SERVE L'IMPEGNO COMUNE DEL CONSIGLIO E DELLA GIUNTA REGIONALE E DI TUTTI GLI ESPONENTI DELLA CULTURA;
I Bronzi di Riace

I Bronzi di Riace, “Patrimonio dell’umanità”. Tutta la Calabria lo deve chiedere all’Unesco

di SANTO STRATI – La bianca sala incontaminata, ad atmosfera controllata, che ospita i Bronzi di Riace e Porticello al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria offre una magia dirompente: chi ci entra rimane abbagliato e rapito dalla maestosa presenza dei “guerrieri” rinvenuti in fondo al mare di Riace, il 16 agosto di 47 anni fa. Esprimono la bellezza, la forza, il senso della classicità, la testimonianza più suggestiva della millenaria civiltà magnogreca. Hanno i Bronzi una vitale carica che magnetizza in modo unico il visitatore: ci si sente “piccoli” di fronte a questi capolavori dell’umanità, si diviene gradevolmente sudditi del loro fascino straordinario, partecipi e complici del loro mistero. Quell’aura che li rende ancora più affascinanti, per come sono arrivati a noi, dopo 2500 anni, perfetti nella minuzia dei dettagli che lo scultore ha saputo affidare allo sguardo del tempo. I quattro bronzi (c’è anche la cosiddetta testa di Basilea e quella del filosofo rinvenute nelle acque di Porticello, ugualmente meravigliosi esempi della scultura classica che lasciano senza fiato) dunque, meritano ampiamente il riconoscimento di “patrimonio dell’umanità” dell’Unesco, perché la loro casa, unica e inamovibile dimora, diventi uno dei siti che il mondo intero deve imparare ad apprezzare e desiderare di ammirare.

Fino ad oggi ci sono stati timidi tentativi neanche presi in considerazione dai nostri governanti regionali: adesso la direzione del MArRC, il Museo dei Bronzi, sta nuovamente studiando l’avvio delle procedure per proporre la candidatura Unesco, ma serve un comune, serio, impegno perché quest’ipotesi possa trasformarsi in una splendida realtà, orgoglio dei calabresi. I Bronzi, re o guerrieri che rappresentino, realizzati ad Argo, quasi certamente da uno dei più grandi scultori del V secolo avanti Cristo, Pitagora di Reggio, (“recensito” da Senocrate, il primo critico d’arte della cultura magnogreca e da Plinio il Vecchio), sono patrimonio di tutti i calabresi e di tutta l’Italia. Quest’italia che già conta già 54 siti “patrimonio dell’Umanità”, che rappresentano un’attrazione straordinaria per turisti e visitatori di tutto il mondo.

«C’è da tenere presente – sottolinea Patrizia Nardi, esperta in valorizzazione culturale e candidature Unesco, nonché responsabile nazionale del Comitato scientifico ICOMOS per il patrimonio immateriale – che è addirittura più importante il percorso della candidatura dell’obiettivo stesso: esso equivale al coinvolgimento da parte del soggetto proponente (in questo caso Il Museo dei Bronzi) di tutto il territorio, degli attori istituzionali (Regione, Province, Città Metropolitana), e di tutta la comunità culturale e intellettuale, ma anche dei semplici cittadini».

Questo percorso – dice la dott.ssa Nardi – diventerebbe, nel caso specifico, portatore di una grande attenzione sulle ricchezze del nostro territorio: «Noi calabresi non abbiamo consapevolezza del nostro patrimonio culturale. E dei Bronzi persino i calabresi conoscono poco o nulla, i più sanno solo che sono stati rinvenuti nel mare di Riace da cui hanno preso il nome, figurarsi nel resto del mondo. Occorre pensare a un processo di valorizzazione che apra all’intera storia della Calabria. La candidatura UNESCO significa chiedere anche un ruolo attoriale delle scuole per un approccio non occasionale della storia della Calabria, con il coinvolgimento dei ragazzi e dei giovani calabresi che, il più delle volte, nulla sanno della propria terra. Per questo la candidatura va sostenuta da tutta la comunità».

