CATANZARO: MIGRANTI, ACCOGLIENZA E SOLIDARIETÀ, UN BEL CONVEGNO

12 settembre – Vasta eco ha avuto il convegno “Storie Migranti Accoglienza e Solidarietà: valori calabresi” che si è svolto ieri a Catanzaro nell’ambito della rassegna “Settembre al parco” in programma fino al 21 settembre al Parco della biodiversità mediterranea di Catanzaro. Tra i partecipanti, come ospite d’onore, il sindaco di Riace Mimmo Lucano. L’incontro, che si è svolto al Musmi (Museo Storico Militare), è stato introdotto da Rosetta Alberto, direttore del Musmi e moderato dal giornalista calabrese Luciano Regolo, condirettore di Famiglia Cristiana. È intervenuto anche il presidente della Regione Mario Oliverio.
Parlando del sindaco Lucano, Oliverio ha detto: «Lucano è una persona, un calabrese, che non solo ha fatto una scelta di campo: quella della civiltà ma ha costruito un modello di accoglienza e di integrazione che ha consentito di rivitalizzare un borgo e di creare lavoro per la comunità residente. Un modello alternativo a quello basato sulle paure e che spinge sulle limitazioni delle libertà». Oliverio nel sottolineare che le competenze sull’immigrazione sono del Ministero ha poi affermato che «la Regione non deve rimanere chiusa nelle gabbie delle competenze. Ritengo che Riace è la Calabria nelle sue viscere. La Calabria che non si gira dall’altra parte di fronte alle miserie del mondo perché l’ha vissuta sulla propria pelle l’esperienza dell’allontanamento. Mi sono schierato con Lucano anche perché ritengo che le istituzioni abbiamo l’obbligo di trasmettere il rispetto dell’altro e la solidarietà verso chi vive situazioni di disumanità».
Il presidente è anche tornato sull’argomento della mancata messa in onda della fiction su Mimmo Lucano da parte della Rai: «È stato impedito che Riace potesse andare in onda perchè avrebbe consentito a milioni di persone di poter essere informate e di poter verificare direttamente il valore di Riace. Il modello Riace – ha rimarcato ancora il presidente Oliverio – va sostenuto perché rappresenta un modello di civiltà per il quale bisogna battersi. E partendo da questa esperienza la sinistra deve avere il coraggio di recuperare la bussola dei valori e rappresentarli come idea di società. Come il vento non si può fermare con le mani – ha dichiarato infine Oliverio -, il fenomeno dell’immigrazione non si può fermare con i respingimenti».
Il convegno al Musmi era  dedicato all’accoglienza e all’integrazione dei migranti all’insegna di una Calabria che accoglie e fa della diversità una risorsa. E in tal senso il sindaco Lucano ha esordito affermando che «L’esperienza di Riace fa emergere l’anima antica e nuova della Calabria, di questa terra che deve essere legata a un senso spontaneo di sensibilità, perché non si può fare campagna elettorale sull’opposto della natura umana. L’accoglienza, e soprattutto l’integrazione, per noi ha rappresentato la possibilità del futuro per la comunità di Riace. Quanti arrivano da noi sono esseri umani e Riace è la prova concreta che è possibile affrontare il fenomeno dell’immigrazione con una dimensione umana».

Oliverio al convegno sui migranti di "Settembre al Parco": "le istituzioni abbiano l'obbligo di trasmettere il rispetto dell'altro"
L’intervento del condirettore di Famiglia Cristiana, il giornalista calabrese Luciano Regolo. Alla sua destra il Presidente della Provincia di Catanzaro Enzo Bruno e il presidente della Regione Oliverio. Ultimo a sinistra, nella foto, il sindaco Mimmo Lucano.

