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Ecotur prosegue con la presentazione della Riviera dei Cedri che è la sesta tappa del Giro d'Italia

Ecotur prosegue con la presentazione della Riviera dei Cedri che è la sesta tappa del Giro d’Italia

Fervono i preparativi per la sesta tappa del Giro d’Italia che, domani, sarà la sesta tappa del Giro d’Italia, giunta alla 105esima edizione.

E, proprio a Scalea, fervono i preparativi per tutte le iniziative di contorno alla tappa, proprio come nel caso di Giroland. Si tratta del villaggio commerciale che l’organizzazione della Corsa Rosa allestisce in prossimità di ogni arrivo di  tappa. Un’area pensata per migliorare l’esperienza degli appassionati e all’interno della quale si trovano spazi dedicati alla storia e ai simboli del Giro d’Italia, attività di intrattenimento e di engagement. Qui sarà possibile ammirare il Trofeo senza Fine del Giro 100 e le Maglie Rosa storiche, conoscere le tappe fondamentali degli anni scorsi, interagire con contenuti video e audio e cimentarsi con il Giro d’Italia Virtual.

Non è da meno Ecotur che prosegue con la sua strategia di comunicazione e promozione della Riviera dei Cedri attraverso la diffusione, nel web, di cartoline idealmente spedite da ogni località del territorio per aumentare la conoscenza di centri rivieraschi e collinari di questo splendido angolo di Calabria e che sta riscuotendo successo.

Questa volta, tocca a Santa Maria del Cedro, Verbicaro, Grisolia e Maierà.

Santa Maria del Cedro richiama nel nome la produzione del cedro, che la fa essere esclusiva capitale mondiale del prezioso agrume. Recente è il suo sviluppo sul litorale come centro balneare. Nella frazione di San Bartolo di Marcellina sorge l’antica Laos, città da ritenersi rifondazione italica dell’antico centro un tempo sibarita della metà del IV secolo a.C. Qui si può visitare il Parco Archeologico, e ammirare i resti del sistema viario della città, di alcune costruzioni dei quartieri artigianali e della zecca, oltre al piccolo ma ben allestito Antiquarium. Spostandosi in località Abatemarco si potrà ammirare la splendida valle dell’omonimo fiume che conserva i ruderi del castello feudale di San Michele, dell’abbazia e dell’arcata di acquedotto.

Il cedro, che viene utilizzato per la produzione di liquori, canditi, bevande e profumi, è ancora oggi alla base dell’economia di molte famiglie locali. Centrale, in tal senso, l’attività svolta dal Consorzio del Cedro di Calabria e dell’Accademia del Cedro. Da segnalare infine il carcere dell’Impresa, oggi Palazzo Marino, antico edificio del 1500 originariamente opificio per la raffinazione della canna da zucchero, oggi completamente ristrutturato e sede del Museo del Cedro.

Verbicaro, terra di mulini e frantoi, si offre alla visita con le sue architetture tipiche del borgo agricolo pastorale d’impianto medievale, adagiato su una roccia e sviluppatosi per sfuggire alle incursioni dei Saraceni. Affascinante soprattutto l’impianto urbano del quartiere Bonifanti, con i suoi vicoli stretti, le scale appese e le abitazioni in gran parte di un solo e angusto vano. Il borgo potrebbe essere sorto in epoca medioevale-barbarica. Inizialmente era un castello circondato da alte mura. Sono molte le attrattive che questo luogo riserva al visitatore, la Chiesa di Santa Maria del Rito, la Chiesa di San Francesco di Paola, la Chiesa della Madonna del Carmine, la Chiesa Madre di Santa Maria del Piano.

La Chiesa di Santa Maria Assunta è la Matrice di Verbicaro. Si trova nel centro storico ai piedi del rione Bonifanti. Fu edificata nel XV secolo ed ha subito interventi di rimaneggiamento nel 1883, 1924 e 1974. Il palazzo feudale costruito sulla pianta dell’antico castello, il museo della civiltà contadina e la chiesetta della Madonna della Neve con i suoi affreschi del 1300-1500. Il centro è famoso nel campo enologico per il suo vino Doc e per il suo moscato bianco. Molto caratteristica e assolutamente da non perdere la visita ai numerosi “catuvi”. In passato l’uva raccolta nei vigneti veniva trasportata per mezzo di asini e muli nei “parmienti” dove avveniva la spremitura dei grappoli, effettuata con i piedi scalzi.