Quindi l’iniziativa deve, dunque, prendere consistenza immediata perché il percorso di candidatura diventi piattaforma di confronto con il coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali. «Non è una cosa semplice – avverte Patrizia Nardi – però la preparazione della candidatura significa aggregare interessi comuni (e in Calabria è difficilissimo, ndr) ed equivale a focalizzare aspetti trascurati della valorizzazione del bene su cui si richiede il “sigillo” UNESCO. Ci sono molte convenzioni cui fare riferimento nel proporre la candidatura sui Bronzi, che sono comunque già patrimonio dell’umanità perché rappresentano un simbolo di civiltà e di cultura del Mediterraneo anche grazie alla loro bellezza incomparabile. La candidatura UNESCO non è un esercizio di stile. Diventare patrimonio UNESCO significa l’assunzione di maggiore responsabilità dei protagonisti istituzionali per la salvaguardia del bene protetto, il che significa incremento di iniziative per la promozione e la loro tutela.

La reputazione dei Bronzi è elevata, ma ancora modesta rispetto alla reale potenzialità e la loro notorietà è appena percepita nel mondo: sui Bronzi deve essere avviato un importante e strategico processo di comunicazione e di marketing territoriale che faccia da attrattore mondiale per la Calabria. Sono le uniche testimonianze bronzee, a figura intera, fra i cinque bronzi più conosciuti al mondo dell’età ellenistica, che l’Italia può vantare. Il museo sta registrando quasi duemila presenze al giorno, ne potrebbe avere dieci volte tanto, se non ci fossero gli ostacoli relativi a mancanza di ricettività, disorganizzazione territoriale, difficoltà nei collegamenti. I turisti possono arrivare, arriveranno, ma bisogna offrire loro accoglienza, ricettività, soluzioni di mobilità.

Serve, dunque un impegno comune: il Consiglio regionale, la Giunta regionale, la Città Metropolitana di Reggio, le altre province calabresi, le forze politiche, i rappresentanti della cultura, l’Università, il mondo dell’Istruzione, tutti insomma devono affiancare il Museo dei Bronzi e spingere per una candidatura che difficilmente potrebbe venire respinta. La procedura non è semplice, ma i Bronzi hanno un fascino che conquista chiunque.

Il Bronzo A

E, per favore, smettiamola con le stupide questioni di territorialità sollevate da qualcuno. Quest’estate, come avviene frequentemente, non sono mancate le abituali polemiche agostane sul presunto “esilio” dei Bronzi a Reggio: ma quale esilio? Di cosa stiamo parlando? Sui Bronzi sono diventati tutti grandi esperti di archeologia, ma l’obiettivo – miserevole – è il tentativo di avere un po’ di notorietà. La Città di Reggio ha un patrimonio ineguagliabile di civiltà e di cultura e il suo Museo archeologico, progettato da Paolo Orsi, il precursore dell’archeologia in Italia, è la dimora ideale non solo per i quattro meravigliosi bronzi ma per tutta la eccezionale varietà di reperti che raccontano la Calabria dall’era neolitica ai bizantini, passando ovviamente per i fasti della Magna Grecia. I bronzi sono stati realizzati ad Argos, perché all’epoca era frequente ospitare le botteghe d’arte nei luoghi dove sarebbero poi state erette le statue, quasi certamente da un grandissimo scultore reggino (Pitagora, allievo della scuola di Clearco), poi sono finiti a Roma e il destino, beffardo, li ha riportati al mare della Magna Grecia. Il mare di Riace che appartiene alla Città metropolitana di Reggio, anzi di Reghion, la prima polis fondata nel 730 a.C., città simbolo fondata dai calcidesi (migranti ante littteram e non colonizzatori).

Il caldo, però, si sa, a volte dà alla testa e la voglia di apparire, cercando facile ospitalità sui giornali, può giocare brutti scherzi: finiamola con la storia di un “preteso” ritorno dei bronzi ai luoghi del rinvenimento e pensiamo all’UNESCO. Questo sì che è un argomento serio che dovrebbe trovare spazio sui media non solo locali, ma internazionali. (s)

Abbiamo sentito il parere del prof. Pasquale Amato, storico, tra i relatori dell’incontro Grecia, Magna Grecia Europa, che nei giorni scorsi ha “riletto” gli atti del convegno internazionale dello scorso settembre in una intensa e affascinante due giorni a Bova e Bova Marina. Ecco il video dell’intervista: