CONTE SFIDA GRILLO: «CHIEDI ALLA BASE»
E IN CALABRIA DIFENDE “IL CAMPO LARGO”

di SANTO STRATI – Parla di “campo largo” di “prospettiva forte” Giuseppe Conte, a proposito della Calabria, nella sua conferenza stampa più attesa da quando si è affacciato in politica. Ma non è la scelta di Maria Antonietta Ventura argomento dell’incontro, il riferimento è incidentale e serve soltanto a confermare la convinzione che il Movimento 5 Stelle debba guardare soprattutto a sinistra, strizzando l’occhio a Letta, senza trascurare o dimenticarsi delle altre forse progressiste. Ma chi si aspettava una resa senza condizioni o, al contrario, un colpo di reni che stroncasse Grillo non ha capito la “maturità” politica raggiunta dal prof già capo del governo. La sua è una mossa da fuoriclasse della politica che rinuncia ai diverbi verbali e lascia scivolare le battutacce di Grillo, lanciando, invece, una sfida intelligente e molto insidiosa che coinvolge la base.

Cosa ha detto, in sostanza, Giuseppe Conte? Serve una leadership politica forte, ma il potere “politico” non può essere dimezzato, «una diarchia non sarebbe funzionale al progetto che ho messo insieme dopo quattro mesi di lavoro e di studio». Conte non accetta un ruolo a metà e si affida alle scelte degli iscritti, chiede il voto della base sullo statuto che ha elaborato e che esclude ingerenze politiche di Grillo, fatto salvo il suo ruolo di garante a cui non si può non riconoscere quel carisma e lo spirito visionario che gli ha permesso di far nascere e crescere il Movimento. Ma oggi non ci possono essere più ambiguità e le contraddizioni che hanno lacerato il Movimento hanno la possibilità di interrompersi in una prospettiva nuova e diversa. Se la base accoglie e fa suo il documento di Giuseppe Conte.

La sfida di Conte a Grillo è sul territorio, non nelle stanze del fu-potere: decida la base se questo progetto politico ha senso oppure no. La base non Grillo, questo appare evidente, soprattutto quando l’ex premier sottolinea che non gli «basterà una risicata maggioranza» ma chiede un segno chiaro da tutti gli iscritti. Gli elenchi sono stati consegnati da Casaleggio, quindi, è possibile chiamare a una consultazione “popolare” tutti gli iscritti e far decidere da che parte stare.

L’ardua se pur inevitabile via del regicidio, del parricidio di Grillo, Conte l’ha scansata con un’abile mossa, ovvero consegnando il coltello agli iscritti e lasciando facoltà ad ognuno se infliggere il corpo mortale all’uno o all’altro dei due contendenti. Perché, è evidente, che con queste premesse, in questo stato di cose, il movimento ha preso una deriva da cui non riesce ad allontanarsi: non ci sono alternative, o diventa partito (nel senso storico del termine) o rischia di finire come tutti i movimenti che l’hanno preceduto. Basta come riferimento Guglielmo Giannini e il suo Uomo qualunque (1944-1947) di cui i Cinque stelle sembravano una pallida imitazione per vedere come andrà a finire.

Conte ha intuito questa necessità di trasformare il movimento in partito, pur mantenendo la carta dei principi e dei valori che hanno ispirato il gruppo grillino diventato poi truppa, senza generali e ufficiali di collegamento. Serve una scuola di formazione – ha rimarcato Conte – per formare una classe dirigente politicamente colta, capace di governare, se si vuole tornare a guidare il Paese nelle trasformazioni epocali che si pongono davanti. L’improvvisazione, l’incompetenza, l’immaturità “politica” di molti esponenti ha provocato la prevedibile voragine che sta inghiottendo idee, principi e, soprattutto, persone che non sono riuscite a diventare personalità (nel senso migliore della parola). E tutto ciò ha provocato conflitti, contraddizioni, divisioni, ambiguità. La soluzione non è un restilyng: non si tratta di dare un’imbiancata alla casa – ha detto Conte – bisogna proprio mettere mano a una seria ristrutturazione, senza la quale non ci potrà essere futuro.

Conte, dunque, non ci sta a fare il leader dimezzato, pur sottolineando che un leader rimane tale se vince, in caso di insuccesso non c’è il termine naturale del mandato, si va via, come dicono le regole non scritte della democrazia. E la democrazia partecipata (ma mistificata dai tanti misteri di Rousseau) oggi ha la possibilità di fare una scelta che non lascia scampo. È stato abilissimo Conte a cavalcare le contestazioni di Grillo: non ha risposto, non ha rintuzzato punto per punto, anzi ieri ha ribadito la profonda stima che egli nutre per Grillo, ma la sua mossa – vincente, per certi versi, rischiosa per altri –  di affidare alla base questa sorta di pasticciato (e crudele) referendum sulla leadership lo mette in una posizione privilegiata rispetto alla costante perdita di autorevolezza del Garante. E ha sottolineato Conte che si aspetta un voto rapido, «perché di tempo ne è già passato troppo» e non ce n’é abbastanza per ulteriori lungaggini.

