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Emigrazione italiana

Carè (PD): aiuti ai connazionali all’estero, forza trainante dell’economia

L’on. Nicola Carè (PD, circoscrizione estera), in una nota, sottolinea l’importanza che rivestono gli italiani all’estero e la necessità da parte delle istituzioni di prevedere gli adeguati provvedimenti a favore dei più svantaggiati, come previsto dalla sua proposta di legge depositata a fine marzo.

«Secondo il censimento del 2017 ed i dati pubblicati dall’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), – osserva l’on. Carè – la popolazione italiana residente oltre i confini nazionali ha raggiunto oltre 6 milioni: un trend migratorio in costante crescita a cui si contrappone un quadro nazionale in costante declino demografico.

I nostri connazionali all’estero sono una forza trainante determinante per l’economia del Paese, promuovendo il Sistema-Italia, stabilendo primati nei più svariati campi  e contribuendo, inoltre, ad inviare costantemente un ingente flusso di liquidità in valuta pregiata attraverso le rimesse. Compito delle Istituzioni è sì rilevare il potenziale e l’apporto da essi assicurato,  sostenendolo ed incentivandolo, ma altresì  ricordarsi dei concittadini in stato di bisogno. Dall’osservazione di  tali circostanze, parti costitutive di ogni mandato parlamentare, nasce la mia proposta di legge n. 1712, dal titolo ‘Disposizioni in materia di corresponsione dell’assegno sociale ai cittadini italiani residenti all’estero’, presentata il 28 marzo, per l’estensione della sua erogazione a favore di tutti coloro che ne presentino i requisiti.

«Da sempre la storia della emigrazione italiana ha affascinato intere generazioni, per la sua complessità e le mille sfaccettature. Tanti italiani hanno realizzato i propri sogni, si sono inseriti perfettamente nel nuovo mondo che li accoglieva: con sacrifici ed impegno hanno creato floride aziende e costruito un avvenire radioso per sé ed i propri figli,  conferendo prestigio al Paese. Altri, invece, nonostante sacrifici, costanza e fatiche si sono scontrati con oggettive difficoltà e, dopo anni di duro lavoro, non hanno avuto la possibilità di raggiungere il benessere agognato e crearsi un’adeguata copertura previdenziale, per affrontare con serenità la terza età.

«Spesso, in molti si sono trovati a risiedere in paesi privi di accordi bilaterali con il nostro:  hanno subito discriminazioni lavorative e sociali. La creazione di un adeguato sistema previdenziale per le fasce di popolazione più deboli, è la conseguenza di un periodo storico, principalmente legato agli anni Sessanta, in cui tanto doveva ancora compiersi in materia di diritti civili. L’Unione Europea appariva ancora in divenire e molti provvedimenti erano affidati ai singolo stati: concertazione e collaborazione a livello internazionale erano lontane da raggiungersi. Il problema è spesso stato ignorato e per molti anni nulla è stato fatto, nonostante le proteste e gli inviti giungessero da più fronti.

«La nostra Costituzione – afferma Carè – supporta la necessità di garantire ai cittadini italiani un’esistenza libera e dignitosa: essa può raggiungersi solo attraverso opportuni mezzi di sostentamento. Questa proposta di legge è un imperativo categorico: un obiettivo della buona politica per sostentare le fasce di popolazione più fragili.  Un essenziale principio di civiltà democratica è dunque introdurre quanto prima questo emolumento sociale minimo, estendendolo ai cittadini italiani residenti all’estero che ne posseggano i requisiti. In un quadro economico e sociale globale, in cui si coopera affinché siano garantiti i diritti inviolabili ed essenziali di tutti gli esseri umani, prescindendo da cittadinanza e territorio, è impensabile ignorare i bisogni primari della propria popolazione.

«Gli artt. 2, 3, 35 e 38 della Costituzione garantiscono libertà e uguaglianza: tutta la nostra Carta Costituzionale, in realtà, è pregna dei principi di solidarietà e collaborazione. L’uguaglianza sostanziale è conditio sine qua non dell’operato del legislatore: è, pertanto, doveroso consentire una assistenza previdenziale più vasta. L’assegno sociale così come sancito dalla legge 21 luglio 1965 n. 903, privo degli opportuni cambiamenti dettati dalle esigenze dei tempi, priverebbe la normativa della sua stessa ratio». (rp)