Regione Calabria, al via l’accreditamento di nuove realtà museali

La Regione Calabria ha  ufficialmente avviato un’importante fase di accreditamento di nuove realtà museali in tutta la Calabria. C’è dunque il via per un nuovo percorso di promozione e valorizzazione dei beni storico-culturali del nostro territorio.

«Con l’inserimento dei primi 11 musei non statali, in Calabria diamo il via al nuovo percorso di accreditamento al Sistema Museale Regionale; un iter di grande crescita ed opportunità per il comparto, al quale la Regione riconosce valore non solo culturale ma anche turistico, quale incentivo per sostenere l’economia di tutto l’indotto calabrese». A dirlo è il Vicepresidente della Giunta regionale con delega alla Cultura, Giusi Princi, in vista dell’imminente pubblicazione del decreto che regolamenta le nuove modalità operative di accreditamento dei musei non statali in Calabria e che ufficializza le prime undici strutture museali che hanno superato il filtro dei controlli del Settore Cultura del Dipartimento regionale Istruzione Formazione e Pari Opportunità, guidato dal Direttore generale Maria Francesca Gatto e seguito nello specifico dal Dirigente di settore Ersilia Amatruda.

In linea con le procedure rilasciate dal Ministero della Cultura, questo sviluppo della rete è stato introdotto per garantire il rispetto di nuovi livelli di uniformità e qualità dei musei, in parallelo all’attivazione della piattaforma del Sistema Museale Nazionale che consente di migliorare i processi di governance, semplificando le procedure e favorendo le relazioni con gli oltre 5.000 musei italiani messi in rete.

«L’accreditamento di un museo significa accertare un determinato livello di qualità del servizio, indipendentemente dalle modalità con cui viene erogato – spiega Giusi Princi – attivando così un percorso virtuoso di miglioramento delle strutture che, proprio attraverso l’accreditamento al Sistema Museale Regionale, determina il conseguente riconoscimento al Sistema Museale Nazionale. Le nuove realtà, dopo essere state accreditate, potranno altresì migliorarsi sempre più implementando i servizi tramite la partecipazione ai bandi regionali promossi dal Dipartimento Cultura. La procedura di accreditamento è sempre aperta. Sono infatti prossime all’introduzione al Sistema altre 17 realtà museali, attualmente in fase di verifica. In questo modo garantiamo innovazione e diamo nuova linfa alla partecipazione culturale – aggiunge Princi – coinvolgendo altri musei e luoghi di cultura di proprietà regionale, comunale, i musei diocesani, quelli privati, universitari o militari. L’adesione costituisce un’opportunità di crescita e di miglioramento per tutte le realtà, indipendentemente dalla proprietà e dalla dimensione. Infatti, il Sistema museale nazionale è fondato sul fare rete, per rafforzare la collaborazione tra lo Stato centrale, le Regioni, gli Enti locali tutti, le Università ed il sistema di formazione. I musei, connessi tra loro, potranno così segnare un punto di svolta e di apertura anche verso nuovi utenti, soprattutto quelli tradizionalmente più distanti. La piattaforma di consultazione online, infatti, offrirà al pubblico informazioni a 360 gradi, sempre aggiornate, riguardo le nuovi realtà museali calabresi. Questo garantirà un importante trampolino per valorizzare su scala nazionale ed internazionale il nostro patrimonio culturale – conclude il Vicepresidente – promuovendo, in linea con la mission turistica del Presidente Roberto Occhiuto, un flusso turistico nuovo, per un settore cultura sempre più all’avanguardia, che si vuole porre come arma principale di sviluppo economico e sociale della Calabria».

Approvato il piano regionale contro la discriminazione di genere

La Regione Calabria ha approvato il Piano contro la discriminazione di genere sui luoghi di lavoro, per la parità e la pari opportunità tra uomini e donne. Molto soddisfatta la vicepresidente Giusi Princi: «Lo avevamo anticipato nei giorni scorsi, e oggi l’approvazione del Piano ‘Misure per il superamento della discriminazione di genere e incentivi per l’occupazione femminile’ è realtà. La Giunta, su una mia proposta che rimarca la mission che da subito ci siamo dati con il Presidente Occhiuto, ha infatti approvato il Piano di intervento – riferito all’ex articolo 11 Legge Regionale 7/2022 – per la messa in atto di azioni contro le discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro pubblici e privati in Regione Calabria».

