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Il discorso integrale del Presidente Mattarella a Pizzo Calabro per l’inaugurazione dell’anno scolastico

Rivolgo un saluto di grande cordialità a tutti i presenti, un ringraziamento alla bella scuola che ci ospita e un saluto all’intera Pizzo Calabro.

Ringrazio molto il Ministro per quanto ci ha detto nel suo intervento.

Ringrazio Flavio Insinna e Andrea Delogu, che così brillantemente ci hanno accompagnato e guidato in questo nostro incontro.

Ringrazio la Rai per la preziosa collaborazione.

Vorrei salutare e ringraziare gli artisti che hanno reso più bello e coinvolgente questo nostro incontro: per tutti rivolgo un saluto a Massimo Ranieri.

Un saluto e un ringraziamento agli atleti che ci hanno donato la loro presenza. Tra gli Olimpici e i Paralimpici presenti abbiamo visto il nuoto, la vela, il tiro, l’atletica. Per tutti rivolgo un saluto a Marcell Jacobs e a Monica Contrafatto, perché quella staffetta dei cento piani delle Olimpiadi e quelle tre medaglie, d’oro, argento e bronzo, delle Paralimpiadi dei cento, sono state particolarmente trascinanti. Rivolgo un saluto a tutti loro ringraziandoli per essere venuti a dare la loro testimonianza ai ragazzi delle scuole.

Un saluto a Leonardo Spinazzola. Durante il suo splendido europeo, i suoi compagni di squadra lo chiamavano ‘Spina’. La chiamata per nome e cognome mi ricorda l’appello scolastico. Voglio ringraziarlo e apprezzare molto il fatto che lo vediamo in buona salute e pronto a riprendere.

Ringrazio molto e saluto i ragazzi che sono saliti sul palco, quelli delle scuole militari e quelli della scuola che hanno cantato l’Inno nazionale.

E ringrazio l’orchestra e il Direttore che ci hanno accompagnato in maniera straordinariamente positiva ed eccellente.

Oggi è un giorno speciale, allegro, di speranza, di impegno, per l’intero Paese. Come ogni anno, il primo giorno di scuola suscita festa e attesa.

Ma quest’anno a essere speciale è l’anno scolastico che comincia.

Voi, ragazze e ragazzi, tornate di nuovo tutti in aula, insieme ai vostri insegnanti. Dopo le tante sofferenze e le grandi limitazioni che la pandemia ci ha imposto, la ripartenza delle scuole a pieno regime è il segno più evidente della ripartenza dell’Italia.

Con le scuole riaperte si riallacciano i fili che si erano interrotti o che erano diventati più esili: certo, anzitutto lo studio, ma anche le relazioni, le amicizie, l’insieme di quelle esperienze così decisive nella vostra formazione. E questo trasmette energia a tutta la comunità nazionale.

La scuola è ossigeno per la società. Non riguarda soltanto voi che la frequentate. Il suo funzionamento è specchio di quello del Paese.

Abbiamo una scuola di valore. Grazie alla passione degli insegnanti, alla dedizione del personale, all’impegno di voi studenti.

Sappiamo che vi sono anche aspetti che devono essere migliorati. Soffriamo per ritardi antichi, per qualche inefficienza, per disparità e disuguaglianze.

Non mancano risorse e capacità per superarli. E per avere fiducia in noi stessi.

Ne abbiamo avuto prova in queste settimane, in cui si sono intensificati gli sforzi del Ministero, dei dirigenti scolastici, degli insegnanti per organizzare, in sicurezza, il buon avvio dell’anno scolastico.

Vi sono state assunzioni di insegnanti e di personale ATA, molte aule sono state adeguate per garantire migliori spazi interni, sono stati realizzati interventi strutturali e organizzativi. Le istituzioni ai diversi livelli hanno collaborato allo scopo di fornire i servizi essenziali ad assicurare il diritto allo studio.

Investimenti doverosi, che ora dovranno assumere continuità e prospettiva strategica con il Piano nazionale di resilienza e ripartenza. Le risorse impiegate per avere una scuola più moderna, per rendere più sicuri e funzionali gli edifici scolastici, per realizzarne di nuovi, per formare docenti preparati alle sfide di una società in trasformazione, sono l’investimento più intelligente e proficuo.