Il mosto ottenuto veniva trasportato all’interno di otri ricavati con pelli di capra e depositato, appunto, nei catuvi, in botti di legno dove avveniva la fermentazione. L’attesa durava fino all’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione, data in cui tradizionalmente veniva assaggiato il nuovo vino e che ancora oggi viene chiamata festa di “perciavutti”. Suggestiva la processione figurativa del Giovedì Santo quando, verso mezzanotte, si ripete il rito pagano dei “Battenti’, persone devote che si autoflaggellano a sangue percorrendo le vie del paese.

Grisolia è uno dei paesi più antichi dell’area dell’Alto Tirreno Cosentino. L’antico nome, Chriseora, probabilmente deriva dal greco Chrousuolea o dal latino Chrisena, entrambi richiamano l’oro e sono riferibili alla fertilità del terreno o, come alcuni sostengono, a qualche miniera d’oro, o ancora a qualche pepita trovata nell’antichità. Il primo nucleo abitativo è di origine basiliana agli inizi del IX secolo. Fu feudo di numerose famiglie fino all’età napoleonica. Il comune di Grisolia si estende in aperta collina, all’interno del Parco Nazionale del Pollino fino al Mar Tirreno, abbracciando in pieno il binomio mare-monti. Nel territorio c’è una particolarità: la presenza della vetta del monte La Mula, posta oltre quota 1900 metri sul livello del mare: è la più alta raggiunta da un comune italiano con sbocco a mare.

Il centro storico è arroccato su un dirupo che si affaccia sul profondo vallone del torrente Vaccuta. Il borgo, situato a circa 500 metri sul livello del mare, ha avuto origine attorno al convento basiliano di San Nicola al tempo del conflitto tra Longobardi e Bizantini. L’interno di Grisolia è un intrico di vicoli, scale, archi e supporti. I vicoli sono innumerevoli e diversi tra loro per larghezza e lunghezza. Una caratteristica dell’architettura del centro storico è il supporto, in gergo: “U spuortu”. Il nome indica tratti coperti del centro antico, nati dalla necessità di costruire le abitazioni, anche per motivi di difesa, attaccate l’una all’altra con una certa continuità e unite da archi in funzione statica ed estetica.

Molto interessanti, sul piano storico-architettonico, sono il Santuario di San Rocco (anno Mille), la Chiesa di Sant’Antonio dedicata al Santo patrono del paese, che risale al XIV secolo. la Chiesa di Santa Sofia e la Chiesa di San Leonardo con i resti di affreschi bizantineggianti. Il maestoso Palazzo Ducale del XV secolo oggi ospita il museo Etnografico.

Il territorio del paese di Maierà conserva nei toponimi il ricordo di antichi insediamenti greci e latini. Molti studiosi locali vedono tracce di vita protostorica per la presenza di numerose grotte sparse nel comune. La posizione, lungo la direttrice Jonio-Tirreno, serve a fare conoscere la zona prima agli Ausoni e agli Enotri, poi ai Greci e ai Romani e, infine, ai monaci Basiliani che danno vita al casale bizantino di Santa Maria o M’rà (che vuol dire grotta). L’abitato di Maierà si trova in una posizione suggestiva, costruito su uno spuntone roccioso. Il paese si presenta arroccato introno all’antico castello che dall’alto sovrasta il Mar Tirreno e i ruderi dell’antica Cirella di Diamante. Sul lato monte è quasi possibile stringere idealmente la mano ai vicini di Grisolia. Il centro storico è ricco di suggestivi vicoli e di sottopassi che sventrano le vecchie case costruite sulla nuda roccia. Le numerose chiese basiliane, spesso scavate nella pietra calcarea, ricordano i primi insediamenti bizantini. Il borgo ruota attorno al castello.

A Maierà c’è la strada panoramica che dalla piazzetta dove si apre la porta Terra conduce alla chiesa di Santa Maria del Piano e al palazzo Casella. Da qui si può ammirare, inoltre, il panorama del vallo in cui scorre il torrente Vaccuta. La Chiesa di Santa Maria del Piano è la matrice, il cui rifacimento risale al 1534 per volere di Alfonso di Loria che la ingrandisce e l’arricchisce di stucchi. L’edificio originario risulta essere stato realizzato all’epoca di Carlo I D’Angiò. La chiesa della Madonna del Carmine è stata costruita dai monaci basiliani. Oggi, dopo numerosi rimaneggiamenti, si presenta come una piccola chiesa di campagna alla quale si accede da tre gradini. Maierà ospita, unico al mondo, un Museo del Peperoncino. (rcs)