La base è già di per sé divisa tra grillini ortodossi, innovatori (pro Conte) e indecisi: una triade troppo eterogenea perché Conte possa trovare la maggioranza “non risicata” che pretende per poter portare avanti il suo progetto politico. Soprattutto perché Grillo detiene ancora il potere di scegliere e premiare con la riconferma dell’elezione i fedelissimi, mentre Conte non può promettere nulla, se non un progetto politico che guarda alle forze progressiste e deve necessariamente diventare partito. Il carisma di Grillo, pur se appannato, è quello di cui si nutre il popolo grillino, persino quello disincantato e deluso che si sente sempre più disorientato e smarrito. L’autorevolezza di Conte, conquistata con due Governi, pur segnati da marchiani errori politici più per inesperienza e non competenza che per altro, è a un bivio: o cresce, con il conforto di una base che approva le sue proposte di rinnovamento, o è destinato a una inglorioso viale del tramonto.

In questo momento, Conte capisce bene che non può pensare di fare un partito suo, pur se accreditato di un discreto 10% di consensi, per l’evidente motivo che deve traghettare i grillini, gli ortodossi, i dissidenti, i pentiti, verso l’unica strada percorribile: quella di un Movimento 2.0 che in realtà contenga dentro di sé i prodromi di una rinascita politica che darà poi vita a un “partito” nel senso pieno del termine.

Quindi, più che un referendum Conte-Grillo, si tratterebbe di un plebiscito a favore del nuovo “sovrano” che sale sul trono senza aver commesso regicidio (che gran parte della base non gli perdonerebbe mai), ma portando avanti lo spirito nuovo che, in realtà, muoveva i primi passi alla nascita dei pentastellati, ma che è stato soffocato dalla mancanza di coraggio di osare “politicamente”. Quel coraggio a cui si affida oggi Conte, in uno scenario che rischia di diventare la Waterloo dei grillini. Per questo l’ex premier ha messo in evidenza la buona intesa raggiunta a Napoli sul nome condiviso con Letta e Speranza di Gaetano Manfredi e l’analoga intesa (?) che è maturata in Calabria. Ma proprio la Calabria può diventare il passo falso di Conte, sovrastimato da Letta e compagni, nello scenario ormai arido del grillismo calabrese ormai alla frutta.

Se alla base, in tempi brevi, sarà concesso (è Grillo a decidere, a norma dell’attuale statuto) di votare lo statuto di Conte e la proposta di rinnovamento (ripudiando Grillo e relegandolo alla figura di padre nobile senza potere) l’ex premier ha vinto la prima battaglia e può prepararsi alla guerra. Se, come temiamo, dovesse perdere dovrà contare deputati e senatori pronti a seguirlo e proporre un nuovo partito che nel sostegno a Draghi avrebbe modo di consolidare la propria forza politica.

La domanda inevitabile, a questo punto, è una sola: in caso di bocciatura del progetto di Conte, quanto conteranno le intese napoletane e calabresi alle prossime amministrative e quali disastri, a sinistra, ci dovremo preparare ad assistere? Qualcuno si prenda la briga di farlo presente al segretario dem Enrico Letta che tra una settimana ha detto che verrà in Calabria. (s)

Conte e Letta in Calabria la prossima settimana: viaggio della speranza?

di SANTO STRATI – A qualcosa, alla fine, il gesto di ritiro della candidatura di Nicola Irto, è servito: il viaggio (della speranza?) dell’ex premier Giuseppe Conte e del segretario dem Enrico Letta della prossima settimana in Calabria è certamente frutto della necessità di fare chiarezza in una sinistra calabrese in piena caos. L’annuncio – che dovrebbe trovare la conferma ufficiale domani sabato – del candidato unitario del centro destra (Roberto Occhiuto, attuale capogruppo di Forza Italia alla Camera) spariglia ancor di più i giochi della sinistra: litigiosa, divisiva e a forte vocazione suicida. Ci sono stati, con la massima discrezione, contatti con De Magistris e l’attuale sindaco di Napoli, che domani apre a Cosenza la sua segreteria elettorale, dopo la rottura insanabile con Tansi deve valutare le opzioni che la prossima tornata elettorale gli offre.

