Dal 1° agosto al 12 ottobre a San Lucido si terrà la quarta edizione del festival della fotografia contemporanea in Calabria.
Ideato e organizzato dall’Associazione Culturale Pensiero Paesaggio, con la direzione artistica di Anna Catalano, Fotografia Calabria Festival 2025 conferma il suo ruolo come piattaforma per riflettere sul contemporaneo attraverso la fotografia, intrecciando culture, generazioni e paesaggi.
Sostenuto da Strategia Fotografia 2024, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, e con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Festival si conferma tra gli appuntamenti più vivaci dedicati alla fotografia d’autore in Italia, grazie a una proposta curatoriale che intreccia ricerca visiva, educazione e respiro internazionale.
Tra le novità di quest’anno, si segnala l’attivazione della Residenza Singapore Exchange, in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia a Singapore e il DECK Photography Art Centre, che vedrà protagonista la fotografa Camilla Marrese, selezionata attraverso una open call per svolgere una residenza artistica a Singapore nel 2026. A conferma della sua vocazione pubblica e accessibile, il Festival introduce anche supporti tiflodidattici progettati dall’architetto Fabio Fornasari, in collaborazione con l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, per offrire un’esperienza inclusiva alle persone cieche e ipovedenti. Grande attenzione viene riservata anche alla formazione: nasce quest’anno Fotografia Calabria Festival Educational, con il supporto di Fondazione Deloitte, un programma nazionale rivolto alle scuole secondarie, la cui prima edizione ha coinvolto l’IIS S. Lopiano di Cetraro. La mostra realizzata dagli studenti sarà visibile all’interno del programma ufficiale del Festival.
L’edizione 2025 si sviluppa attorno a un tema profondo e aperto alla riflessione: “Radici comuni: luoghi”, che invita a interrogarsi sul legame tra gli spazi che attraversiamo e le radici – culturali, affettive, politiche – che ci legano ad essi. Come sottolinea Anna Catalano, direttrice artistica del Festival: “Ogni paesaggio, ogni edificio, ogni spazio urbano o rurale, anche quello che appare più banale o dimenticato, è radicato in una memoria che lo definisce. Le fotografie, in questo viaggio visivo, raccontano proprio queste radici comuni: quella connessione profonda che ci lega ai luoghi che abitiamo, ma anche a quelli che abbiamo perso, rimosso o che esistono solo nei nostri sogni e nelle nostre percezioni”. Le sedici mostre in programma per l’edizione 2025 di Fotografia Calabria Festival raccontano così luoghi reali e immaginati, territori attraversati dalla storia e dalla memoria, identità in movimento, legami familiari, appartenenze ritrovate o negate.
Ad aprire idealmente la riflessione sono due autrici che, da prospettive diverse, mettono in scena il legame tra memoria e identità: Marie Tomanova, con il progetto It Was Once My Universe, racconta il ritorno nella sua terra d’origine, in Repubblica Ceca, dopo anni vissuti negli Stati Uniti, dando forma a un dialogo fragile e potente tra ciò che è stato e ciò che si è diventati; mentre Lys Arango, in The River Ran Blank, indaga le trasformazioni delle Asturie post-industriali, documentando il passaggio da una civiltà mineraria a un futuro ancora incerto, tra riconversione ecologica e perdita delle radici sociali. Radici spezzate e territori feriti emergono con forza nei lavori di Mykhaylo Palinchak, che in Highlight documenta i luoghi dei crimini di guerra in Ucraina, e di Hashem Shakeri, che con Cast Out of Heaven mostra le città satellite sorte ai margini di Teheran, simboli di isolamento e promesse mancate. A questi si affiancano visioni più liriche e intimiste, come quella di Alessandro Mallamaci, che con Un luogo bello restituisce un ritratto affettivo della fiumara Sant’Agata e del paesaggio calabrese, e quella di Kazuaki Koseki, che in Summer Fairies racconta l’antico legame tra uomo e natura attraverso la luce effimera delle lucciole giapponesi.
Uno sguardo critico sul presente è invece quello di Alessandro Toscano, che in Overtourism ci mostra, attraverso un processo di elaborazione digitale, la relazione esistente tra identità storico-architettonica e le dinamiche del turismo globale in alcune delle principali città d’arte italiane. La Memoria delle Stazioni, progetto a cura di Archivio Luce, propone invece un atlante visivo costruito attraverso immagini d’archivio che ripercorrono la storia delle stazioni ferroviarie italiane: luoghi di passaggio e trasformazione, simboli di radici mobili, migrazioni e ritorni, che portano in superficie una memoria collettiva stratificata e spesso rimossa.
Memoria, territorio e identità si intrecciano anche nella mostra collettiva che raduna i progetti di Paul Gambin (Parlami d’Amore), che mescola paesaggio, suono e iconografia personale in una narrazione emozionale e stratificata, Jung Ui Lee, che in Urban Tattoo – This is Beautiful trasforma il caos visivo delle insegne commerciali coreane in segni di memoria collettiva e resilienza urbana, e Ciro Battiloro, che con Silence Is A Gift racconta con sguardo partecipe e profondo le dinamiche familiari e comunitarie in quartieri popolari del Sud Italia, restituendo la densità affettiva di luoghi spesso marginalizzati. Nell’altra collettiva in mostra al festival trovano spazio tre lavori accomunati da una sensibilità verso il corpo, la cura e le dinamiche trasformative che attraversano il paesaggio umano e naturale. Caring for our past di Chiara Negrello esplora la relazione intima e generativa tra l’autrice e la badante ucraina che ha assistito sua nonna, costruendo un racconto visivo fatto di convivenza, memoria e attenzione reciproca. Connessioni, di Sofia Pagliaro e Gaia Tognoni, nasce da un laboratorio con donne sopravvissute alla violenza e mette in scena immagini manipolate, intime, che restituiscono spazio e voce a soggettività in trasformazione. In Metamorphosis, Claudia Fuggetti rilegge invece il paesaggio naturale come corpo simbolico e vitale, capace di rigenerarsi di fronte alla crisi ecologica e antropocentrica.
Il percorso prosegue con una serie di sguardi che indagano forme di resistenza quotidiana, appartenenza comunitaria e tensione tra centro e margine, estendendo la riflessione sulle radici comuni anche alle geografie più fragili o dimenticate. Con I Licutiani, Andrea Salvucci entra in una comunità spontanea sulle rive del mare a Catania, dove un rituale quotidiano – il bagno collettivo – diventa espressione di appartenenza e resistenza. Un’attenzione simile ai margini attraversa anche lo sguardo di Melissa Peritore, che in Sementeryo racconta la vita quotidiana nelle comunità che abitano i cimiteri urbani di Manila, restituendo dignità a esistenze invisibili e marginalizzate.
Lo sguardo si spinge poi verso contesti geopolitici più ampi con Maja Nydal Eriksen, che in Awaiting The Bridge esplora l’identità sospesa dell’isola di Quemoy, al confine tra Taiwan e Cina, tracciando un racconto fatto di attese, confini e disconnessioni. A chiudere idealmente il percorso è Ashes of the Arabian’s Pearl di Valentin Joseph Valette, vincitore del Fotografia Calabria Festival Award 2025, concorso internazionale promosso dal Festival per sostenere giovani talenti emergenti. Il suo lavoro è un’indagine visiva sul Sultanato dell’Oman, dove resti architettonici, spazi urbani e vite migranti raccontano la memoria stratificata di un regno in transizione, tra nostalgia, mito e futuro.







