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Il Commento / Raffaele Malito: La Cgil, la Uil e lo sciopero fuori dalla realtà

di RAFFAELE MALITOOggi, uno sciopero generale fuori dalla realtà, sconsiderato, quasi un salto nel buio, che fa compiere al sindacato di Lama, di Trentin, di Cofferati un’avventura di proporzioni storiche. Ma Landini è il Landini che ha simpatizzato per la lista Ingroia, che ha contestato il green pass, che ha impresso una torsione populista al Sindacato cavalcando tutto ciò che è protesta nel gorgo di una scommessa massimalista, di chi punta al consenso, rischiando l’isolamento politico.

Rispetto al governo, alla stessa sinistra che, sia pure timidamente, ha fatto sentire il suo dissenso, alla Cisl che ha lanciato l’allarme per la rottura del clima di unità costruito negli ultimi mesi. In un solo colpo viene rovesciato e distrutto quel patrimonio unitario, che aveva riempito piazza San Giovanni, di un Sindacato in grado di parlare a tutto il Paese sui valori di fondo, come è stato, nel 1975, con il patto Lama-Agnelli contro la devastante inflazione, con la politica dei redditi di Trentin e di Cofferati, nel quadro di una visione degli interessi generali.

Uno sciopero, dunque, il cui presupposto è tutto politico, che ha a che fare con il malessere che c’è nel mondo del lavoro, la cui tenuta è un miracolo in una situazione resa fragile e dominata  dalla pandemia ancora non debellata. Ma è anche uno sciopero senza giustificazioni di merito contro un governo che ha fatto e sta facendo tanto, se non tantissimo, per le categorie e i settori  per i quali è stato proclamato lo sciopero generale: la conferma del reddito di cittadinanza ammodernato e corretto, la valenza dell’assegno unico per le famiglie meno abbienti, il taglio fiscale di sette miliardi destinato ai lavoratori e ai pensionati, le risorse ingenti per calmierare  e fronteggiare il caro bollette, i quattro miliardi di euro stanziati per la sanità, la riforma degli ammortizzatori sociali  con cui si rafforza, con una spesa prevista di 3 miliardi,  il sostegno a chi lavora per tempi brevi.

Mai, in tempi recenti, e, in condizioni economico-sociali così difficili, si è fatto tanto in termini di manovra espansiva. E, poi, per quel che ci riguarda, da calabresi e meridionali, per la prima volta  ci sono  misure e investimenti destinati a riunire le due Italie: il 55% delle risorse europee saranno utilizzate, nel Mezzogiorno, per il sistema educativo e civile, per scuole nuove, mense, palestre,  per quello sanitario, aprendo alla possibilità di ammodernare le strutture ospedaliere,  quelle viarie, ferroviarie. Tutto questo è nel piano dei ripartizione delle risorse del Pnrr. 

Che tutto avvenga e i programmi siano realizzati dipende dalla sola, eccezionale congiuntura politica – e, direi, storica, se lo sguardo si allarga a quella europea e internazionale- di avere come, capo del nostro Governo, un uomo come Mario Draghi. Così  siamo di fronte a una scelta miope, senza scrupoli, avventurista –  una termine forte, certo, ma ci sono tutti gli elementi per dirlo – di uno sciopero generale senza senso, al di fuori della realtà: per proseguire in questo cortocircuito, Landini, con la scelta gregaria di Bombardieri, decide di fare lo sciopero generale contro Draghi perché è stato messo in minoranza  sul contributo di solidarietà da parte di chi ha un reddito superiore ai 75 mila euro. Insomma è come se gli dicesse: “visto che non ce l’hai fatta ora ti sistemo io.”                                                                                    

Uno sciopero a “prescindere”, come direbbe l’indimenticato Totò. Landini è venuto su con il mito arcaico della lotta di classe e con lo stereotipo  che si è guadagnato girando, a voce alta, nei talk show. Fino al punto di farsi incastrare in questo ruolo di oppositore  a tutti i costi ma solo perché il governo ha fatto- e sta facendo- buone cose per i lavoratori, ma con la colpa di averlo fatto senza che fosse lui a suggerirlo.                                                                                                                               

Ma c’è il rischio che la grande chiamata alla lotta sia recepita da un magma indistinto di scontenti, no vax compresi, e vari, nuovi “patrioti”. Un vero, incredibile paradosso per un sindacato   che ne ha pagato gli effetti con la devastazione della sua sede. (rm)