Da solo Luigi De Magistris, che pur sta raccogliendo un consenso superiore alle previsioni, non va da nessuna parte, al massimo farà il consigliere regionale (d’opposizione) e nulla più. Di fronte alla coalizione coesa (?) di centrodestra i dem devono schierare una forza straordinaria fatta di consensi, anche trasversali, per portare numeri importanti. La soluzione ideale sarebbe semplice: dimenticarsi di conflitti, contrasti, risentimenti e insulti e fare un’ammucchiata (di tipo governativo) che metta insieme dem, 5 stelle, sinistra radicale, riformisti, De Magistris, Tansi, liste civiche e chiunque possa essere utile alla causa. Questo significherebbe fare una scelta politica, pagando qualche inevitabile (e gravoso) obolo ai “rinunciatari”. Se a De Magistris viene offerta la vicepresidenza della Giunta regionale (in caso di vittoria) in cambio del ritiro della candidatura a presidnete (mantenendo comunque una più liste di sostegno), come farà a rispondere no? Se a Tansi viene offerto un assessorato (Protezione Civile) in cambio del ritiro della candidatura a presidente (col mantenimento delle liste, che fanno sostegno), come farà il geologo cosentino a dire no? Soprattutto se il leit-motiv sarà quello di “uniti contro la destra”. È un bel problema, diciamo la verità. Ma la politica, ricordiamolo, è l’arte del possibile – come ci hanno insegnato Machiavelli e Guicciardini – basta sapersi fermare in tempo, alla bisogna. In una situazione di questo genere non ci sono vie d’uscita. È fin troppo evidente che 5 stelle, tansi e De Magistris, a loro volta, possano imporre la necessità di un nome nuovo, al di sopra delle parti, rappresentativo e in grado di attuare una spinta unitaria a sinistra. Ma all’orizzonte, escluso il buon Nicola Irto, non si vedono leader o aspiranti tali (il nome dello storico saggista antimafia Ciconte è suggestivo, ma non trova larghi consensi: c’è il rischio concreto di ripetere l’esperienza Callipo) e l’unico nome spendibile rimane quello di Antonio Viscomi, oggi deputato dem e già vicepresidente della Regione con Mario Oliverio, oppure, in alternativa, Franco Iacucci, attuale presidente della Provincia di Cosenza, che ha il vantaggio di conoscere a menadito tutti gli anfratti della Regione (è stato il segretario operativo di Oliverio, e questo non l’aiuta certo), ma conta pochi fans in Calabria. Irto, dunque rimane, l’unica carta spendibile (non dimentichiamo che è stato il più votato il 26 gennaio dell’anno scorso: 12.568 preferenze), ma su di lui pesano le perplessità dei 5 stelle, che in Calabria non contano nulla, però bisogna salvare l’impresa impossibile di Giuseppe Conte di dar vita a un nuovo Movimento 5Stelle 2.0. Quindi?

Tansi con un comunicato si è rivolto ai suoi followers: «Ai candidati delle liste di Tesoro Calabria – ha detto – che, dopo l’addio definitivo a de Magistris, mi chiedono di fare un passo indietro per assecondare “un’ampia costruenda coalizione con lo scopo di vincere le prossime elezioni regionali”, io rispondo di “sì”, ma a due condizioni fondamentali e improcrastinabili: 1) il candidato a presidente della regione dovrà essere una figura credibile che rappresenti il reale cambiamento; 2) il candidato a presidente non dovrà essere soltanto una bella copertina utilizzata per coprire candidati – di qualsiasi lista in appoggio al presidente – che rappresentano il vecchio sistema responsabile del fallimento della Calabria e che cercano, direttamente o indirettamente (tramite loro portaborse o prestanomi), una candidatura in vista delle prossime elezioni regionali. I candidati dovranno essere persone “nuove” e competenti. Se tali condizioni saranno accettate sarò disposto a fare non uno ma cento passi indietro, per amore di una Calabria che per cambiare deve decisamente voltare pagina con una proposta politica che deve mostrare ai suoi elettori una cosa sola: la credibilità. In caso contrario, continuerò a rappresentare un polo civico concretamente alternativo al PUT (Partico Unico della Torta)». È un segnale di apertura a Letta e Conte?

De Magistris non dice nulla a proposito di un’intesa a modello del Governo Draghi (ma solo a sinistra), ma non si sbaglia a dire che ci sta pensando. La sottosegretaria al Sud Dalila Nesci, non paga della delusione della passata tornata elettorale, con la sua candidatura bocciata crudelmente dal Movimento, insiste a proporsi, dichiarando a destra e manca la sua totale disponibilità. L’arrivo di Letta e Conte in Calabria forse farà un po’ d’ordine, a sinistra. (s)