Lucano poi, rispondendo ad una domanda sulla sospensione della fiction Rai, ha evidenziato che «probabilmente milioni di italiani e di persone all’estero che avrebbero visto la serie televisiva avrebbero capito che se la convivenza di diverse culture è stata possibile in un territorio limite quale Riace, con tutti i suoi problemi di abbandono, declino demografico e rassegnazione sociale, sarebbe stata possibile ovunque. Il messaggio della fiction sarebbe stato controcorrente rispetto a quello che oggi sta accadendo in Italia, dove addirittura – ha rilevato il sindaco – si crea il consenso politico spingendo sempre più verso la civiltà della barbarie. Noi abbiamo costruito un laboratorio politico di scambi e la rivendicazione – afferma Lucano riferendosi alle vicende giudiziarie che lo hanno coinvolto portandolo anche ad uno sciopero della fame –  non è stata solo economica ma principalmente contro l’occultamento di questa esperienza. E in un contesto di solitudine – ha infine dichiarato il sindaco Lucano – aver conosciuto il presidente Oliverio, che mi ha ascoltato e ha scelto di stare vicino a me, ma soprattutto vicino agli ultimi, mi ha dato la forza di andare avanti per non far finire questa esperienza legata al sentimento di umanità che tutti i calabresi possediamo».
I lavori del convegno sono stati introdotti dal presidente della Provincia Enzo Bruno: «Attraverso questa manifestazione – ha detto Bruno – diamo voce ai valori della vera Calabria. La rassegna, affidata alla direzione artistica di Massimo Fotino, in sette giorni vivrà decine di spettacoli, opere teatrali, grandi concerti dibattiti. E lo facciamo nonostante le grandi difficoltà economiche che oggi vivono le Province. Per questo devo ringraziare in particolare la Giunta regionale e il presidente Oliverio che ha puntato su Catanzaro capoluogo della Calabria e ci ha consentito di mantenere a questi livelli il Parco della Biodiversità, uno dei parchi più belli d’Italia».
Al convegno sono intervenuti anche il direttore del Corriere della Calabria Paolo Pollichieni il quale ha sostenuto che «il modello Lucano mette in difficoltà il business dell’accoglienza. Se ci fosse un reato di ingenuità Mimmo sarebbe condannato all’ergastolo. Non è ancora cosciente del casino che ha combinato»; il Presidente dell’associazione Gutenberg Armando Vitale secondo cui «la scuola deve creare un clima che sollevi il problema di cosa è il fenomeno dell’immigrazione per difendere i diritti di civiltà della nostra Europa. Serve una grande mobilitazione politica, civile, ideale»”.  (rcz)

L’ACCORATO APPELLO DI ANTONINO DE MASI AL “CORRIERE DELLA CALABRIA”

8 settembre – L’imprenditore Antonino de Masi ha affidato al “Corriere della Calabria” un amaro sfogo e un vibrante appello sulla situazione sempre più drammatica in cui sta finendo la Calabria, una terra che il coraggioso imprenditore antimafia della Piana ama incondizionatamente. È un messaggio che tutti i calabresi devono conoscere e, magari, condividere. È un messaggio accorato, ma racchiude qualche speranza: «La nostra rabbia – dice De Masi – diventi la nostra risorsa per dare un futuro ai nostri figli, in questa magnifica terra».

