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CONDOFURI (RC) – Le ninfe raccontate dal Gruppo archeologico Valle dell’Amendolea

Il culto delle Ninfe nell’antichità e la privatizzazione dell’acqua ai giorni nostri, questo il tema dell’iniziativa del Gruppo archeologico Valle dell’Amendolea.

«Viviamo in un territorio ricco di testimonianze della presenza dell’uomo in tutte le epoche, a partire dalle più remote età dette preistoriche – scrivono in una nota – Il clima culturale della nostra odierna società non tende però a creare legami emotivi tra l’umanità e il suo passato, basa il concetto di conoscenza sull’innovazione tecnologica incessante e la nostra attuale condizione interiore non accoglie il tempo lungo e pieno di meandri della storia: è schiacciata piuttosto sul presente e sull’utile immediato, gli orizzonti chiusi di un immiserito homo oeconomicus».

«La nostra iniziativa del 30 luglio – continua il gruppo – fondata sulla ricostruzione e sulla riproposta di un antico rito di passaggio dell’universo femminile (curata sul piano scientifico dall’archeologa Francesca Pizzi e per la parte logistica dal nostro presidente Francesco Manglaviti), cerca di affacciarsi sul culto delle Ninfe, e sulla ritualità e i risvolti socio-antropologici collegati a questo aspetto della religiosità greca. Se non istituiamo di nuovo una catena di memorie e di informazioni storiche non capiremo mai le pagine di Corrado Alvaro sulla religione dell’acqua dei calabresi e ci sembrerà soltanto manifestazione di primitiva arretratezza la divinizzazione della natura attestata proprio in quest’area nella cultura rurale di qualche decennio fa. Intendiamo anche insieme ai partecipanti riflettere sulla boria degli umani dei giorni nostri, artificializzati e illusi di trovare rifugio e trincea contro il mondo esterno nel chiuso dei loro “autosufficienti” appartamenti, mentre hanno smesso di curare le relazioni con gli elementi della natura pensandosi interdipendenti, come avevano fatto in precedenza tutte le culture apparse sulla faccia della Terra. E il risultato pratico della dismissione è sotto gli occhi di tutti: l’acqua non è più nell’immaginario collettivo bene comune materiale e spirituale, fondamento dell’appartenenza a un territorio e manifestazione del mondo soprannaturale; è diventata merce quotata in borsa, fonte di profitto per pochi affaristi nonostante la vittoria nel 2011 della volontà di chi aveva promosso un referendum per escludere la privatizzazione del servizio idrico. Proprio l’Aspromonte ha subito un cataclisma ecologico con la costruzione della scellerata diga del Menta, che ha rubato l’acqua delle zone joniche per servire la città di Reggio Calabria, sovraffollata e dissipatrice di risorse. Vi invitiamo allora: per le ragioni culturali dell’incontro e per cominciare a costruire insieme un’altra idea del mondo, che possa consegnare un Pianeta vivibile alle generazioni che verranno». (rrc)