LE DONNE CONTRO GLI SPRECHI DEL PNRR
CALABRIA, TRA VIGILANZA E PREVENZIONE

Le donne per la gestione ottimale del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Anna Rita Mancuso, segretaria organizzativa della Uiltec che raggruppa i lavoratori del Tessile, Energia e Chimica), e Sabrina De Stefano, segretaria della Uiltucs (Terziario, Turismo, Commercio e Servizi), hanno lanciato l’idea di istituire un tavolo tecnico che raccolga i professionisti reggini al fine di studiare il Piano nazionale di ripartenza e resilienza ed evitare l’eventuale spreco di fondi.

«In un momento in cui – hanno spiegato le segreterie provinciali della Uiltec e della Uiltucs – emergono solo confusione e critiche per la nostra città, vogliamo essere prepositivi e lanciare un messaggio di speranza per le nostre ragazze e i nostri ragazzi, per le donne e gli uomini che nella nostra terra hanno deciso di restare». 

In questa fase assai delicata, poi, per la Uiltec e la Uiltucs di Reggio Calabria è importante puntare una grossa fetta di queste risorse disponibili per favorire la crescita occupazionale dell’universo femminile.

«Donne – hanno spiegato i vertici delle organizzazioni sindacali – che hanno preso posizione per la pace, sempre. Che fanno di default la raccolta differenziata e si prendono cura, anzi, che si sono dedicate alla cura in pandemia come se fosse altrettanto normale che respirare. Che restano comunque escluse dai luoghi della decisione. Che accolgono il lavoro da casa come una opzione generosa. Che sono le prime a perdere il lavoro in caso di crisi, di maternità, di cessione o chiusura di attività, che se escono dal mondo del lavoro a 50 anni non si sa come e cosa potranno fare. Donne sempre più spesso capofamiglia, con lavori precari e discontinui, o all’attenzione dell’opinione pubblica per incredibili fatti di violenza o per incidenti sui luoghi di lavoro».

In questo senso, i dati forniti dall’Inail sono una fotografia a tinte fosche, sono la rappresentazione di un rischio emergente di violenza sulle donne nei luoghi di lavoro. Sono, infatti, circa ottomila l’anno gli episodi codificati come aggressioni, minacce, violenze provenienti sia dall’interno sia dall’esterno del posto di lavoro accertati positivamente come infortuni dall’Inail; il 39% delle aggressioni è rivolto contro le donne.

«È una questione – hanno spiegato i sindacati – sulla quale concentrare la massima vigilanza. Forse è giunto il momento di pensare, oltre agli interventi contrattualistici di revisione dei modi e tempi del lavoro e della produzione, anche a nuove forme d’azione prevenzionale mirate a specifici corsi di formazione sul tema destinate ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza e all’istituzionalizzazione di momenti tematici d’incontro sindacale nei luoghi di lavoro di cui l’Inail dovrebbe farsi carico finanziariamente, oppure all’implementazione di centri antiviolenza o alla istituzione di nuovi, magari sfruttando la rete sindacale e la presenza dei lavoratori nei siti produttivi e commerciali».

Per la Uiltec e la Uiltucs, poi, «in questa fase è determinante non fare gli errori del passato, quando le risorse sono state sprecate e dal loro investimento sbagliato sono nate tante cattedrali nel deserto. Oggi le risorse messe in campo dall’Europa potrebbero cambiare in meglio il volto della nostra terra, offrire alle nostre giovani generazioni la possibilità di crescere, economicamente e socialmente, nella terra natale».

«Le occasioni – hanno spiegato ancora le sindacaliste di Uiltec e Uiltucs – ci sono e trovano fondamento in una nuova idea di sostenibilità, di economica circolare che, ad esempio, potrebbe trovare nello sviluppo della filiera della ginestra un punto di forza per sviluppare economie di scala, così come di altre produzioni agricole ed artigianali tipiche del nostro territorio. Magari pensando a degli paso formativi e produttivi tradizionali che, però, beneficino dell’innovazione e della tecnologia per essere più competitivi, così come di una migliore comunicazione che veicolo l’identità territoriale e la valorizzi».

«Per fare ciò però – hanno aggiunto – è determinante ripensare la distribuzione delle risorse. L’aver destinato al Mezzogiorno solo il 40%, tra l’altro nominale, delle ingenti risorse del Pnrr, non è sufficiente a risolvere i divari territoriali, ma anzi rischia di aumentarli. Dobbiamo avere la capacità in una terra come la nostra di coinvolgere la società civile per aiutare il sistema, perché ormai esiste molta letteratura a riguardo e molti esempi concreti a livello nazionale ed europeo».

«Quello che manca oggi – hanno concluso – è l’agire concreto. La spinta della società civile è importante perché i decisori politici siano sollecitati ad orientare le loro decisioni verso la sostenibilità. Per questo chiediamo al Governo e alla politica di mettere veramente al centro dell’azione economica e sociale del Paese il tema del Mezzogiorno e di spendere presto e bene non solo le risorse del Pnrr, ma anche quelle della coesione nazionale ed europee unitamente a stanziamenti ordinari nella prossima legge di bilancio». (rmm)