«Ringrazio – ha dichiarato la Princi – tutte le Consigliere regionali, di maggioranza e minoranza, che, su mio impulso e d’intesa con i Dipartimenti regionale Istruzione Formazione e Pari opportunità, diretto da Maria Francesca Gatto, e Lavoro e Welfare, guidato da Roberto Cosentino, hanno collaborato, tutti insieme in nome delle tante donne lavoratrici della Calabria, per affrontare e superare le diverse forme di discriminazione di genere nei luoghi di lavoro, pubblici e privati. Attuare i principi di parità e pari opportunità tra uomini e donne nei luoghi di lavoro è l’obiettivo della Regione Calabria. Tramite le cosiddette ‘azioni positive’ metteremo in campo misure concrete volte alla rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità dirette a favorire l’occupazione femminile e garantire l’emancipazione della donna che passa, prima di tutto e necessariamente, dalla sua libertà economica».

L’eliminazione delle disparità nella formazione, nella riqualificazione e nelle progressioni di carriera, la promozione dell’inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionali e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate. Sono queste alcune tra le ‘azioni positive’ previste dal Piano il quale si focalizza, tra l’altro, anche sulle modalità di certificazione della parità di genere nelle imprese, sulle misure di contrasto ai licenziamenti illegittimi, sui criteri e sulle modalità per favorire le imprese nei percorsi di parità di genere.

Tra le misure inserite nel Piano deliberato dalla Giunta, è previsto anche un percorso premiale per le imprese che, dovendo accedere a bandi pubblici, riconoscano strumenti di flessibilità e sostegni all’occupazione per le donne; inoltre azioni  volte all’incentivazione dell’imprenditoria femminile attraverso l’accesso a fondi del microcredito, nonché programmi di finanziamento della formazione per il reinserimento lavorativo; saranno altresì promossi interventi per soluzioni organizzative family friendly e di welfare aziendale, ovvero azioni di innovazione e sperimentazione sociale in tema di conciliazione vita-lavoro. (rcz)

La vicepresidente Princi: facciamo dell’anniversario una festa tutti gli anni

«Oggi è un grande compleanno per tutta la Calabria. Questo non è un giorno come tutti gli altri, sebbene tutto ciò che accade all’interno della programmazione per le celebrazioni del Cinquantenario abbia la stessa valenza e diffusione. Oggi più degli altri giorni riesco a toccare con mano il fermento che grazie alle celebrazioni del Cinquantenario siamo riusciti a creare non solo per i Bronzi, ma attraverso i Bronzi per tutto ciò che di buono e bello Reggio e la Calabria sanno e possono offrire. Bronzi di Riace sta diventando un brand. Era ciò che ci eravamo prefissati col Presidente Roberto Occhiuto, con la Giunta regionale ed i vertici del Consiglio regionale e con le Istituzioni tutte, nel momento in cui abbiamo ideato e messo in moto questa grande macchina organizzativa che è il Comitato interistituzionale, investendo risorse economiche e umane ingenti».

Lo ha detto il Vicepresidente della Calabria, Giusi Princi, a margine della visita a Riace Marina per la ricorrenza celebrata in occasione dell’anniversario del 1972.

«L’anniversario quindi è diventata una sorta di occasione ritrovata. In passato, nel corso di questi 50 anni, si è data poca centralità ai due guerrieri. Noi invece siamo partiti proprio da loro, da questo importante marcatore identitario, per narrare una Terra diversa, migliore. E stiamo riuscendo nell’intento di celebrare tutta la Calabria, utilizzando l’importante ricorrenza del Cinquantenario dal ritrovamento. Così i Bronzi di Riace nel giro di pochi mesi sono balzati sulla bocca di tutto il mondo, dai turisti incalliti di arte e cultura ai semplici curiosi di ogni parte del mondo, dalla Stampa nazionale a quella internazionale. Attraverso di loro, l’obiettivo più esteso era quello di far parlare di tutta la Calabria, da Reggio a Tropea, da Sibari a Copanello, dalla Sila all’Aspromonte, da Soverato a Le Castella. E non è certo un caso se testate come il Time o National Geographic hanno riservato spazi e parole importanti per il nostro territorio.

