L’IGNOBILE ACCISE AGGIUNTIVA SU BENZINA
CHE PAGHIAMO SOLTANTO NOI CALABRESI

di GIACINTO NANCIC’è un gran dibattito sul taglio, da parte del governo, degli sconti delle accise sulla benzina e sul suo conseguente aumento di prezzo. C’è una regione, la Calabria, che ha sulla benzina una accisa aggiuntiva che ha continuato a pagare anche negli anni passati (quando per le altre regioni erano scontate) infatti le paga fin dal 2009 (art. 2 comma 86 legge 191 del 2009) a causa dell’imposizione del piano di rientro sanitario cui è sottoposta fin da allora.

Adesso noi calabresi continuiamo a pagare sulla benzina accise aggiuntive alle altre per cui in Calabria la benzina costa di più. Ma, oltre alle accise sulla benzina, di tasse la Calabria, sempre a causa del piano di rientro, ne paga molte di più delle altre regioni. Noi calabresi paghiamo più ticket sulle prestazioni sanitarie, più Irpef e più Irap più tasse sulla tassa di circolazione etc…

Infatti un lavoratore calabrese con un imponibile di 20000 euro lordi paga, rispetto ad un lavoratore lombardo o piemontese, ben 408 euro di Irpef di più all’anno e sempre da 12 anni a questa parte. Un imprenditore calabrese con un imponibile lordo di un milione di euro paga, rispetto ad un imprenditore veneto e toscano, ben 10.700 euro in più.

Il tutto a causa della imposizione alla Calabria del piano di rientro sanitario nel dicembre 2009 per un presunto deficit della spesa sanitaria in quanto la Calabria spendeva più soldi per la sua sanità di quante ne riceveva nel riparto dei fondi sanitari alle regioni. Lo “sforamento” è dovuto al fatto che la Calabria è la regione che riceve da più di 20 anni per la sua sanità meno fondi pro capite delle altre regioni nonostante che nei suoi circa due milioni di abitanti ci sono ben 287000 malati cronici in più che in altri due milioni di altri italiani. Dato questo certificato, oltre che da tutti gli istituti che si interessano di statistica sanitaria, anche dal Dca n. 103 del lontano 30/09/2015 firmato dal commissario al piano di rientro sanitario calabrese ing. Scura e vidimato sia dal ministero dell’Economia che da quello della Salute, della serie tutti sanno.

Quindi alla regione con molti più malati cronici e quindi con una necessità di spesa maggiore, sono arrivati per tutti questi anni meno fondi in assoluto. Infine la Calabria sta pagando 30 milioni all’anno per 30 anni per un prestito di 424 milioni di euro, fatto alla Calabria dal Governo nel 2011, con un tasso di interesse del 5,89% che è un tasso che si avvicina a quello usuraio per questi tipi di prestiti che è del 6,34%, quindi il governo fa quasi l’usuraio nei confronti della Calabria.

Ed è per tutti questi motivi che i soldi non sono potuti bastare per curare i troppi malati cronici. Il piano di rientro sanitario ha peggiorato sia la salute dei calabresi che i conti della sua sanità. Infatti è facile comprendere che il malato cronico che non si può curare peggiora e poi per essere curato costa molto di più ed è per questo che dopo 12 anni di commissariamento il disavanzo non si è azzerato ma, quello annuo,  è raddoppiato nonostante il lunghissimo commissariamento (dal 2009) e nonostante che dal 2018 in Calabria sono state commissariate oltre la sanità regionale anche tutte e 5 le sue Asp e i tre ospedali principali: Annunziata di Cosenza, Pugliese di Catanzaro e Morelli di Reggio Calabria.

Ed è perfino triplicata la spesa annua dei calabresi per le cure fuori regione che è arrivata alla stratosferica cifra di 329 milioni di euro nel 2021. Anche un bambino si chiederebbe, a differenza dei governi nazionale e dei politici calabresi, come mai il deficit sanitario peggiora nonostante dodici anni di commissariamento totale di tutta la sanità calabrese e nonostante la super tassazione cui i calabresi sono sottoposti per ripianare il presunto deficit sanitario.

È evidente che la causa del presunto deficit è la sproporzione tra il sottofinanziamento a fronte di un alto numero di malati cronici per cui l’unica soluzione sarebbe quella di finanziare le sanità regionali non più come fatto fino ad adesso ma in base alla numerosità delle malattie presenti in ogni regione. Oggi sappiamo quanto costa curare una patologia cronica per un anno, sappiamo quali e quante malattie croniche ci sono in ogni regione e sarebbe possibile finanziare le sanità regionali in base ai reali bisogni delle popolazioni. Tutto ciò e talmente vero che la Campania ha fatto ricorso al Tar proprio perché ritiene ingiusto l’attuale criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni e che la Conferenza Stato Regioni ha dovuto prenderne atto e programmare la modifica del riparto dei fondi per l’anno venturo.

È, quindi, l’occasione perché si faccia un riparto che vada incontro ai reali bisogni dei malati e non riproporre quella parziale modifica (basata sulla “deprivazione” che continua a penalizzare la Calabria) fatta solo nel 2017 che ha modificato, ma solo pochissimo, l’attuale ingiusto criterio di riparto. La Calabria deve richiedere un riparto in base alla numerosità delle malattie non altro.

Adesso o mai più, altrimenti il piano di rientro sanitario calabrese non avrà mai fine e continueremo a non poterci curare nonostante le molte tasse che paghiamo in più delle altre regioni. (gn)

[Giacinto Nanci è dell’Associazione Mediass – Medici di Famiglia Catanzaro]