PARTE DALLA CALABRIA L’AIUTO A CONTE
CINQUESTELLE IN CRISI , CI PENSA LA NESCI

di SANTO STRATI – Arriva dal Sud, anzi dalla Calabria il sostegno più forte a Giuseppe Conte, impegnato a mettere ordine nella confusione che ormai regna sovrana tra i cinquestelle: se riuscirà a coagulare intorno a sé una buona parte dell’ex nomenclatura pentastellata, molto del merito andrà riconosciuto alla neo sottosegretaria per il Sud e la Coesione territoriale Dalila Nesci. La deputata di Tropea gli ha messo a disposizione il suo “pensatoio” Parole guerriere ribattezzato 2050+. È, come si dice in gergo, un think thank molto attivo nato lo scorso anno a febbraio, poco prima che scoppiasse la pandemia, con l’obiettivo di stimolare «un cambio di passo nella democrazia interna in Movimento 5 Stelle». A febbraio 2020 il Governo giallo-rosso viveva in buona salute, nonostante i mal di pancia sempre più evidenti in seno al Movimento e all’interno degli alleati dem. La pandemia ha, naturalmente, provocato un congelamento delle situazioni critiche e i conflitti si sono sempre più interiorizzati, lasciando trapelare un po’ di malumore da una parte e dall’altra, con relativa fuga di pentastellati sempre più insoddisfatti e i dem sempre più divisivi.

A fine anno la crisi, com’è noto, è arrivata al culmine e la nascita del governo Draghi «di salute pubblica» non ha fatto altro che accentuare la spaccatura fin troppo evidente tra i rigoristi “talebani” della prima ora e i “possibilisti” che piuttosto di andare a casa, anzitempo, hanno digerito senza bisogno di alka seltzer un boccone molto pesante. Le due anime (ma in realtà sono molte di più) del Movimento hanno mostrato il loro lato peggiore e la necessità di chiarimento si è fatta sempre più stringente. L’espulsione dei dissidenti non ha aiutato a compattare i “reduci”, nuovi sostenitori del “governo tuttinsieme”, anzi ha contribuito a esasperare gli animi.

Giuseppe Conte è sembrato, a quel punto, il provvidenziale messia pronto a intervenire e appianare divergenze e maldipancia (del resto era l’ultima chance per non tornare a insegnare all’Università di Siena). M il suo compito che già appariva complesso, sta subendo in questi giorni le complicazioni che Beppe Grillo si sta occupando di non fargli mancare, anche con la storia della scadenza dei parlamentari con due legislature. In questo contesto, il sostegno di 2050+, che come “pensatoio” si è fatto apprezzare anche fuori dal Movimento per le posizioni tutto sommato avanzate rispetto all’ortodossia grillina, per Conte è una boccata d’aria fresca. Non risolve tutti i problemi, ma decisamente aiuta ad alimentare la fronda antiGrillo che, a parole, continua a chinare il capo di fronte al fondatore e lider-maximo (?).

È, perciò, interessante osservare la straordinaria performance della deputata calabrese in questi ultimi tredici mesi: la sua disponibilità a candidarsi, a fine 2019, a governatore della Calabria per i grillini non aveva trovato alcun appoggio presso la classe dirigente (?) del Movimento. Anzi, nonostante l’azzardo che era disposta a correre (quando poteva starsene comoda e tranquilla negli scranni di Montecitorio), s’è trovata in grossa difficoltà con una guerra interna che, da lì a poco, avrebbe provocato il disastro delle elezioni regionali in Calabria. I grillini si sono ritrovati con un esterno (il prof Francesco Aiello vicino al movimento, ma non iscritto) che non è riuscito nemmeno a raggiungere il quorum (grazie alla guerra intestina del fuoco amico calabrese) e hanno iniziato una parabola discendente che non si è ancora arrestata.

La Nesci ha incassato il colpo, ma non ha fatto schiamazzi né pubbliche esternazioni: s’è messa a lavorare senza sosta e s’è inventata, con il fratello Diego Antonio, Parole Guerriere per portare un contributo alla soluzione della crisi irreversibile del Movimento. Un think thank destinato a raccogliere idee all’insegna di un motto di per sé molto indicativo: pensiero-parola-azione. Ovvero un modo inedito di fronteggiare grandi temi politici, economici e sociali, obbligando a indicare una “scelta”: istruzione o educazione? trasgressione o disobbedienza? denaro o ricchezza? legge o diritto? Nonostante la pandemia, il pensatoio ha continuato a macinare dibattiti e contributi, con l’adesione di una  quarantina di parlamentari. Aveva iniziato con un incontro “evoluzionario” su Cosa resta di Giordano Bruno 420 anni dopo il 16 febbraio 2020 e organizzato qualche settimana dopo una sorta di stati generali per capire quali margini ci fossero per i pentastellati avviati verso la catastrofe.

