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Sabato si presenta il libro "L'inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini"

POLISTENA (RC) – Sabato si presenta il libro “L’inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini”

Sabato 3 febbraio, a Polistena, alle 18.15, nella Sala della Comunità “Luigi Monti”, sarà presentato il libro L’inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini. Stragi, Vaticano, DC: Quel che il poeta sapeva e perché fu ucciso di Simona Zecchi ed edito da Ponte delle Grazie.

L’evento rientra nell’ambito della rassegna culturale Senza memoria non c’è futuro, promossa dalla Fondazione Girolamo Tripodi.

Si parte con i saluti di Michelangelo Tripodi, presidente della Fondazione Tripodi. Interviene Giuseppe Auddino, insegnante e già senatore. Nel corso dell’evento, saranno proiettati slide e video a cura dell’autrice, presente all’incontro. Modera il giornalista Rai Michele Carlino.

A 45 anni dall’omicidio, con un pregevole lavoro di inchiesta, Simona Zecchi ha contribuito a riaprire di fatto il dibattito sul movente che condusse Pier Paolo Pasolini alla violenta morte in quel 2 novembre del 1975 e svela ciò che sin qui era rimasto celato.

Il libro L’inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini porta, a sostegno della tesi che sostiene, una vasta serie di documenti, testimonianze, carteggi, storie ed analisi nuove che indicano come l’espediente utilizzato per condurlo al massacro (le bobine di Salò sottratte nell’agosto del 1975 e da lui tenacemente ricercate) avesse il preciso intento di spegnere definitivamente la sua voce e ancor di più la ricerca della verità sulle stragi, su tutte la strage di Piazza Fontana (1969). L’autrice, dopo aver mostrato nel libro Pasolini, massacro di un Poeta, edito nel 2015 dallo stesso editore, come e da chi è stato ucciso l’intellettuale, cancellando per sempre la pista a sfondo sessuale riconosciuta dall’unico processo, ha qui ricucito le parti spezzate di una indagine che si scopre Pasolini stava svolgendo.

L’inchiesta spezzata…, dunque, ci accompagna fuori dal campetto di Ostia e dal «complotto» fine a sé stesso. È una indagine complessa e doppia, perché affronta sì il movente dell’omicidio ma ne sviluppa anche i contenuti, inoltrandosi nel territorio della strategia della tensione in modo inedito e inserendo al suo interno la figura del poeta-giornalista, per fare luce su ciò che ancora non si conosce dei motivi dell’omicidio del più lucido e profetico tra gli intellettuali italiani.

Infatti, emerge chiaramente che negli ultimi mesi della sua vita Pasolini indossa i panni dell’investigatore preferendoli a quelli dello scrittore per «ragioni pratiche», come scrisse già dal 1971, e arriva dritto al cuore politico e finanziario delle stragi: dove DC, Vaticano e Cia si incontrano.

La tesi di Zecchi è che Pasolini fu ucciso per ciò che sapeva, vittima di una vera congiura: l’autrice sottolinea come l’intellettuale avesse negli ultimi tempi abbandonato il linguaggio della poesia in favore di uno “giornalistico”, più pratico per indagare sulla strage di Piazza Fontana e sui responsabili di quel “piano di destabilizzazione atto a stabilizzare il Paese (verso una posizione centrista o autoritaria a seconda delle cordate che avrebbero prevalso)”.

Nel libro Zecchi cita anche il celebre “Cos’è questo golpe”, l’articolo uscito nel novembre del 1974 sul Corriere della Sera noto come “Io so”, nel quale Pasolini afferma di conoscere i responsabili delle stragi che colpirono l’Italia di quegli anni, a partire da Piazza Fontana, la “madre” di tutte le stragi.

In questo lavoro di inchiesta, Zecchi riparte dalle lettere (pubblicate per intero per la prima volta) scambiate, negli ultimi mesi della sua vita, da Pasolini con Giovanni Ventura, neofascista ed editore accusato insieme ad altri della strage di Piazza Fontana, che voleva inviargli dei documenti con rivelazioni “scottanti”. Da lì, l’autrice ricostruisce un puzzle dalle tinte fosche e sulla base di incontri, ricerche, studi e riflessioni, svela collegamenti, fa nomi e cognomi: dall’accerchiamento del poeta da parte delle frange estremiste di destra alla rivelazione del nome del politico di cui Pasolini avrebbe potuto scrivere se non fosse stato ucciso (Mariano Rumor, presidente del consiglio in carica quando ci fu la strage di Piazza Fontana), dai “lavori sporchi” dell’Anello (“un super-servizio segreto occulto dipendente direttamente dalla Presidenza del Consiglio”, scrive) retto da Giulio Andreotti alle connessioni tra strategia della tensione e mondo culturale, dalle origini dei finanziamenti delle stragi al ruolo del Vaticano, della Cia e delle mafie a sostegno dell’eversione nera. (rrc)