di GIORGIO NORDO – In un silenzio informativo assordante, senza che quasi nessuno ne parli, in queste settimane sta per consumarsi l’ennesimo scempio del sistema scolastico calabrese e non solo.
Tra poco più di un mese, la Regione Calabria, e più precisamente la sua Giunta, sarà chiamata a scegliere il destino di una costellazione di scuole dei nostri comuni, delle nostre città, dei nostri paesi. Istituti scolastici con storie, tradizioni e identità formative ben precise rischiano di essere travolti da una slavina legislativa che ancora una volta tiene lucidamente conto del soldo, della convenienza economica, del risparmio vero o presunto ma non ha alcun riguardo per gli interessi reali dei fruitori ultimi dei servizi che lo Stato (fintanto che possiamo ancora designarlo con la maiuscola) e gli altri enti statali devono invece garantire per tutti i cittadini.
Ma la Scuola, così come la Sanità, se possono davvero dirsi Pubbliche (ancora una volta con le iniziali maiuscole) sono gli unici due settori la cui virtuosità non deve misurarsi in termini di bilanci in attivo ma piuttosto sul numero di studenti formati con successo e di vite salvate. Non può essere solo una miserabile questione di conti, di tagli e di economie di scala per il semplice fatto che la Repubblica Italiana ha il dovere costituzionale di garantire il diritto alla salute così come quello alla formazione a qualunque costo e con l’unico obiettivo di salvaguardare gli interessi di tutti noi cittadini.
Ma tutte queste nobili enunciazioni di principi, riprese a gran voce in occasione di ogni tornata elettorale, indipendentemente dal colore di chi li pronuncia, stanno per essere palesemente smentite dai fatti.
Infatti, a meno che nei nostri governanti non prevalga al più presto “la ragione del cuore”, a meno che chi a parole sostiene di rispettare le identità locali non intervenga tempestivamente usando gli strumenti legislativi che pure esistono, già dal prossimo anno scolastico, sulle inconsapevoli teste dei nostri figli che frequentano le scuole di ogni ordine e grado potrebbe abbattersi l’abominevole spettro dell’accorpamento, una presenza maligna ed informe che si insinuerà nei corridoi, nelle segreterie e nelle aule delle nostre scuole elementari, medie e superiori, stravolgendone le peculiarità, sovvertendone le tradizioni, cancellandone l’autonomia, snaturandone i principi educativi, in altre parole uccidendone l’anima.
Potrebbe infatti accadere che una normativa asettica, ingiusta e calata dall’alto, iniziata con l’ultima legge di bilancio (legge 197 del 29 dicembre 2022), seguita dalle cosiddette “Linee Guida” delle varie Regioni ed infine culminata con la pubblicazione prodromica del decreto interministeriale n. 127 del 30 giugno 2023 costringa la maggior parte degli istituti scolastici che non raggiungeranno il limite – fissato a tavolino – di 1000 studenti ad accorparsi con altre scuole esclusivamente sulla base dei malintesi criteri del dimensionamento e della contiguità territoriale, ossia della semplice vicinanza in termini di distanza geografica, senza tenere in alcun conto, le diversità, le singolarità e le caratteristiche uniche che ciascun istituto possiede e che lo differenziano da tutti gli altri.
Se tutto ciò dovesse malauguratamente accadere, come si teme, già dal prossimo anno scolastico 2024/2025, significherebbe che molte delle nostre scuole si ritroverebbero ad essere assorbite, fagocitate da uno o più istituti e tutti quanti, mescolati in un unico calderone, perderebbero irreparabilmente quel prezioso ed irrinunciabile patrimonio fatto di diversità, autonomia e stili educativi costruito negli anni col contributo di dirigenti, docenti e studenti.
Se questo evento che molti rappresentano come ineluttabile, seppur catastrofico, dovesse davvero realizzarsi avremmo perso tutti.
Perderebbero i dirigenti scolastici restanti (i cosiddetti “non perdenti posto”) che sarebbero costretti a dover gestire contemporaneamente due o tre istituti differenti, a volte persino situati in comuni diversi ed a doversi confrontarsi con realtà “altre” che non hanno nulla a che vedere con la filosofia formativa ed i criteri organizzativi della loro scuola di origine.
Perderebbero i docenti, professori e maestre, che si troverebbero improvvisamente sballottati tra plessi diversi ad impartire lezioni con modalità estranee alle consuetudini maturate negli anni.
Perderebbero gli studenti e gli alunni ai quali verrebbero sottratti in un sol colpo alcuni dei loro insegnanti necessariamente trasferiti, le consuetudini delle abituali routine giornaliere, le metodologie didattiche ormai acquisite e, ultima – ma non meno importante – il senso di appartenenza alla propria scuola.