Diego Antonio NesciDiego Antonio Nesci (una laurea in Giurisprudenza in Spagna e una magistrale in relazioni internazionali in Italia) ha chiarito in più occasioni che Parole Guerriere e lui personalmente non rappresentavano una crociata contro Davide Casaleggio, ma esprimevano un’esigenza di chiarezza. Non a caso, ieri ha detto: «Osservo solo, da anni, che nel nostro statuto coesistono due associazioni M5s e Rousseau. Cosa alquanto bizzarra. Infatti due “poteri” nello stesso perimetro: o si accordano o si fanno la guerra. Quello che sta succedendo da qualche mese lo dimostra».

Con il Movimento, per la verità, Nesci-fratello non ci va sul leggero; all’indomani delle espulsioni nei confronti di chi non aveva votato per Draghi disse più o meno «avete il morto in casa e fate finta di niente… ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Con la scissione finalmente la vendetta di Renzi per il 2016 sarà compiuta». Sul M5S ha scritto su fb: «Come tutti quelli che hanno fatto un corso mezzo serio di Scienza Politica banalmente sanno, non è un partito ma è un movimento. Come il movimento Forza Italia, per esempio, è un movimento a guida carismatica. È strettamente legato cioè a un capo carismatico (erano due inizialmente) che decide tutto l’essenziale. Decide i cambiamenti sostanziali, decide della direzione politica della propria creatura. Ne decide la vita (la nascita) e la morte (lo scioglimento)». Ma non è un endorsement a Grillo, anzi semmai ne delinea i limiti e l’esaurimento della spinta iniziale: Conte può riuscire nel suo progetto politico solo se riesce ad “ammazzare” (ideologicamente parlando) il Capo e trasfigurarsi in un pallido ricordo di Grillo che alle battutacce oppone idee e intenti propositivi.

E torniamo a Dalila, la superattiva parlamentare che si sta ritagliando una posizione di tutto rispetto non solo nella sua regione, ma a livello nazionale. L’altro ieri s’è fatta un tour in Calabria che nemmeno i democristiani d’antan riuscivano a sostenere, parlando di salute, Zes, porto di Gioia e tanto altro, su tavoli diversi, forte della sua nuova creatura politica che potrebbe, seriamente, accogliere molti tranfughi pentastellati, tra espulsi, disorientati, smarriti e incazzati. Però, diciamo la verità: Parole Guerriere era un bel nome che lasciava immaginare irriducibili combattenti, il nuovo (2050+) sa di agenda programmatica, molto burocratica, e morde decisamente di meno. L’obiettivo dichiarato, oggi, è supportare Conte nel momento cruciale della sua impresa. Bisognerà vedere come volgerà l’ormai evidente rottura Casaleggio-Grillo e quanto l’ex-comico abbia voglia di continuare a far piangere chi ha creduto in lui. A molti italiani, peraltro, non sempre è riuscito a strappare le risate che sono il pane quotidiano di qualsiasi cabarettista di mestiere, tutt’al più un sorriso, modesto. Come modesta è stata la sua provocazione sfociata in movimento politico.

L’implosione del Movimento è vicina e Conte dovrà, dunque, tratteggiare un disegno politico completamente nuovo se non vuole rischiare il prevedibile flop. Del resto, basterebbe rileggersi e ripassare la storia: c’è stato il precedente dell’Uomo Qualunque che sembrava, nel ’46, pronto a conquistare il cuore (politico) degli italiani e poi è finito nel totale dimenticatoio. Oggi se chiedete a qualcuno di Giannini, vi risponde «chi? il direttore de La Stampa?, quello che è sempre in televisione?». (s)

Conte da Lilli Gruber: oggi scegliamo il Commissario per la sanità calabrese

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo, su La7, stuzzicato dal direttore del Giornale Alessandro Sallusti dribbla alla stregua di un consumato politico le domande spigolose dei due giornalisti sul suo futuro politico (Capo del Movimento 5 Stelle? «Non è nei miei progetti», Draghi? «Se serve lo sentiremo») ma si lancia in un impegnativa ammissione: «Dobbiamo chiudere questa partita, domani (oggi, per chi legge) sceglieremo il nuovo Commissario per la Sanità in Calabria, durante il Consiglio dei Ministri. Conte concorda che la situazione è particolarmente delicata in Calabria, ma non fa nomi, bisogna aspettare – dice – il Consiglio dei Ministri di domani: c’è un ministro proponente, concertante, dobbiamo valutare insieme».