La scuola non è un capitolo accessorio, bensì è assolutamente centrale in un Piano di ripartenza. Le conoscenze e la cultura delle giovani generazioni costituiscono il volano migliore per il domani di tutti noi.

Sentiamo dire spesso che la crisi che abbiamo vissuto – e dalla quale contiamo di essere in via di uscita -sollecita cambiamento: diverrebbe un’espressione retorica, un’astrazione se non si affermassero impegni concreti, progetti adeguati, assunzioni di responsabilità.

La pandemia ha prodotto una condizione drammatica e dolorosa. Ha recato tanto dolore e lutti. Ancora conduce a morte ogni giorno decine di nostri concittadini. Ha frenato le nostre vite, le nostre attività. Ha creato ulteriori diseguaglianze. Ha creato povertà nuova. Ha ridotto opportunità. I giovani, i ragazzi, i bambini hanno pagato un prezzo molto alto.

Non dimenticheremo quanto è accaduto.

Non dobbiamo neppure perdere il ricordo delle esperienze positive che sono giunte dalla risposta sociale, collettiva, alla pandemia. Questa risposta ha preso forma dal nostro comune impegno, dalla generosità, dal coraggio, dal senso del dovere e della responsabilità che tanti hanno dimostrato. Il mondo della scuola è stato un esempio di passione civile e di solidarietà.

Rinunciare alla scuola in presenza è stato un sacrificio pesante e sofferto. E’ giusto riconoscere che, grazie al lavoro di insegnanti, all’impegno di presidi, e alla collaborazione di genitori, è stato possibile, con la didattica a distanza, assicurare, pur in condizioni spesso estremamente difficili, la continuità possibile nell’insegnamento. E la Dad ha contribuito, pur nella sua inevitabile incompletezza, a incrementare le conoscenze, a far crescere l’alfabetizzazione informatica nelle famiglie.

Nella scuola che riparte è bene dare continuità all’educazione digitale, favorendo l’integrazione dei nuovi strumenti nei programmi di studio.

La società ha bisogno di crescere nelle conoscenze digitali.

L’intera società, non soltanto alcuni suoi ambiti più o meno ristretti. Proprio la Dad ha evidenziato i divari di sviluppo tra le diverse aree del Paese. In alcuni territori, la rete non arriva o arriva male. Mediante le risorse messe a disposizione dall’Unione Europea si intende opportunamente correggere questa inaccettabile realtà.

Quando è comparso il virus, la scuola è stata la prima a dover chiudere le sue porte. Ora, grazie alle vaccinazioni e alle nuove misure di precauzione, questo non deve più accadere.

Abbandoni scolastici e impoverimento educativo, soprattutto nelle aree sociali già svantaggiate, si sono aggravati e rappresentano indubbiamente una pesante eredità di questa stagione.

Per affrontare con energia questo aspetto possono esserci d’aiuto lo spirito e la passione civile che hanno consentito di limitare le conseguenze negative delle successive chiusure. L’abbandono e il disimpegno di ragazzi è stato contenuto dall’ingegnosità e dalla determinazione di insegnanti che hanno sovente rincorso gli assenti, che li hanno cercati pure quando era difficile muoversi da casa, che hanno costruito collegamenti, spesso grazie anche alla generosa collaborazione e al senso di solidarietà dei compagni di classe.

Non sono rari i casi di giovani che hanno fatto da collettori di computer non più utilizzati, che li hanno mandati a riparare, per poi donarli a chi non ne aveva. L’espressione di questa solidarietà, la coscienza di appartenere a una comunità, di sentirsi responsabili gli uni degli altri, costituiscono un patrimonio prezioso da non disperdere, anzi da porre a frutto per il futuro e da far crescere ulteriormente.

A tante ragazze e tanti ragazzi la pandemia ha fatto comprendere il valore del “noi”. Li ha sollecitati a guardare oltre la propria individualità, a sentirsi parte di una comunità più grande, e questo nonostante i distanziamenti che frenavano i contatti personali.

La condizione di solitudine sperimentata da tanti ragazzi ha lasciato talvolta delle tracce: vanno cancellate recuperando il valore della vita sociale a scuola e altrove.

