L'ANALISI DI MIMMO NUNNARI E L'APPELLO ALLE ISTITUZIONI A FARE FRONTE COMUNE SUL SETTORE;
Roberto Occhiuto in visita a una struttura ospedaliera

LA SANITÀ MALATA: I TAGLI DEL GOVERNO
PENALIZZANO ANCORA DI PIÙ I CALABRESI

di MIMMO NUNNARISe nasci in provincia di Treviso la speranza di vita è 84,1 anni, se nasci in provincia di Crotone devi accontentarti di 80,8 anni, e poco cambia nelle altre province calabresi, o a Messina ed Enna, in Sicilia, dove la speranza è vivere qualche mese in più rispetto ai calabresi, per arrivare a 81 anni tondi. E’ chiaro che sono statistiche tanto poi, in ogni angolo del mondo, c’è chi arriva a cent’anni con tutti i denti sani e c’è chi muore giovane, pure negli Stati o nelle città metropoli dove ci sono presidi sanitari all’avanguardia e in grado di fare diagnosi precise, garantendo le migliori terapie possibili, per curarsi.

Questa è la vita e vivere, o morire, non dipende certo da noi. Ma dietro quei circa quattro anni di vita persi tra Treviso e Crotone, tra il Nord e il Sud, c’è la questione grave è intollerabile della disuguaglianza nella sanità, che non è come l’Alta velocità ferroviaria, o l’Autostrada, o l’economia, perché nella sanità la differenza è tra la vita o la morte, piuttosto che nell’arrivare prima o dopo viaggiando su una ferrovia moderna, che anche quello è comunque un divario intollerabile.

A incidere sull’aspettativa di vita, e non poco, è  il servizio sanitario nettamente più carente a Sud, dove, pure, l’alimentazione e il clima giocano a favore della longevità, che poi è invece minacciata dalla disuguaglianza. Il tema sanità in questi giorni è sotto la lente d’ingrandimento della politica, o almeno di quel che resta di questa lente, dato che ormai si guarda di più a cose futili, perdendo tempo prezioso in conflitti e litigi. Il Governo – chiaramente in affanno – taglia i fondi per la Sanità, quando invece ci sarebbe bisogno di maggiori risorse, quantomeno per poter raggiungere gli stessi livelli d’investimento dei maggiori paesi europei, e per aumentare gli stipendi di medici e infermieri, che ormai scappano verso il privato o all’estero.

Quel galantuomo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che le cose le percepisce come farebbe un buon padre di famiglia ha avvertito: «Il servizio sanitario del nostro Paese è un patrimonio prezioso da difendere e adeguare». Cioè, altro che tagli. C’è da difendere un servizio che è assolutamente insostituibile e prezioso, per la salute pubblica e quella di ognuno di noi. Fondato nel 1978, con ministro della Sanità Tina Anselmi (prima donna ad essere nominata ministro in Italia) è diventato in pochi anni uno dei migliori sistemi al mondo,  in grado di assicurare un eccellente livello di assistenza sanitaria per tutti, ricchi e poveri. Ma questo servizio, in questi ultimi anni, ha subito un lento ma continuo declino, a cui non è estraneo il passaggio di molte competenze dallo Stato alle Regioni, che in alcuni casi lo hanno massacrato. Ora i tempi sono quelli che sono e la situazione è quella che è.

Il Governo, che ancora ha molte competenze in materia di sanità e soprattutto il compito di vigilare, non sembra all’altezza della situazione, che è grave, soprattutto nella Regioni del Sud, Calabria in primo piano: regione dove spese inutili e corruzione hanno compiuto danni irreversibili. Ma quali che siano le responsabilità, sullo scempio della Sanità e sui colpevoli, che non è che è emerso molto in verità, neppure dalle poche, timide, inchieste giudiziarie che ci sono state, c’è poco da scherzare, o continuare a sottacere sulla qualità e sui livelli essenziali di assistenza che sono un diritto dei cittadini, e sono quelli che provocano la differenza insopportabile sull’aspettativa di vita differenziata tra Nord e Sud.

Qualcuno ha fatto una battuta, dicendo che percorrendo l’autostrada da Nord a Sud, tracciata dagli ultimi dati Istat sulla sanità pubblica, si vede che anche sul tema della salute ci sono ritardi e si viaggia a due o più velocità. E se il premio Nobel 2015 per l’economia Angus Deaton, dice da sempre che la disuguaglianza nella sanità è la più intollerabile e avverte: «La vita di molte persone messe ai margini sta cadendo a pezzi, dobbiamo agire», l’Oms (l’Organizzazione mondiale per la Sanità) fa sapere: «Le disuguaglianze uccidono, su larga scala» e sarebbe un crimine non agire, per eliminare le disuguaglianze.

Ergo, in regioni come la Calabria che si trova agli ultimi posti della graduatoria in quanto a qualità e offerta chi ha il dovere di fare e non fa, commette un crimine. L’impressione è che non ci sia consapevolezza sul grave possibile disastro che è alle porte, e mentre si lavora (in Calabria) sulle macerie del recente passato, si stenta a comprendere che serve un intervento rivoluzionario capace di sottrarre intanto la Sanità al sistema corruttivo e alle burocrazie parassitarie. Servono interventi agili e rapidi, serve attenzione e gratitudine a medici e personale sanitario, ma soprattutto serve controllo rigoroso nella regione delle doppie fatturazioni e dei bilanci scritti su pizzini di carta, come nelle vecchie botteghe di alimentari di un tempo.

Forse il presidente della Giunta regionale Roberto Occhiuto ce la sta mettendo tutta, forse l’opposizione in Consiglio regionale qualche idea ce l’ha, di sicuro associazione volontarie, come Comunità competente presieduta da Rubens  Curia, stanno offrendo contributi fondamentali, sarebbe il caso dunque che si facesse fronte comune perché il sogno di una sanità uguale, efficace, efficiente, possa diventare realtà. Sarebbe il primo passo verso il cambiamento, nella regione che sembra abbia un destino pessimo, irreversibile, al quale però non ci si può, e non ci si deve, rassegnare. (mnu)