Ponte sullo Stretto: appello a Occhiuto per un tavolo comune Calabria-Sicilia

Un appello al Presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto è stato inoltrato dal Rettore dell’Università E-Campus ing. Enzo Siviero e da Roberto Di Maria, ingegnere dei Trasporti, per fissare un tavolo comune Calabria-Sicilia sulla questione Ponte sullo Stretto.

«Calabria e Sicilia insieme – scrivono i due professionisti – per costruire il Ponte sullo Stretto: è la speranza, più o meno segreta, delle forze politiche e sociali locali favorevoli all’opera. E’ inutile dire che il governo attuale è orientato a rinviare in attesa del responso dell’ennesima Commissione, previsto non prima dell’estate 2023. In altre parole, non è certo un pensiero del governo far sì che Sicilia e Calabria traggano i maggiori benefici possibili dall’eventuale ripresa dei lavori. 

Per altro, non bisogna nemmeno farsi travolgere dal pessimismo: nei programmi della coalizione di cdx il Ponte c’è e subito.

Ne deriva che, a costo di prepararsi per nulla, sarebbe grave non prepararsi e trovarsi – come nel 2011-2012 – a subire passivamente un meccanismo che, una volta partito, si muove come un esercito d’occupazione. Per il quale lo sviluppo del territorio è l’ultimo dei pensieri.

Qualche giorno fa, su queste stesse colonne, la Rete civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno ha rivolto al Presidente Occhiuto un accorato appello: “Istituisci subito un “Tavolo Ponte”, cioè un organismo formato da poche persone competenti, con le idee chiare sul da farsi”. Un organismo che – grazie all’autorevolezza che gli darebbe l’incarico del Presidente – possa contattare sindacati, Ordini professionali, Associazione industriali, Istituti professionali e quant’altro per avviare quella fase di preparazione a un’Invasione” che potrebbe iniziare entro meno di un anno. La scelta è se essere protagonisti del gigantesco cambiamento che un’opera di tali dimensioni porterà ovvero se, ancora una volta, si deve andare a traino per poi lamentarsi di essere stati tagliati fuori dai benefici più importanti. 

Quando Milano fu scelta come sede dell’Expo del 2015, la città iniziò a prepararsi più di due anni prima e ne ebbe benefici immensi. Stessa cosa per le Olimpiadi che organizza, insieme a Cortina, e che prenderanno il via tra 4 anni (!!!), nel 2026. Ed è Milano, una realtà ben più evoluta e con servizi ben più efficienti di Reggio e Messina.

Non è il caso di ripetere ancora quanto l’avv. Rizzo e l’ing. Mollica le hanno esposto chiaramente nella lettera del 13 Agosto, l’enorme lavoro che spetta alle due Regioni al verificarsi della combinazione “vincente”: Governo nazionale pro Ponte, Governo siciliano pro Ponte, Tavolo Ponte attivo da sei mesi e pronto a supportare un’azione mirata a far occupare a Sicilia e Calabria un ruolo da protagoniste in un evento che potrebbe modificare la condizione dell’estremo Sud per il prossimo secolo.

Presidente Occhiuto, non le pare che valga la pena tentare? Aspettiamo una risposta. 

Ingg. Enzo Siviero e Roberto Di Maria

PONTE, NUOVI PRETESTI PER NON DECIDERE
IL GOVERNO DEVE DIRE SE VUOL FARLO O NO

di SANTO STRATI – Non è un’impressione, ma una solida realtà: continua l’ignobile tarantella dei diversivi a proposito del Ponte sullo Stretto. Con un ministro alle Infrastrutture (Giovannini) che non conosce i termini della questione (e non cerca nemmeno di approfondirli) e la relazione (un’altra ancora) della Commissione tecnica istituita dalla precedente ministra Paola De Micheli che espone altre idee. Come se non ci fosse già un progetto approvato e quindi immediatamente eseguibile. La verità è che manca la volontà politica di assumersi la responsabilità di decidere, ma i calabresi e i siciliani sono ora davvero arcistufi di questo indecoroso e avvilente balletto di rinvii: il Governo, ora, deve dire se intende fare quest’opera colossale e strategica, oppure no. Senza giri di parole e nuove ipotesi che, per intenderci, nascono più dalla fantasia di chi sta nel Palazzo piuttosto che dalla competenza di chi avrebbe titolo per parlare.