«Quale autunno ci dobbiamo aspettare, quante e quali foglie cadranno? Foglie che metaforicamente sono rappresentate dalle speranze di un territorio e della sua gente. Certamente la nostra regione ha già perso, temo definitamente, quelle foglie rappresentate dai giovani costretti ad andare via. Quanti ragazzi pieni di speranze hanno lasciato e stanno lasciando questa terra? tantissimi, troppi. Assieme ad essi abbiamo perso anche quel poco di speranza che rimaneva nella crescita, nello sviluppo e nel lavoro.
Abbiamo perso l’illusione delle tante promesse fatteci di grandi cambiamenti, di sogni, di prosperità.
Abbiamo perso la speranza di non vedere più morti ammazzati per le strade, di una terra affrancata dalla criminalità.
Abbiamo perso la speranza di essere uomini e donne libere dai potenti “padrini e padroni” che hanno ammazzato e distrutto questa terra.
Abbiamo perso la speranza di vivere in un luogo civile dove il “sistema paese” funzioni, dove vi sia una sanità che funzioni con un minimo di decenza, dove vi siano strade ed infrastrutture accettabili.
Abbiamo perso la speranza di avere una classe politica che abbia come unico scopo il bene collettivo e non certo quello delle proprie tasche o, peggio ancora, degli interessi di malfattori e criminali.
Queste sono alcune foglie che il tempo ha fatto cadere in modo irreversibile dall’albero della nostra terra.
Diversi critici hanno spesso descritto la Calabria come una terra persa, suscitando le contestazioni e lo sdegno di molti. Si è gridato all’offesa ed alla denigrazione di un territorio. Tanti pseudo intellettuali, ieri come oggi, hanno rappresentato la “fiaba” di una mafia buona con dei codici d’onore e quindi rispettabile, che rubava ai ricchi per dare ai poveri, ed una mafia nuova costituita da criminali. Si è cercato e si sta cercando di giustificare un fenomeno, distinguendo tra vecchio e nuovo, che ha alla base un unico elemento: essere organizzazioni barbare e criminali, in cui la sopraffazione e la violenza costituiscono il modo di agire.
Altro che nobili principi. Sono la criminalità e le sue organizzazioni che hanno rappresentato e rappresentano la causa principale dell’arretratezza culturale ed economica di questa terra. Come può un popolo sottomesso a tali organizzazioni essere libero di esprimersi, di agire e di creare prosperità per sé ed il prossimo? Come in contesti come questi si può esprimere un libero voto e quindi eleggere dei rappresentanti che rispondano ai bisogni reali di un popolo e di un territorio libero? La povertà – spesso anche morale – e la disperazione che ci circonda sono la drammatica risposta a queste domande.
La rassegnazione che ha portato ad una forma di omertà più o meno spinta, ed a volte a forme degenerate di collusione, ci ha progressivamente messo nelle condizioni di vivere ed accettare come normale “il male”.
Siamo purtroppo un popolo ed una terra persa, abbiamo perso la voglia di combattere, abbiamo perso l’orgoglio di essere calabresi, abbiamo perso la speranza. Ci siamo assuefatti ad essere “puzzolenti” portatori di male, ad essere trattati con disprezzo come “calabresi”.
Queste sono le foglie, le speranze, che sono volate via dall’albero della nostra vita.
Ci sarà mai una primavera interiore che possa far ricrescere quelle foglie?
Certamente no se aspettiamo gli altri, certamente no se speriamo che arrivi un cavaliere straniero con la bacchetta magica e risolva i nostri problemi. Certamente no se ognuno di noi continuerà a far finta di non vedere e sentire. Certamente no se non comprendiamo un elemento essenziale: che il nostro domani, il domani dei nostri figli, sta proprio nella nostra determinazione “combattere” per il nostro futuro. Oggi dobbiamo tutti capire che se non mettiamo al centro della nostra vita questo elemento essenziale non avremo mai un domani. Oggi dobbiamo riappropriarci del diritto dovere di essere parte di un sistema “pubblico”, di una società civile che ha proprio nell’interesse collettivo la ricchezza di ognuno.
Dobbiamo capire che una società civile, un sistema sociale ha nel suo essere e vivere insieme un elemento essenziale del proprio sviluppo; il bene pubblico, collettivo, rappresenta quindi la base di una società non solo moderna, ma funzionale e positiva che genera ricchezza. La piazza, la strada, l’ospedale, l’aiuola, sono beni di tutti, proteggiamoli. Ed un bene pubblico primario, che è il pilastro della società civile, è la legalità. La legalità infatti distingue una società evoluta, civilizzata, che punta per mezzo del rispetto delle regole (le leggi) alla prosperità. La legalità è quindi un bene pubblico e ciò dovremmo capirlo e fare di tutto per tutelarla.
Impariamo a vivere insieme rispettandoci, non solo con i sorrisi ed i saluti, ma rispettando anche noi stessi, vivendo dentro quei valori che garantiscono la nostra prosperità. Dignità, orgoglio, onore sono valori che sono insiti in ognuno di noi, in ognuno dei tantissimi – la stragrande maggioranza – calabresi per bene, risvegliamoli e giriamoci le maniche facendo quello che serve per far rifiorire le nostre speranze e – cosa principale – quelle dei nostri figli.
Solo da noi passa il riscatto della nostra terra e non certo dagli altri.
Questa credo possa essere la base della primavera che può far ricrescere le nostre speranze. Non più l’aspettare che altri facciano per noi, ma un mettersi in discussione per divenire attori principali del nostro domani, parlando di sviluppo, di lavoro, di legalità e di prossimo.
Occupiamoci, chiedendo conto, delle strategie sull’area industriale di Gioia Tauro, dove in altre sedi in questi momenti stanno discutendo il destino anche dei nostri figli. Cerchiamo di capire che il Porto non è solo un’attività produttiva come tante, ma può diventare invece con il lavoro che genera uno strumento di riscatto dalla criminalità.
Chiediamo e pretendiamo la prossima nomina all’Autorità portuale di persone competenti che abbiano al centro il solo interesse collettivo, e pretendiamo di conoscere i criteri di assegnazione dell’utilizzo di banchine a player che vorrebbero investire su Gioia Tauro.
Insomma rappresentiamo a tutti che il lavoro e lo sviluppo sono gli unici strumenti che possono sconfiggere la criminalità, liberando un territorio e la sua gente dalla sopraffazione criminale. Il lavoro in questa regione rappresenta, più che in altri territori, uno strumento di legalità, una politica per marginalizzare e sconfiggere un male, un fenomeno, che da decenni condiziona il futuro di questa terra e dell’intero Paese.
Chiediamo conto di tutte le positività e delle opportunità che ha questa Regione, dal Pollino sino allo Stretto, e facciamole diventare risorse; facciamo diventare risorsa la nostra rabbia, il nostro disperato bisogno di dare un futuro ai nostri figli in questa magnifica terra, diventiamo risorsa noi stessi e con rinnovato orgoglio diciamo “siamo Calabresi”». (rrm)