La voce che più ricorre indica come Commissario alla Sanità l’ex prefetto di Catanzaro, la reggina Luisa Latella, una funzionaria che ha sempre lavorato con grande determinazione e senza mai risparmiarsi nei diversi impegni a lei affidati dallo Stato. Accanto a lei, con buona probabilità, una squadra di specialisti (scienziati, medici, e manager della sanità) di origine calabrese o che vivono in Calabria, ovvero con ottima conoscenza del territorio. Sono molte le eccellenze calabresi che potrebbero offrire un aiuto determinante a superare la criticità del commissariamento, il ristabilimento dei conti (ma senza azzeramento del debito diventa una missione impossibile) e affrontare con la dovuta competenza la sfida della seconda ondata della pandemia. Sono numerose le personalità che hanno dato la propria disponibilità per una squadra che affianchi e aiuti il futuro Commissario con le competenze necessarie: a cominciare dall’ex presidente della Regione Pino Nisticò, scienziato e farmacologo di fama internazionale, al prof. Franco Romeo, cardiochirurgo d’eccellenza al Policlinico Tor Vergata (peraltro già chiamato dalla Giunta regionale a supportare le iniziative anticovid), il Rettore dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, Giovambattista De Sarro, per fare qualche nome che circola a Palazzo Chigi, senza contare l’opportunità di utilizzare l’esperienza manageriale del medico-manager Rubens Curia che conosce a fondo la situazione della snaità calabrese

Il ministro delle Regioni Francesco Boccia, ieri in Calabria per un sopralluogo a Crotone e delle aree del Crotonese devastate dalla furia del maltempo, non ha fatto previsioni sul futuro Commissario ad Acta, ma ha concordato sulla necessità di riattivare prima possibile i tanti ospedali dismessi della regione. (rrm)

Il Premier Conte: Cotticelli va sostituito immediatamente, «voglio firmare il decreto già nelle prossime ore»

«Il Commissario per la Sanità in Calabria, Saverio Cotticelli, va sostituito con effetto immediato» ha dichiarato il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte su twitter, annunciando che «anche se il processo di nomina del nuovo commissario prevede un percorso molto articolato, voglio firmare il decreto già nelle prossime ore».

«I calabresi – ha aggiunto – meritano un nuovo commissario pienamente capace di affrontare la complessa e impegnativa sfida della sanità». (rrm)

Calabria Zona rossa: l’on. Cannizzaro vuole impugnare il Dpcm di ieri

Dopo la dichiarazione in diretta del premier Conte dell’istituzione della Zona rossa per la Calabria, il deputato reggino Francesco Cannizzaro si è immediatamente attivato per contestare e respingere il Dpcm di ieri sera chiedendo un intervento ad adiuvandum a tutti i Comuni calabresi, per impugnare il nuovo decreto.

«Calabresi, quella del Governo – ha scritto Cannizzaro – è senza ombra di dubbio una prevaricazione, davanti alla quale non possiamo restare inermi o aspettare che altri agiscano per noi. Dobbiamo reagire concretamente, non fare chiacchiere. Ritengo sia da ingenui subire ancora una volta i soprusi o le sviste di chi della nostra Regione si interessa solo quando c’è da commissariare o da applicare tagli. BASTA!

Per agire concretamente intendo usare tutti gli strumenti che sono nelle nostre possibilità per opporci, civilmente, a qualcosa che ci danneggerebbe  in modo irrimediabile. La mia proposta: muovere ricorso come Regione Calabria, impugnando il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e la collegata ordinanza del Ministro Speranza, chiedendo anche un intervento ad adiuvandum di tutti i Comuni calabresi.

Non è una proposta buttata lì, sta già prendendo corpo: in qualità di Deputato eletto in Calabria ho infatti già provveduto, nell’espletamento delle mie funzioni di Rappresentante dei cittadini calabresi, a mettermi in contatto con il Presidente f.f. della Regione, Nino Spirlì, spiegando e motivando la mia proposta volta alla presentazione di formale ricorso da parte della Regione.

In sede giurisdizionale vengono considerati in primo luogo i fatti, la completezza dell’istruttoria svolta e, non ultima, la ragionevolezza e proporzionalità della scelta operata. Un aspetto da tener presente infatti è che sul piatto della bilancia ci sono rischi sanitari che bisogna comparare non soltanto con lo spazio di libertà dei singoli ma anche con altri rischi, come appunto quelli di tenuta sociale ed economica di un territorio. L’assenza di una congrua valutazione degli elementi disponibili rende fragile una determinazione che non tiene conto di tutti i dati tecnici. In questo quadro vanno considerati due fattori: il primo importantissimo, è costituito dai dati specifici del contesto territoriale, il secondo dalla comparazione statistica con i mesi scorsi.

La giurisprudenza in materia ha già in passato chiarito che per fronteggiare un rischio non necessariamente la misura più congrua è quella più restrittiva. Pertanto, appare essenziale la verifica della modulazione dei rimedi.

Decisioni come quelle che ci hanno appena colpiti dobbiamo combatterle, con dignità e competenza, valori che hanno sempre contraddistinto la Nostra amata Calabria.

