di VINCENZO VITALE – Interessante e coinvolgente iniziativa quella promossa dalla Fondazione Mediterranea in collaborazione con il Circolo di Società dal titolo “Reggio Calabria: immagini, storia, musica”.
L’incontro, dopo i saluti del presidente del Circolo dott. Giuseppe Franco, e del responsabile delle attività culturali, ing. Lucio Bonaccorsi, introdotto e moderato da me, medico pediatra e giornalista pubblicista nelle funzioni di presidente della Fondazione Mediterranea, si è articolato in un’attenta sbirciata al ricco archivio fotografico di Antonio Squillace, esperto in comunicazione e ideatore della manifestazione, e nell’ascolto di Pasquale Borruto, medico con l’hobby del teatro e delle ricerche storiche, su alcuni tratti salienti della storia reggina.
Per pressanti impegni in ordine alla sua attività pastorale extraprofessionale, il prof. Daniele Castrizio non ha potuto partecipare all’incontro.
Clou della serata la riscoperta di un brano musicale ingiustamente dimenticato che parla della Reggio Bella e Gentile dei primi anni Sessanta del trascorso secolo e della sua caratteristica identità. La canzone, composta nel 1963 e pubblicata nel 1964 dalla Curci Edizioni Musicali su etichetta Fonit, sottotitolata “Un ponte d’argento”, si chiama appunto “Reggio Calabria” ed è un inno allo Stretto, al mare, ai profumi degli agrumi, all’estate, all’amore sensuale.
In una delle caratteristiche notti estive reggine Domenico Modugno, impossibilitato a raggiungere il suo amore siciliano, stordito dallo scirocco e dagli odori dei nostri agrumeti, sogna che la sua amante gli venga incontro da Messina su di un ponte d’argento.
Dopo aver ascoltato l’originale, il pezzo, rivisitato da Patrik Legato nel 2015 e cantato da Nino Stellittano dei Kalavria, è stato riproposto dal vivo accompagnato da un video che ripropone l’identità reggina costruita su un imprescindibile rapporto con il mare dello Stretto e con la dirimpettaia Sicilia Orientale e Messina, sugli odori di zagara e bergamotto provenienti dai sui giardini, che una volta si addentravano anche nel tessuto urbano, e sulle calde notti estive.
Insieme ai Kalavria, si è potuta ascoltare una composizione musicale, “La mia città: Reggio Calabria”, ideata e scritta da Adriana Verardi, presente alla serata, nello stesso periodo in cui Modugno scriveva la sua “Reggio Calabria”. Oltre a quello di Adriana Varardi, vi sono stati gli interventi di Mons. Antonio Denisi e di Alberto Cafarelli.
Nella parte finale della serata l’intervento del dr. Eduardo Lamberti Castronuovo, presidente del Conservatorio Musicale “F. Cilea”, su alcuni fatti e personaggi che legano la storia moderna reggina alla grande musica italiana e sulla poetica Nicola Giunta, compianto stigmatizzatore del carattere reggino.
Le principali caratteristiche identitarie della città di Reggio Calabria risalgono al periodo della Magna Graecia e riecheggiano in due versi del poeta Ibico riportati nell’Antologia Palatina: “Io canto Reggio, estrema città dell’Italia marina, / che si abbevera sempre all’onda di Trinacria”.
I saluti e alcune considerazioni di chiusura del presidente del Circolo di Società dott. Giuseppe Franco hanno concluso la serata. (vv)