Obiettivo raggiunto, dunque. Il progetto di rilancio di immagine e contenuti targato Regione Calabria è stato sì già in parte realizzato, però c’è tanto ancora in programma ed in cantiere per valorizzare al meglio i Bronzi, Reggio e la Calabria intera. Il 16 agosto non è un arrivo, è la tappa più significativa forse, ma di certo non è quella finale. Ci aspettano Berlino, Cannes, Milano e Venezia, così come gli appuntamenti televisivi con Rai e Netflix.

E al di là di cosa verrà dopo e cosa già c’è stato, mi piacerebbe che il 16 agosto assumesse per Reggio e la sua Provincia i connotati di ricorrenza celebrativa stabile, continuativa nel tempo, non soltanto in occasione dello splendido Cinquantenario. Si darebbe a questo giorno delle nostre calde estati il significato intrinseco che merita e che avrebbe dovuto avere già in passato.

È importante dare maggior risalto anche ai luoghi del ritrovamento dei Bronzi di Riace. In tal senso, vorrei fare un plauso al Sindaco Antonio Trifoli, in particolar modo per aver incentivato le indagini rispetto al terzo bronzo e per aver avuto la brillante idea dell’utilizzo di un bene confiscato per realizzare un museo del mare e dell’archeologia».

(Nella foto i bambini di Riace giocano con le tesserire del mosaico per ricostruire sulla spiagga il ritrovamento dei Bronzi)

Zimbalatti Rettore, Princi: Lavoreremo in sinergia per scongiurare fuga dei nostri cervelli

«Scongiurare la fuga dei nostri cervelli». È l’obiettivo che si è prefissata la vicepresidente della Regione, Giusi Princi, che intende  lavorare non solo con il neo Rettore della Mediterranea, Giuseppe Zimbalatti, ma con tutti i Rettori per creare una sinergia «importante con le scuole secondarie di secondo grado e con il mondo produttivo nel suo complesso».

«L’obiettivo – ha spiegato Princi – è promuovere sempre più l’orientamento, far conoscere i nostri atenei, creare importanti sinergie e qualificare i percorsi universitari affinché siano attinenti alle richieste del mercato produttivo calabrese, finalizzando al meglio le risorse del PNRR. Solo così potremo rendere sempre più competitivi i nostri atenei, scongiurando la fuga dei nostri cervelli».

La vicepresidente, poi, ha formulato i suoi auguri al Rettore Zimbalatti, «di cui conosco le grandi doti professionali e umane. Sono certa che aprirà una stagione densa di novità e saprà dare ancora lustro ad un ateneo che si colloca già tra le realtà più virtuose del Paese. Inconfutabili dati nazionali attestano la Mediterranea ad alti livelli di qualità ormai da diversi anni. E questo deve essere per Zimbalatti motivo di stimolo ad alzare ulteriormente l’asticella. La Mediterranea rappresenta quella linfa di cui ha estremo bisogno il nostro territorio per potersi sempre più elevare culturalmente, è il cuore culturale pulsante di Reggio Calabria, sta quindi a tutti, ciascuno per la propria parte, preservarlo e qualificarlo maggiormente».

«Ancora auguri al prof. Zimbalatti, con cui si aprirà una stagione densa di opportunità, per il bene di Reggio Calabria e dell’intera Regione», ha concluso. (rcz)

I BRONZI, UN VERO PATRIMONIO DELL’ITALIA
SONO ATTRATTORI DI TURISMO CULTURALE

di SANTO STRATI – Possono i Bronzi di Riace diventare un marcatore identitario non della Calabria, non del Mezzogiorno, bensì dell’Italia? Possono e devono – secondo il ministro della Cultura Dario Franceschini – che, parlando al convegno alla Camera sulle celebrazioni del cinquantenario del ritrovamento, ha detto chiaramente che chi viene in Italia se non può fare a meno di vedere Roma, Venezia e Firenze, dovrà aggiungere un’altra perla al suo bagaglio esperienziale del Bel Paese: i Bronzi. Che non sono di Riace (dove sono stati ritrovati), non sono di Reggio e del suo bellissimo (da troppi sconosciuto e mai visitato) Museo archeologico nazionale, forse diventeranno patrimonio Unesco dell’Umanità, ma appartengono all’Italia e la rappresentano degnamente, come testimonianza di cultura e simbolo di bellezza, come tramandato dalla Magna Grecia.