In assenza di un corretto confronto Stato-Regioni, non resta che ricorrere urgentemente alla via giurisdizionale per tutelare gli interessi dei cittadini, delle imprese e delle famiglie calabresi» (rp).

«ADDIO PRESIDENTE JOLE, GIÀ CI MANCHI»
IL COMMOVENTE TRIBUTO DEI CALABRESI

di MARIA CRISTINA GULLÍ – Se si interroga Google su Jole Santelli, i risultati sono incredibili: 4.480.000. Ieri erano già 248mila appena si era sparsa la voce della prematura scomparsa della Presidente della Regione Calabria, ma oggi ha raggiunto numeri che solo i grandi eventi o i grandi personaggi riescono a raccogliere. E Jole Santelli è comunque un personaggio che, dal cielo, si sarà commossa a vedere le tantissime manifestazioni di affetto e quanta commozione ha saputo suscitare tra i calabresi.

Non la conoscevano ancora a fondo, i calabresi, né la presidente Jole aveva avuto il tempo di portare avanti la strategia di crescita e sviluppo che aveva in mente: sognava una Calabria a colori, ma il destino – crudele quanto spesso bizzarro – non gliel’ha permesso: è stata proclamata presidente il 15 febbraio di quest’anno, esattamente dopo otto mesi il suo sogno di trasformare la Calabria si è infranto nella lotta impari con un male inesorabile.

Erano tantissimi, pur nel rispetto (difficoltoso, per la verità, vista la folla) i cosentini che già nelle prime ore del pomeriggio hanno cominciato a raccogliersi vicino alla Chiesa di San Nicola a Cosenza, per testimoniare un autentico dolore e un affetto che, in realtà, superava l’ambito cittadino. I cosentini adoravano Jole, ma per la verità intorno alla chiesa c’erano tanti calabresi – anonimi spettatori – giunti da ogni parte della Calabria col solo desiderio di rendere un tributo alla Presidente. E il lungo, sentito, applauso che ha accompagnato il feretro all’uscita dalla chiesa indica che la sua scomparsa ha lasciato non solo sbigottiti i calabresi, ma li ha fatti sentire come orfani di una quasi-mamma che s’era presa il compito di crescere e allevare nella legalità e nel rispetto sociale i suoi quasi-figli. Ci credeva la presidente Jole nel suo ruolo e, soprattutto, nella possibilità di dare un brusco cambio di rotta all’inamovibilità delle cose calabresi. Là dove era mancata la volontà politica, pensava e contava di poter dimostrare che con il concorso di tutti si possono cambiare le cose.

Alla cerimonia privata, per dire visto che è stato come un funerale di Stato, ha preso parte il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ieri mattina era a Bruxelles ed è arrivato a Lamezia per esser presente alle esequie. Accanto a lui altre autorità dello Stato:  la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, il vicepresidente della Camera Ettore Rosato, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani, il capogruppo di Forza Italia al Senato Annamaria Bernini, Maurizio Gasparri, il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, l’ex presidente della Regione Pino Nisticò (amico personale di lunga data della Santelli), Renata Polverini e numerosi esponenti politici. Il feretro è stato portato a spalla dagli assessori regionali dentro la chiesa, dove ha officiato l’arcivescovo della Diocesi di Cosenza-Bisignano mons. Francesco Nolé, affiancato dal vescovo emerito di Cosenza mons. Salvatore Nunnari e dall’eparca di Lungo mons. Donato Oliverio.

Intensa l’omelia di mons. Nolé: «Quello che viviamo oggi – ha detto – è un momento di sconforto per la morte di Jole Santelli ma a noi fedeli non rimane che ringraziare questa persona per il bene che ha fatto durante la sua vita. Jole aveva come la sua famiglia forti radici religiose e ha servito la comunità con dedizione e passione. Ringraziamo il Signore per il lascito della testimonianza di dignità, di delicatezza, del coraggio con il quale ha affrontato il suo dolore. Jole è stata una donna intelligente, preparata e determinata che ho imparato ad apprezzare quando da sottosegretario alla giustizia impedì la chiusura del tribunale di Tursi. L’ultima volta che parlammo – ha detto ancora mons. Nolé – ho avuto la conferma di quanto amasse la sua terra, la sua città, con un’umiltà capace di accogliere e di comprendere chiunque si trovasse in diffcoltà. Con la sua elezione a Presidente si era accesa una luce rosa su questa nostra terra che dobbiamo tenere viva. Cosa ci lascia Jole come testamento e testimonianza di cui fare tesoro? La dignità, la riservatezza e la sua delicatezza, non cedendo mai alle provocazioni. Ma anche il coraggio con cui ha affrontato la malattia, non facendola mai pesare sul suo lavoro e sulla sua attività amministrativa. La malattia, diceva, ti fa conoscere la libertà e ti spinge a non avere paura più di niente».