L’ultima trovata per perdere tempo è l’ipotesi del Ponte a tre campate e non, come nel progetto originario vinto dal consorzio Eurolink, a una. Orbene, a parte le obiezioni di natura tecnica che affidiamo a chi a titoli per farle, va subito considerato che qualsiasi ipotesi modificativa del progetto approvato equivale semplicemente ad aver buttato via 50 anni di lavori e idee e richiederebbe altri dieci anni di “studi e progetti”. Non servono altri studi e progetti, questo è chiaro a tutti, tranne che ai nostri governanti che, fino ad oggi, a cominciare da Mario Monti (che ha bocciato il progetto già esecutivo) e finire a Giuseppe Conte, hanno gestito “politicamente” la questione Ponte a seconda degli interessi di una o dell’altra parte. Una volta per accontentare i No-Ponte, un’altra gli ecologisti-talebani dello Stretto, un’altra per far felici le compagnie del trasporto marittimo, un’altra i fautori della “decrescita infelice”, etc. Conte era dubbioso durante il primo Governo, poi la rilanciato la balzana idea del tunnel (i Cinquestelle sono notoriamente No-Ponte): anche questa è stata l’occasione per tenere caldo l’argomento, senza decidere nulla. Tant’è che la Commissione voluta dalla ministra De Micheli ha bocciato completamente l’idea sottomarina perché impraticabile. E il Governo Draghi si trova con il ministro della Transizione ecologica Cingolani che si dichiara contro il Ponte, pur premettendo di conoscere nulla in materia e il ministro delle Infrastrutture che ha detto ieri sera dalla Gruber che aspetta il dibattito parlamentare del 12 maggio per capirne di più.

Ora basta, ha detto chiaramente il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci cui ha fatto eco Nino Spirlì, presidente ff della Regione Calabria. Come se non bastasse, il ministro Enrico Giovannini ieri ha detto che il Ponte non può rientrare tra i progetti del Recovery Plan perché è già chiuso. Ma dove vive il ministro e chi è che (non) lo informa? Non è una novità, si sapeva già da mesi che il progetto non era dentro il PNRR, ma soprattutto il ministro ignora che l’ing. Pietro Salini a capo della Webuild (la società che ha assorbito Impregilo, general contractor del Ponte) ha ribadito a Catania la scorsa settimana che la sua Società è pronta a investire in proprio (a fronte della concessione futura), purché lo Stato si faccia carico degli oneri accessori. Oneri di cui, peraltro, si sono detti pronti a farsi carico i due governatori delle regioni interessate, nel caso in cui lo Stato dovesse fare orecchie da mercante.

Il Ponte non piace a tutti, questo è evidente, ma sarebbe magnifico scoprire quali interessi ci sono per contrastare così efficacemente un’opera che potrebbe trasformare l’economia siciliana e calabrese, sotto tutti i punti di vista. Piace – dice Marco Travaglio a ‘ndrangheta e mafia – ma riteniamo sarebbe il caso di smetterla con questi stereotipi che condannano la Calabria a una perenne ingessatura: ci sono persone come il procuratore Nicola Gratteri, capo della Procura a Catanzaro, che rischiano ogni giorno la pelle per dimostrare che il malaffare si può contrastare. Oggi ci sono gli strumenti di vigilanza sugli appalti, in grado di scoprire o impedire intestazioni fittizie e il controllo mafioso sulla realizzazione delle opere. Certo, è un compito assai difficile, ma bisogna crederci, perché i calabresi sono stanchi di vivere anche quest’ulteriore emarginazione sociale. Se prevalesse questa logica non avremmo imprenditori coraggiosi che combattono a viso scoperto la ‘ndrangheta (Nino De Masi è uno dei tanti esempi, ma ci sono anche i Callipo, i Caffo, che danno un’immagine positiva e moderna della loro terra, etc). Quindi, non si prenda il pretesto che il Ponte sarebbe un affare per la mafia: la Calabria perbene non lo permetterebbe più.

Poi ci sono gli incompetenti di carriera che sparano cavolate un tanto al chilo senza sapere di cosa parlano. Purtroppo il nostro Paese ne ha in quantità industriali: se prevalesse la logica di ascoltare i tecnici qualificati, i professionisti di acclarata capacità, non avremmo i guasti che riscontriamo nella gestione dell’emergenza Covid, tanto per fare un esempio, e non avremmo la spaventosa montagna di burocrazia che serve, i più delle volte, a mascherare inettitudine e incompetenza e a bloccare crescita e sviluppo.