Un’idea assolutamente condivisibile, questa del ministro Franceschini, che ha spiazzato tutti mettendo in luce una verità che da cinquant’anni è sotto gli occhi di tutti: i due bronzi, capolavoro della scultura magnogreca del V-IV secolo a.C., sono una testimonianza di civiltà che non è mai stata adeguatamente utilizzata. Uscire dal torpore in cui sono entrati dopo l’entusiasmo del loro primo grande estimatore (il presidente Pertini li volle al Quirinale, con code chilometriche di visitatori) e le tiepide iniziative per farli conoscere al mondo. 

È dunque, questo cinquantenario una sorta di anno zero, per l’avvio di una grande, eccezionale, campagna (non locale, non localizzata in Calabria) di marketing di attrazione culturale che li faccia diventare un simbolo, un altro simbolo, dell’Italia nel mondo. Al pari del Colosseo, di San Marco a Venezia, del David di Michelangelo di Firenze. 

Un marcatore identitario eccezionale, quello dei Bronzi, che richiede un impegno che dovrà coinvolgere i dicasteri della Cultura e del Turismo e non solo la Regione Calabria (dove spicca l’inesauribile e convinta passione della vicepresidente Giusi Princi) o la Città metropolitana di Reggio. I Bronzi sono l’Italia e da loro può partire (non ripartire) la sfida al mercato mondiale del turismo. Il nostro Paese risulta tra le mete più ambite dei viaggiatori di tutto il mondo: occorre far conoscere in maniera adeguata questa straordinaria ricchezza che è, al pari degli altri ultrafamosi attrattori culturali dell’Italia, una ulteriore fascinosa testimonianza di bellezza. Unica, irripetibile, da mozzare il fiato.

L’incontro promosso ieri alla Camera dalla Regione Calabria per presentare le celebrazioni, non è, quindi, da considerare una conferenza stampa per illustrare idee e progetti, bensì è diventato il pretesto per far capire ai miopi e distratti di tutti questi anni che si sono sprecate occasioni e si è perso tantissimo tempo, relegando i Bronzi a un indecoroso ruolo tutt’al più di “curiosità” che di vera attrazione. C’era (c’è tuttora) un tesoro inestimabile che nessuno ha mai saputo (voluto?) valorizzare: adesso non c’è più tempo da perdere. Bisogna muoversi, a livello di Paese, e trasformare i Bronzi in un attrattore culturale e turistico di prim’ordine. 

Ovviamente, pensando anche alle infrastrutture necessarie, ai trasporti, alla ricettività (tre aspetti drammaticamente assenti in Calabria) perché l’avventura della visita ai Bronzi (e, ripetiamo, al magnifico museo che li ospita) non si trasformi in disavventura. Va eliminato ogni provincialismo nelle iniziative immediate, attuali e future, perché Reggio diventi una “città da scoprire” e sia il traino per una ulteriormente efficace e straordinaria scoperta di tutto il territorio regionale. La Calabria ha un potenziale, in termini di arte, cultura, paesaggio, che se fosse tradotto in maniera efficace trasformerebbe tutta la regione nella California d’Europa. 

Stendiamo un velo pietoso sulla scelta di un logo insignificante (ancora peggio quello utilizzato dalla Città metropolitana per presentare il cartellone di eventi) e guardiamo al futuro con un pizzico di ritrovato ottimismo. Sia ben chiaro che i dilettantismi non potranno più essere tollerati (e il programma della Regione induce a pensarlo, visti i nomi coinvolti nelle varie iniziative), ma soprattutto occorre fare un lavoro di squadra. Ripetiamo anche a costo di diventare noiosi: i bronzi non sono di Reggio (ma devono restare a Reggio): sono dell’Italia, ma costituiscono un ottimo pretesto per valorizzare e far conoscer il meraviglioso territorio calabrese (non solo quello della provincia reggina). Le tracce dell’antica civiltà sono presenti dovunque (il presidente della Regione Occhiuto ricordava la Grotta del Romito di Papasidero con le sue testimonianze neolitiche), dimentichiamo i campanili e remiamo tutti nella stessa direzione. Con l’orgoglio e la fierezza di essere calabresi (non reggini, catanzaresi, cosentini e via dicendo) custodi di un patrimonio secolare da condividere con gli ospiti (tantissimi, in un futuro pressoché immediato?) che vorranno scoprirlo per, alla fine, innamorarsi perdutamente di questa terra. Chi scopre la Calabria – lo vediamo dalle tantissime mail che giungono da ogni parte del mondo a Calabria.Live – se ne innamora e vuole conoscerla sempre di più: tra paesaggi, cultura, mare, montagna, parchi naturali, archeologia e, persino, preistoria. C’è un mondo ancora da valorizzare e offrire al futuro visitatore, una ricchezza infruttifera, fino ad oggi, utilizzata a malapena al 5% delle sue potenzialità.