«Jole – ha poi detto l‘arcivescovo Nolé – ha fatto un un miracolo, ha radunato qui tanti rappresentanti istituzionali». Dopo averli ringraziati per la partecipazione, l’arcivescovo ha rimarcato «che sia un incoraggiamento affinché la vostra presenza sia di speranza e di sostegno, che ci sia speranza, conforto, vicinanza. Ne abbiamo bisogno. Mancano gli educatori alla legalità, e forse anche noi dobbiamo fare mea culpa. Dobbiamo impegnarci tutti affinché questo stato di diritto possa far esprimere le tante belle potenzialità della Calabria. Dobbiamo farlo per dare speranza al futuro. È questo il miglior modo di onorare Jole».

Antonio Tajani ha voluto sottolineare l’impegno della presidente Jole: «Il suo sorriso la sera della vittoria, a Lamezia, era il sorriso non di chi aveva sconfitto un avversario, era il sorriso di chi poteva dedicare tutta se stessa alla propria terra. Una donna meridionale che vedeva il Sud del nostro Paese non come un problema o come un peso, ma come una risorsa per tutta l’Italia. Si era rivelata subito, come presidente della Regione, leader dell’Italia meridionale in questa fase di pandemia. Stava facendo benissimo il suo lavoro e credo che abbia concluso la sua vita felice di poter lavorare per la sua terra che rappresenta una straordinaria ricchezza per tutta l’Italia».

A Cosenza, durante i funerali, in piazza correva una sola voce: «Già ci manca», a testimonianza di un affetto tanto profondo quanto inaspettato per la prima presidente donna della Calabria.

Ieri alle 19 il feretro è stato portato a Germaneto, alla Cittadella regionale, dove oggi sarà aperta la camera ardente dalle 9 alle 15. Alla chiusura della camera ardente l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace mons. Vincenzo Bertolone, presidente della Conferenza episcopale calabrese, benedirà la salma. Ad accogliere il corteo funebre con il feretro della Santelli c’era, proietatta sul Palazzo della Cittadella, una grande immagine della presidente Jole. Sarebbero stati tantissimi i calabresi che avrebbero voluto dare un saluto alla presidente Jole, ma a causa dell’emergenza Covid, alla camera ardente saranno ammesse solo autorità civili e militari.

immagine Santelli Cittadella

A Roma, martedì prossimo, alla Festa del Cinema, la Santelli avrebbe dovuto presentare il cortometraggio di Gabriele Muccino Calabria Terra mia, da lei fortemente voluto, per «comunicare al mondo la bellezza della sua regione». È stato deciso di fare ugualmente la presentazione, con la partecipazione del regista Muccino e del commissario straordinario della Calabria Film Commission Giovanni Minoli – da lei chiamato appena un mese fa – per onorare la memoria della Presidente Jole, il cui ricordo – siamo certi – non svanirà tanto facilmente. (mcg)

Il video della Protezione Civile Calabria sull’arrivo della salma della Presidente Jole in Cittadella

Cannizzaro (FI): Conte troppo nervoso, noi contro ogni patrimoniale

Il deputato reggino Francesco Cannizzaro ha stigmatizzato in una nota «l’atteggiamento del premier Conte, che ha attaccato le opposizioni utilizzando la diretta a reti unificate senza consentire un contraddittorio».

«È fuori luogo – ha dichiarato – a prescindere dal merito dei contenuti. Se poi ci mettiamo anche che nel 2012 non c’era alcun governo di centrodestra, è completa la frittata che in nome del Presidente del Consiglio imbarazza tutto il Paese. Ovviamente anche l’opposizione in questo momento deve essere responsabile, e Forza Italia lo sta dimostrando, ma ieri il primo Ministro è sembrato particolarmente nervoso evidentemente per le difficoltà che sta riscontrando in Europa nel difendere gli interessi dell’Italia: dovrebbe spiegarci perché all’ordine del giorno gli Eurobond sono stati stralciati, mentre si sono fatti passi avanti importanti verso il MES come dichiarato dal Ministro dell’Economia Gualtieri (altro che “fake news”). Ed è evidente che per le attuali esigenze dell’Italia il MES è assolutamente inadeguato, mentre bisognerebbe insistere sugli Eurobond per fronteggiare la crisi».

«Noi, in ogni caso, – ha concluso il deputato azzurro – continueremo a lavorare in parlamento con proposte concrete, con la speranza che vengano accolte da quest’esecutivo affinché eviti derive vessatorie nei confronti dei cittadini (l’ipotesi della patrimoniale mette i brividi!) e sostenga in modo particolare le famiglie, le imprese e il mondo del lavoro: ancora nessuno ha ricevuto un centesimo, a fronte di grandi annunci, e siamo già a metà aprile». (rp)