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Il vescovo Parisi ha presieduto la Messa alla vigilia della Festa della Madonna di Fatima

SOVERIA – Il vescovo Parisi ha presieduto la Messa alla vigilia della Festa della Madonna di Fatima

«La grandezza di Maria sta nella sua umiltà, nel suo servizio ad essere davvero alleata del Signore, Serva del Signore». Così il Vescovo, monsignor Serafino Parisi, presiedendo la Santa Messa nel Santuario Diocesano Nostra Signora di Fatima in Soveria Mannelli, alla presenza di numerosi fedeli e dei sindaci del Reventino.

«La Vergine di Nazareth, Maria, la Madre del Signore che con il suo sì ha consegnato la sua vita alla volontà di Dio – ha aggiunto monsignor Parisi alla vigilia della festa della Madonna di Fatima – , ha dato la possibilità al Verbo Eterno, a Gesù Cristo, di entrare nella nostra carne umana, dentro la nostra vita. Questa è la grandezza di Maria: mettere a disposizione la propria vita perché si potesse compiere la volontà di bene, di redenzione, di amore e di salvezza di Dio». 

Poi, proprio partendo dal sì incondizionato di Maria alla proposta di Dio, il Vescovo ha sottolineato che punti centrali perché una comunità possa crescere sono: offerta, servizio e disponibilità al Signore. Quindi, facendo riferimento alla prima lettura tratta dal libro del profeta Daniele, ha fatto notare come questo libro sia una sorta di «passaggio tra una visione profetica della storia ad una visione che viene chiamata apocalittica, potremmo dire avveniristica, cioè la prospettiva del futuro della storia». 

«Noi credenti – ha proseguito il Vescovo – siamo chiamati, proprio in forza del principio della resurrezione, a leggere, ad interpretare la realtà umana, sociale, nella quale viviamo, con il potere che ognuno di noi ha all’interno della storia. Quando, poi, si parla del potere, non si parla di concentrazione dentro una sola persona di tutto ciò che possa manovrare e determinare, a volte anche negativamente, la vita e la storia dell’altro. Il potere è la capacità di mettersi a disposizione dell’altro, è quella forza che è la capacità di fare in modo che il dono della mia vita, la consegna della mia esistenza, l’abbandono della mia abituale professione possa essere messa totalmente al servizio della crescita della collettività. Perché il vero dramma, la negazione del potere, altro non è che l’orientamento alla visione del singolo ed all’imprigionamento nell’attimo fuggente del presente».

«Il potere – ha proseguito monsignor Parisi – altro non è che il superamento dell’individualismo, il superamento della misura dentro i nostri ristretti confini individuali per fare in modo che tutta l’umanità con il sacrificio del mio tempo, con l’impiego della mia professionalità, con le condizioni della mia storia, anche della mia fede, possa essere orientata verso questo fine che è un regno stabile, un regno che possa essere davvero contemplato, vissuto da tutti, condiviso. Questo ci ha detto l’immagine del Figlio dell’Uomo che nel libro di Daniele viene presentato come la soluzione di colui che scende dentro la storia. Non rimane in alto, non rimane rinchiuso, non rimane isolato, ma scende dentro la storia e, condividendo la storia dell’umanità, la orienta verso la realizzazione piena, definitiva del suo destino che è la realizzazione dell’opera tenera, graziosa e misericordiosa di Dio che si chiama salvezza totale, piena, integrale dell’umanità».

Il Vescovo ha poi parlato della sincronia delle differenze grazie alla quale, «le particolarità, le singolarità vengono messe a servizio di tutta la comunità”  come, ad esempio, avviene con la musica dove “ognuno si esprime con le proprie capacità, intensità ed alla fine si realizza insieme una grande sinfonia”. Da qui, l’invito ad “avere gli stessi sentimenti gli uni per gli altri. Soffrire con chi soffre – ha aggiunto monsignor Parisi –. Ma, soprattutto, gioire con chi gioisce. Quando c’è una situazione di sofferenza siamo anche disposti a soffrire con l’altro, ma quando l’altro gioisce, a volte, è quasi come se ci dispiacesse e non riusciamo a farlo».

«Per cui è più difficile gioire della gioia dell’altro. Però, quando noi riusciamo a gioire della gioia dell’altro, abbiamo raggiunto davvero l’espressione piena della vita comunitaria condivisa».

Infine, partendo dalla seconda lettura del giorno «programma di vita di noi credenti», il Pastore della Chiesa lametina ha sollecitato tutti ad operare sempre liberi, “cercando di essere sempre in pace con tutti. Ecco il principio della resurrezione – ha concluso –: vincete con il bene. Quando entriamo nella storia, una volta che l’abbiamo letta, interpretata, e ci mettiamo al servizio di questa storia, il nostro servizio deve essere quello di vincere davvero il male con il bene perché, non solo la sofferenza, ma soprattutto la gioia sia condivisa e la gioia dell’altro possa essere motivo della mia gioia. Ed io lo auguro a tutti». (smg)