la sua lotta contro i poteri criminali e per la legalità in Calabria».
La parlamentare mette in evidenza «soprattutto il suo straordinario impegno per restituire ai cittadini, i loro territori e l’opportunità di vivere e lavorare senza subire
prepotenze e poter godere dei propri diritti. Ecco perché il vile atto di cui è stata vittima la cooperativa ‘Le Agricole’, nata dal suo impegno, non deve essere sottovalutato, anche perché giunge dopo una serie di episodi analoghi. Evidentemente l’attività di don Giacomo dà fastidio a chi vuole che la nostra
terra resti sotto il dominio dei poteri criminali. Ora più che mai – sostiene ancora l’on. Bruno Bossio – le istituzioni devono stringersi attorno a don Giacomo e ai suoi collaboratori e difendere le esperienze nate dal suo impegno contro la ‘ndrangheta e per la legalità. Sarà questa la migliore risposta a chi cerca di tarpare le ali alle iniziative di Progetto Sud. Alla magistratura e alle forze dell’ordine il compito di individuare al più presto i responsabili e gli eventuali mandanti del grave episodio». (rp)