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Non dobbiamo rassegnarci ma tornare a sognare: L'appello di Mons. Savino

L’APPELLO / Mons. Francesco Savino: Schieratevi aspramente contro l’autonomia

di MONS. FRANCESCO SAVINO – Carissime e carissimi tutti e tutte,

Quest’anno ho voluto iniziare il mio augurio per questa Santa Pasqua con una di quelle domande scomode che il mio conterraneo ed amico sincero, il Venerabile don Tonino Bello, amava rivolgere agli uomini ed alle donne che, come voi, si impegnavano in politica. Il mio intento non è quello di scoraggiarvi o di entrare a gamba tesa nelle vostre scelte politiche ma quello di provocarvi in senso etimologico. Lo faccio perché come don Tonino, non sopporto più l’idea di quegli auguri innocenti, formali, calendarizzati ed a scadenza.

Lo faccio perché sento che ora è urgente riflettere su queste esasperate tensioni che la nostra terra sta vivendo in un silenzio doloroso ed incredibile.

Proprio io che sono l’uomo del “credo”, della fede disinteressata e forte, mi riscopro non credente rispetto alla scelleratezza di certe azioni umane. Non ci credo davvero che le quote di speranza che ciascuno e ciascuna di voi portate nel cuore si stiano esaurendo al punto da rendervi politicamente “malaticci e consumati”, pronti ad aderire a qualsiasi scelta politica calata dall’alto e a tradire il centro del vostro impegno che è, sempre, la persona. Mi perdonerete se vi dico che state tradendo… il sogno di Isaia! Il sogno di Isaia è il vostro stesso sogno, quello dei vostri figli, dei vostri nipoti, della vostra gente.

“Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra” (Is 2,1-5).

La guerra che la nostra terra sta vivendo non è fatta di armi e bombe ma è più subdola e silenziosa ed è fatta di scelte e non scelte, di dimenticanze e di indifferenze, che stanno marginalizzando gli ultimi.

Sono spaventato da questo imbarbarimento umano e culturale che avverto all’indomani di una vera e propria crisi umanitaria che è stata quella causata dal Covid-19. So bene che non esiste una politica cristiana ma solo un modo cristiano di fare politica ed a questo mi appello e vi chiedo di appellarvi.

Il conto alla rovescia è scaduto e serve davvero prendere con coraggio il timone di questa “nave senza nocchiere in gran tempesta” per cercare di risollevare le sorti dei nostri paesi.

Le urgenze che siete chiamati in prima persona a fronteggiare sono troppe, ne ho contezza. Vi chiedo di “starci”, di abitarle, di accoglierle.

Di sentirle come vostre irrequietezze, come qualcosa che vi toglie il sonno e vi fa vibrare i pensieri nella ricerca di soluzioni che guardino al bene comune. Per questa ragione vi chiedo di schierarvi aspramente contro quelle scelte che intendono tradire la giustizia sociale e l’equità.

Mi riferisco alla tanto dibattuta “secessione dei ricchi” o autonomia differenziata che di fatto recinta i sogni, le aspettative e le contaminazioni sociali, culturali, economiche ed umane per cui qualcuno prima di noi ha dato la vita, ha lasciato terra ed affetti, ha sacrificato l’appartenenza per il riscatto. Stiamo mettendo a rischio la nostra economia, il nostro lavoro, l’istruzione, la tutela della nostra salute. Stiamo mettendo a rischio la sacralità della Costituzione e, determinando una più ampia forbice di disuguaglianza, la stessa sacralità del Vangelo. Non si può lasciare che incomba un abisso tra i modelli d’eccellenza e modelli che arrancano a garantire livelli essenziali di prestazione.

Non esistono città, paesi e regioni di serie A e di serie B; crederlo rischia di ridurre tutto al caos del tifo, della disorganizzazione. Se le vostre voci, veri protagonisti del tessuto sociale nazionale, resteranno inascoltate, calerà il silenzio su tutte quelle realtà che danno forza alla società civile.

Di questo io ed i miei confratelli vescovi abbiamo lungamente discusso nel dibattito delle aree interne, proprio con la preghiera che fossero le realtà territoriali, quelle più periferiche e lontane dalle cronache, ad essere ascoltate.

Questo perché provvedimenti come quello dell’autonomia differenziata non tengono conto della povertà come condizione preesistente.

Eppure il Covid-19 avrebbe dovuto insegnarci proprio questo e cioè che per alcune persone la pandemia non ha significato l’avvento di uno stato di incertezza ma ne ha stigmatizzato la presenza.

“Le esperienze vissute dai gruppi vulnerabili sono definite da una forma di ingiustizia epistemica: il rifiuto della conoscenza della vita e della necessità che hanno i gruppi socialmente emarginati (…)”.

Lasciate che vi dica che l’autonomia differenziata è la madre di questa ingiustizia epistemica che vuole ridisegnare un’Italia spaccata dalla disparità sociale. Vi chiedo di avere a cuore sempre gli ultimi, di essere per loro e per tutta la gente, generosi fino alla follia.

Vi chiedo di battervi per tutti quei giovani che hanno perso l’incanto, la dignità e la speranza e che sono alla ricerca di un lavoro che possa significare la costruzione di una famiglia o di un futuro sereno tra le braccia della propria terra. Tenete a cuore le difficoltà della gente e la loro disperazione.

Accogliete gli stranieri e quelli che si sono estraniati da loro stessi lasciandosi assorbire dalla morsa del gioco d’azzardo o cadendo nell’inferno delle dipendenze. Abbiate la povertà come metodo ed i grandi principi sanciti dalla Carta Costituzionale come scopo, della vostra esistenza prima e del vostro agire politico poi.

Lavate i piedi al mondo, come i servi, obbedienti al servizio e come gli amanti, obbedienti all’amore.

In ultimo e non per ordine di importanza, curate gli ambienti che vivete. Rendeteli sostenibili ed abitabili, accoglienti e fecondi.

Abbiatene cura ed educate le vostre genti alla cura e alla salvaguardia della porzione di pianeta che abitano e per riflesso delle loro e delle vostre azioni, di tutto l’intero mondo. Accompagnateli nell’amore per gli animali, per le piante e per ogni specie vivente che abita, come noi, la nostra madre Terra.

Educhiamoli a prevenire ed evitare gli sprechi di acqua, di cibo, di risorse e di ricchezze. Educhiamoci ad essere quella bellezza che salverà il mondo.

Solo così avrete accolto Dio. Solo così avrete fatto memoria della Pasqua. Solo così avrete obbedito alla vostra vocazione.

“Se il Signore ti chiama a quella vocazione, fai politica. Ti farà soffrire, forse ti farà peccare, ma il Signore è con te. Chiedi perdono e vai avanti.

Ma non lasciamo che questa cultura dello scarto ci scarti tutti! Scarta anche il creato, perché il creato ogni giorno viene distrutto di più. Non dimenticare quella parola del beato Paolo VI: la politica è una delle forme più alte della carità”. (fs)

(Mons. Francesco Savino è arcivescovo di Cassano allo Ionio)