È incoraggiante e importante l’adesione dei giovani alla campagna vaccinale: numeri che speriamo diventino sempre più grandi. Non di rado in famiglia sono stati proprio i giovani a spiegare le buone ragioni dell’immunizzazione, a rompere gli indugi e a fare per primi il vaccino, anche quando i genitori tentennavano. Volevano uscire da casa i ragazzi, tornare con gli amici, e così hanno aiutato tutta la società.

Quando nascono grandi speranze sociali, i giovani sono protagonisti. Qualche volta le esprimono con radicalità.

Merita attenzione la grande partecipazione degli studenti alla campagna vaccinale: rivela da che parte sta il desiderio di libertà, di vivere appieno la propria vita con gli altri, rispettandoli, e dove invece prevale una visione regressiva.

Proprio il mondo della scuola, nel suo insieme, si è dimostrato un potente anti-virus. Ne è testimonianza il dato del 94% di vaccinati tra il personale docente e non docente. Quello che per l’intera società è un obiettivo, la scuola lo ha già raggiunto. E vuole andare più avanti, per la sicurezza di tutti. Ancor più doverosa nei luoghi dei bambini e dei ragazzi.

La scuola è l’argine più robusto ai comportamenti distruttivi; è luogo di formazione, promotore di solidarietà, di sapere diffuso, di etica civile.

A questo tende la scuola: a essere motore della trasformazione sociale.

Non ci sarà sviluppo sostenibile senza una scuola votata alla solidarietà e all’innovazione, capace di trasmettere intensamente cultura, in grado di accrescere sempre più il sapere dei ragazzi come garanzia della loro stessa libertà.

Non ci sarà crescita di opportunità, se i ragazzi che provengono da famiglie meno abbienti troveranno ostacoli sulla strada di una propria affermazione. La scuola deve saper curare le eccellenze, perché tanto possono dare alla società, ma la condizione per farle sorgere consiste nel rendere aperto a tutti l’accesso effettivo all’istruzione e alla cultura per permettere che emergano talenti che altrimenti resterebbero inespressi.

È scritto nella nostra Costituzione.

Si trova nella scuola il capitale umano necessario a una vera crescita. Economica e civile.

Sono la cultura, la responsabilità, la conoscenza, il metodo, le risorse di cui voi giovani avete bisogno per essere protagonisti in un tempo dove il mondo corre sempre più veloce e anche i lavori cambiano con una rapidità che mai la storia ha conosciuto.

Il valore sociale della scuola sta anche nell’essere irrinunciabile presidio di integrazione e di coesione. La scuola è alle fondamenta dell’unità del Paese. Insegna a essere italiani. Questo percorso accomuna tutti i ragazzi che frequentano i diversi cicli di studio: quelli che provengono da famiglie con radici antiche nelle nostre città e nei nostri borghi e i nuovi italiani che hanno imparato o stanno imparando la nostra lingua e condividono la nostra vita.

Le parole ‘integrazione’ e ‘coesione’ richiamano le istituzioni scolastiche a un dovere che la pandemia ha, se possibile, accresciuto nei confronti delle giovani e dei giovani portatori di una disabilità. I ragazzi con difficoltà e le loro famiglie hanno sofferto moltissimo in questi mesi. Vi sono ferite da rimarginare e sono certo che la scuola farà la sua parte.

La scuola è il primo luogo dove la società sperimenta concretamente che le diversità sono ricchezze, che il valore di una persona, di ogni singola persona, è un bene a cui la comunità non deve rinunciare. Si è molto operato per incrementare il numero degli insegnanti di sostegno con più tempestive nomine. Ma tanto resta ancora da fare per colmare lacune e rimuovere ostacoli.

Ci sono momenti in cui si avverte di trovarsi davanti a un bivio, nella necessità non solo di scegliere la strada giusta, ma anche di cambiare passo. Di andare più veloci.

Guardare l’esuberanza dei nostri ragazzi, specchiarsi nella loro speranza, trasmette coraggio agli insegnanti, alle famiglie, a tutti noi.

Celebrando i settantacinque anni della Repubblica ho ricordato che siete voi, ragazze e ragazzi, che avete il compito e la responsabilità di scrivere la nostra storia, di essere i costruttori del nostro futuro. Nella scuola troverete gli strumenti per farlo.

Sarà un anno speciale.

Buon anno scolastico!