Perderemmo anche noi genitori che abbiamo scelto una scuola piuttosto che un’altra, un liceo piuttosto che un altro non per mere comodità logistiche ma perché sentivamo che quel luogo, quella scuola, con le sue caratteristiche grandi e piccole, con i suoi programmi aggiuntivi, con le proprie specificità esprimesse più di tanti altri quella filosofia di vita che tentiamo di trasmettere ai nostri figli. Sono scelte autonome e fatte a monte, le nostre, che rischiano di essere stravolte in un attimo da una anonima mano legislativa che pretende di subentrare mentre il processo formativo è in corso, dirottandone inevitabilmente lo scopo e la direzione, come se durante il volo di crociera di un aereo di linea, il pilota venisse improvvisamente ed irragionevolmente sostituito da un ammiraglio di marina.
Infine, perderebbe la Politica che si dimostrerebbe insensibile all’urlo di dolore di una intera, variegata e numerosissima comunità ed incapace nel fornire soluzioni legislative appropriate ed eque.
Scegliere una scuola per i nostri figli significa individuare, tra tante possibilità, una determinata offerta formativa, una precisa metodologia, un’idea di didattica e di apprendimento, in altri termini una filosofia educativa o, se si vuole, l’anima della scuola.
Il processo di “dimensionamento” che si andrebbe a configurare, farebbe si che molti istituti, tra cui il “Galilei-Pascoli”, una storica scuola di Reggio Calabria, da sempre fucina di innovazioni metodologiche e didattiche, costantemente aperta alle innovazioni, una scuola di alta qualità e di profonda inclusione, una scuola che ho a mio tempo frequentato e che adesso mi onoro di servire come Presidente del Consiglio d’Istituto, verrebbe accorpata ad uno o più istituti con storie e tradizioni differenti, diversamente configurati dal punto di vista didattico e organizzativo, perdendo di conseguenza autonomia e identità, invalidando così l’esplicita e ragionata scelta di indirizzo formativo precedentemente e consapevolmente espressa da noi genitori al momento dell’iscrizione, ledendo dunque il sacrosanto diritto alla libertà di scelta educativa previsto innanzitutto dall’art. 30 della Costituzione Italiana, nonché dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 secondo cui i genitori “hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli”, concetto poi riaffermato anche dalla Convenzione Europea del 1950, dall’Unesco nel 1966 ed infine dalla Comunità Europea nel 1984.
Tutto ciò però è ancora evitabile. Infatti, al momento in cui scriviamo è tuttora possibile che una corretta e avveduta lettura delle normative consenta di salvare questa ed altre scuole calabresi da tali acritici accorpamenti, atteso che la stessa Legge di Bilancio che si pretende di applicare per il dimensionamento scolastico prevede esplicitamente delle deroghe per i comuni a minoranza linguistica quali è appunto il Comune di Reggio Calabria. L’istituto “Galilei-Pascoli” è inoltre sede dell’unica sezione di Scuola in Ospedale della Provincia di Reggio Calabria, una realtà didattica specifica che si occupa dell’istruzione degli alunni ospedalizzati presso il Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria e le stesse Linee Guida della Regione Calabria in merito all’applicazione della suddetta Legge di Bilancio sottolineano l’importanza di tenere conto degli alunni con Bisogni Educativi Speciali (Bes) nell’eventuale costituzione di realtà autonome.
Per tanti e tali motivi, in rappresentanza della componente genitoriale del Consiglio d’Istituto della scuola “Galilei-Pascoli” ma, fermamente convinto di interpretare i sentimenti di tanti alunni, studenti, genitori e docenti, chiedo dunque che la nostra voce venga ascoltata e che la posizione di questo istituto, al pari di quello di altre scuole, venga vagliata attentamente dagli enti preposti (ossia il Comune di Reggio Calabria, la Città Metropolitana di Reggio Calabria ed infine la Giunta della Regione Calabria, quale decisore ultimo) alla luce delle normative qui brevemente richiamate, affinché tenendo conto della specificità linguistica del Comune di Reggio Calabria e delle peculiari esigenze degli studenti Bes della Scuola in Ospedale, si possa ottenere una giusta deroga all’acritico accorpamento in una realtà scolastica altra, mai scelta da noi genitori al momento dell’iscrizione.
Non vogliamo un trattamento di riguardo ma pretendiamo con la forza della ragione che il diritto costituzionale alla libertà di scelta educativa venga rispettato, che i diritti degli alunni con Bes vengano rispettati, che le specificità linguistiche vengano rispettate; pretendiamo insomma che non venga uccisa l’anima della nostra scuola. (gn)
(Giorgio Nord è presidente del consiglio d’istituto del “Galilei-Pascoli”)