In Calabria i medici si ‘ammazzano’ di lavoro ma i burocrati fanno crescere il disastro sanità

di SANTO STRATI – Cronaca di un disastro annunciato. L’episodio – allarmante – del medico di Serra San Bruno, la dottoressa Maria Domenica Schiavello, crollata dopo 16 ore di incredibile impegno a favore dei pazienti del pronto soccorso non è isolato, né occasionale: riflette semplicemente una situazione ormai davvero insostenibile in Calabria. Dove il disastro sanità, anche dopo l’omonimo decreto-beffa, continua a crescere, ovviamente a danno dei pazienti e del personale sanitario che non si risparmia per offrire l’assistenza necessaria. E parliamo di medici, di specialisti, di paramedici, di tutto il personale della sanità. (vedi l’intervista al dott. Eduardo Lamberti Castronuovo in fondo alla pagina)

Il decreto Calabria sulla Sanità, pomposamente firmato a Reggio da un Consiglio dei ministri-passerella convovcato per fare sceneggiata elettorale nella Città dello Stretto, continua a far danni: non solo non ha risolto gli antichi problemi di dieci anni di commissariamento che hanno portato a un deficit-monstre, ma continua a crearne altri, senza soluzione di continuità.

Mancanza di personale, prima di tutto, poi assenza di risorse (negli ospedali calabresi manca di tutto, tranne l’abnegazione dei medici e del personale), un turn-over annunciato e ancora non attuato e, sopra ogni cosa, prevale un’assurda burocrazia capace di smontare ogni iniziativa. I medici si ammazzano di lavoro – è il caso di dirlo! – i burocrati sviliscono e mortificano il loro impegno. Le strutture private suppliscono all’incapacità dello Stato di offrire i servizi necessari (vedi i cosiddetti LEA, livelli essenziali di assistenza), ma vengono per questo punite. Ci sono in tutta la regione eccellenze in campo medico che offrono assistenza, cure e diagnostica di primissimo livello: lo Stato non riconosce il loro fondamentale contributo, al contrario tagli i rimborsi, annulla le convenzioni, ritarda i pagamenti fino a provocarne la inevitabile chiusura. E i calabresi vanno a curarsi (a spese dei calabresi o delle proprie tasche) fuori. Un “turismo” di dolore e di necessità che costa centinaia di milioni all’anno alle tasche dei calabresi (coperti dal servizio sanitario) e a quelli che pagano in proprio. Eppure ci sono competenze, capacità, professionalità che sfiorano l’eccellenza, quando non la raggiungono. Ma il disastro continua e continuerà, con l’ulteriore beffa che decine di aziende sane, cioè non colluse o coinvolte in fatti di mafia, sono state ugualmente interdette dalle forniture alla strutture sanitarie calabresi. Cioè, il decreto Calabria non solo ha previsto l’utilizzo di manager provenienti da altre regioni (con tanto di ulteriori costi) come se nella regione mancassero funzionari e dirigenti di competenza e di valore, ma ha escluso le ditte calabresi quali fornitrici di prodotti necessari per ospedali e strutture mediche.

Roba da far rivoltare il sangue. L’indignazione – lo abbiamo scritto qualche settimana fa (vedi) – è pane quotidiano per i calabresi, ma sta lasciando il posto all’indifferenza. C’è la possibilità di invertire questa rotta suicida? Ci sono i rimedi, ma non servono proclami e prese di posizione, occorrono fatti. I calabresi se lo ricordino quando torneranno alle urne: non devono disertarle per disillusione o sfiducia, devono andarci tutti, in massa, per esprimere la rabbia e far sentire quanto sono incazzati con questa politica assente e indifferente alle esigenze dei cittadini, trattati peggio dei sudditi. Senza diritti, dimenticati, beffati. (s)

Sul disastro sanità in Calabria, abbiamo sentito Eduardo Lamberti Castronuovo, direttore di uno dei centri privati di eccellenza nella diagnostica e nella specialistica medica. Il suo istituto ha smesso di ricevere soldi dall’ASP, ma pur senza convenzione, offre servizi a costi che a malappena coprono le spese. Non è un martire Lamberti Castronuovo, né un novello buon samaritano: è un medico che assolve al suo giuramento, ma soprattutto un cittadino che ha a cuore lo star bene dei suoi concittadini. Un esempio? Una tac a Roma costa 500 euro, a Reggio, nella struttura privata di Lamberti Castronuovo ne costa un decimo: cosa da far prevedere “viaggi della speranza” al contrario, quanto meno per risparmiare…
Il dott. Lamberti Castronuovo spiega perché, sulla sanità, si continua a sbagliare tutto e offre una sua ricetta. Lo ascoltino i calabresi, ma soprattutto ascoltino l’intervista i parlamentari calabresi, che –  fatte le dovute eccezioni (il sen. Marco  Siclari, in prima linea per i problemi della salute, l’on. Francesco Cannizzaro che ha evitato la chiusura dell’Hospice di Reggio per i malati terminali) – dovrebbero fare un bell’esame di coscienza. Quello è gratuito, non si paga nemmeno il ticket e non richiede l’intervento di uno specialista… (s)