La proposta del ponte a tre campate è, come già detto, un altro diversivo per non mascherare l’incapacità di decidere. E oltretutto è un’idea maturata, probabilmente, di notte a qualche testa che si ritiene illuminata ma che non capisce niente di ponti e di costruzioni. Abbiamo sentito in proposito il prof. Enzo Siviero, Rettore dell’Università E-Campus, ingegnere e architetto, progettista di chiara fama e professore di Ponti e Tecnica delle Costruzioni allo Iuav a Venezia, e la bocciatura è totale. «È evidente – ha detto il prof. Siviero a Calabria.Live –  che la soluzione a tre campate viene messa sul piatto per togliersi ogni responsabilità! Dato che, se si optasse per questa soluzione, si dovrebbe ripartire da zero con un tempo di completamento stimabile in molti anni (10 se va bene…). Poi,  vi è una palese incertezza sui costi effettivi e sulla realizzabilità per le problematiche delle fondazioni e delle pile in mare» In questo modo – sottolinea il prof. Siviero – si butta un lavoro di mezzo secolo di studi e ricerche con relativi costi a perdere per lo Stato: la Corte dei Conti che non avrebbe nulla da obbiettare? Senza contare che  resta aperto il contenzioso con il contraente generale Eurolink. Vedremo se questi aspetti sono considerati nella relazione che sono curioso di leggere».

Il prof. Siviero ricorda come si è arrivati all’ipotesi di un ponte a campata unica: «Già all’inizio della progettazione da parte della Società Stretto di Messina – con soci Anas FS Regione Sicilia Regione Calabria, in liquidazione dal 2012, ma non ancora liquidata – la prima ipotesi propendeva per un’unica pila in mezzo allo Stretto. Ciò per canalizzare meglio la navigazione e per approfittare di una “cresta” intermedia nel fondale. Uno studio approfondito della componente geotecnica aveva tuttavia concluso per l’infattibilità costruttiva nell’area dello Stretto a causa delle forti correnti (4 nodi) che difficilmente avrebbero consentito il posizionamento della pila a cassone autoaffondante (inimmaginabile realizzare pali). Inoltre erano necessarie tecnologie sperimentali per consolidare il terreno di fondazione (presumibilmente una particolare forma di jet grouting). E qualora fosse stato possibile, i relativi costi erano enormi e comunque tali da rendere non competitiva la soluzione rispetto alla campata unica».

Secondo il prof. Siviero «Vi era, per di più, una manifesta controindicazione ad una o più pile lungo un percorso di navi verso il Porto di Gioia Tauro, per il rischio di ship collision. Altro elemento di incertezza veniva individuato nel dovere modificare la direzione del ponte che, oltre ad incidere sulla lunghezza, aumentava la componente di qualche frazione di millimetro dovuta all’allontanamento con spostamento antiorario della Calabria rispetto alla Sicilia. Ciò ha indotto la Stretto di Messina ad optare per l’attuale progetto a campata unica, via via affinato in ulteriori vent’anni di studi e ricerche. Da notare che nel 1992 i consulenti geotecnici, espressero “nero su bianco” un esplicito parere di infattibilità. Questo all’epoca!
«Certo è possibile che oggi vi siano tecnologie innovative che possono essere “sperimentate” ma si dovrebbe disporre di studi assai approfonditi corredati da adeguate ed estese indagini in situ. Tutto ciò comporta realisticamente un allungamento dei tempi e con una fortissima incertezza sugli esiti esecutivi e dei relativi costi effettivi, anche come detto, vista l’incognita delle fondazioni in mare a tali profondità e con quelle correnti. Resta poi il fatto che si dovrebbe ripartire da capo anche per gli attacchi a terra, le sistemazioni urbanistiche, gli espropri ecc. In definitiva da un lato c’è un progetto definitivo di SDM pronto e corredato di tutti i pareri tecnici, dall’altro c’è una “idea progettuale” ancora da sperimentare che rimette in discussione tutto l’iter approvativo misurabile in molti anni».

Dunque, torniamo a ripetere che la questione è solo di volontà politica. Oggi il premier Mario Draghi – che non si è ancora espresso in maniera chiara sul Ponte – ha un governo dalle tante anime, ma la sua leadership è in grado di mettere d’accordo i talebani no-Ponte e i parlamentari che vedono nell’opera una straordinaria e irripetibile occasione per dare il via a un processo di rinnovamento e di crescita di tutto il Mezzogiorno. Con un’occupazione prevista di almeno 100mila unità (25mila già da quando si comincia) e una ricaduta sul territorio in termini di sviluppo territoriale con un’attrazione turistica unica. Presidente Draghi prenda in mano il dossier Ponte e decida, sulla scorta della sua eccezionale esperienza e della sua visione di futuro, sul Ponte come su tutte le altre cose che renderanno l’Italia un Paese migliore. (s)