Dunque non ci possono essere più pretestuosi rinvii, ma va ideato e realizzato un rigoroso piano di marketing territoriale e culturale di altissimo livello, con le migliori teste pensanti, i migliori testimonial, gli influencer, i professionisti della comunicazione, perché c’è moltissima materia prima, grezza, da trasformare in diamanti.

Certo, non vanno sottovalutati gli errori e gli imperdonabili ritardi nel mettere insieme un progetto degno di questo nome per la celebrazione del Cinquantenario: un’occasione unica per cogliere un’opportunità fino ad oggi trascurata o, peggio, mai presa in seria considerazione. Il convegno di ieri servirà come linea di demarcazione rispetto al non fatto del passato, per costruire intorno ai Bronzi un attrattore culturale “italiano”. 

Le molte iniziative illustrate per grandi linee nella nuova bella Aula dei gruppi parlamentari di Montecitorio danno l’indicazione precisa della volontà di una svolta. Dimentichiamoci il passato, pensiamo al presente e al futuro: il cinquantenario sia semplicemente il pretesto per un percorso di cultura che non si esaurisce il 16 agosto (giorno del ritrovamento nelle acque di Riace), ma diventi leit-motiv per una campagna infinita di marketing turistico per gli anni a venire. Insomma, il ritrovamento si festeggi ogni anno, ogni giorno, perché abbiamo, in casa – e in Italia – due testimonial unici, che qualcuno scioccamente pensava di mandare in giro per il mondo, che marcano il territorio di quella che fu la Magna Grecia, la culla della civiltà per tutto il mondo. 

Siano protagonisti di questo ritorno al classico, di questa esigenza di bellezza che il nostro Paese esprime da Nord a Sud, con le sue ineguagliabili ricchezze artistiche e naturali, e diventino i Bronzi il volano di una crescita di tutto il Mezzogiorno nell’unica industria compatibile con la Calabria: quella del turismo, della vacanza esperienziale, mistica e di fede, di mare, montagna, di natura, tra spiagge incontaminate (?) e montagne innevate, sempre con la presenza  e di un fortissimo senso di accoglienza che è racchiuso nel DNA di ciascun calabrese. 

L’ospitalità è un istinto naturale per chi è nato al Sud,  ma diventa primordiale per i calabresi: ce l’hanno nel sangue. Ma, naturalmente, non basta il senso di accoglienza e la calda ospitalità: servono strutture, infrastrutture (Franceschini, con grande onestà intellettuale ha parlato della necessità del Ponte sullo Stretto insieme con le altre infrastrutture da realizzare nel Sud), organizzazione del territorio e piani di mobilità in grado di rispondere alle esigenze di chi, nel suo viaggio in Italia, vorrà scoprire i Bronzi e la straordinarietà di un territorio che promana cultura da ogni angolo. 

Non è la scoperta dell’acqua calda, ma la capacità di ammettere quella mancanza di visione che fino ad oggi è stata sovrana in questa terra bellissima e trascurata. Adesso c’è il presupposto per collegare – culturalmente e turisticamente parlando – il Nord e il Sud. Il divario, una volta tanto, non è protagonista, anzi i Bronzi – lo ribadiamo – sono l’occasione per una nuova efficace campagna di attrazione rivolta al mondo. La bellezza salverà il nostro Paese? Be’, sicuramente aiuterà a sensibilizzare e orientare le scelte del turismo, non quello mordi e fuggi (che non va comunque demonizzato) che pianifica itinerari e partenze e vuole guardare, scoprire, osservare da vicino Capri, Portofino, San Pietro e il Colosseo e non potrà ripartire dall’Italia – come ha sottolineato convinto il ministro Franceschini – senza avere visto anche i Bronzi. (s)

FRA DISOCCUPAZIONE E MORTI SUL LAVORO
LA CALABRIA È TRA LE PEGGIORI IN EUROPA

di SIMONA CARACCIOLOLa Festa del Lavoro è trascorsa appena da qualche giorno e tuonano i dati che vedono la Calabria tra le peggiori in Europa per disoccupazione, 4 giovani su 10 senza lavoro (statistiche Eurostat). Regione undicesima per morti sul lavoro con una incidenza del 5,7%. 

L’ultima rilevazione dell’Istat sui dati dell’occupazione in Italia è relativa a febbraio 2022, e fa registrare, rispetto al mese precedente, la crescita del numero di occupati che si associa alla diminuzione dei disoccupati e degli inattivi. L’aumento dell’occupazione (+0,4%, pari a +81mila) coinvolge uomini, donne, dipendenti a termine, autonomi e under50; calano invece i dipendenti permanenti. Il tasso di occupazione sale quindi al 59,6% (+0,3 punti). La percentuale sale, scende, oscilla di poco, continuando a scoraggiare i calabresi in cerca di occupazione.

Esistono gli strumenti giusti per attuare quella che è ‘l’occupabilità’, ovvero la possibilità di creare, per chi entra o chi è fuoriuscito dal mercato del lavoro, una competenza specifica che possa essere spesa lì dove realmente serve. Attraverso lo studio dei dati prelevati dall’Osservatorio ED si riesce a fotografare in tempo reale quella che è la condizione dell’occupazione in Calabria.  Pertanto, diventa fondamentale e particolarmente efficace mettere a regime strumenti come l’osservatorio, unitamente alle altre fonti di elaborazione statistica sui dati del sistema del mercato del lavoro, come l’Osservatorio sul lavoro sommerso, sul lavoro femminile, sul lavoro minorile, perché attraverso la lettura dei dati si potranno indirizzare le politiche del lavoro sul territorio calabrese. Misure tese a disciplinare le relazioni di interdipendenza tra domanda e offerta di lavoro nonché interventi volti a incentivare e agevolare tale incontro mediante azioni di sostegno a favore dei soggetti in cerca di prima o di nuova occupazione o mediante la previsione di modelli contrattuali che, tramite opportune regolamentazioni, sono destinati alla promozione dell’impiego di specifiche categorie di soggetti e dell’occupazione in generale.
L’azione della pubblica amministrazione assume un ruolo preminente nella programmazione e nella gestione di adeguate politiche economiche finalizzate ad accrescere le attività e gli investimenti produttivi territoriali oltre a prevenire e arginare il grave fenomeno della disoccupazione. 

Infatti, come la Vicepresidente Giusi Princi ha fortemente voluto “la rivoluzione regionale del comparto lavoro passa inevitabilmente da quella che è la riforma dei Centri per l’Impiego, per cui sono stati investiti quasi 40 milioni di euro, con l’obiettivo di creare i presupposti necessari per attuare politiche attive a misura di cittadino”. Bisogna creare un modello fattivo e funzionale dei servizi pubblici per l’impiego che sono gli avamposti delle Istituzioni sul territorio e, come tali, devono rispondere in maniera incisiva.

È importante colmare il divario tra le regioni del Sud Italia ed il resto della penisola ma anche permettere al territorio di poter parlare di etica del lavoro, offrendo al soggetto la possibilità di esprimere la propria personalità in quello che fa lavorando.

Come sosteneva Karl Marx, il duro lavoro e la diligenza hanno un beneficio morale e un’abilità, una virtù o un valore intrinseci per rafforzare il carattere e le capacità individuali.

L’etica del lavoro, quale filone dell’utilitarismo nasce, alla fine del Settecento, in ambito etico e grazie ad esso viene elaborata la centralità del concetto di utilità (è buono ciò che è utile). Il buono è l’utile. Agisce bene ed è felice, quindi, colui che massimizza la propria utilità.

La pandemia da Covid-19 e la conseguente crisi del mercato del lavoro hanno cambiato ogni scenario futuro e i paradigmi del passato sono diventati desueti e inefficaci. Oggi, occorre intraprendere un percorso di umanizzazione dei processi organizzativi e aziendali che mettano al primo posto l’integrità umana. Sempre più aziende sembrano oggi aver compreso che dal loro crescente potere derivano implicazioni etiche e responsabilità sociali. Talvolta il rapporto tra etica e lavoro deve andare al di là del perimetro legislativo, mettendo in atto scelte aziendali che seguano la propria sensibilità etica qualora non ci fosse una norma che tuteli i lavoratori e le lavoratrici. 

Il lavoro etico deve tener conto di molteplici fattori, le esigenze di business dell’azienda e le esigenze personali e sociali del lavoratore. La linea guida è il benessere comune, il fine ultimo quello di valorizzare l’esistenza umana. Ciò vuol dire rispettare il principio della vita, “lavorare per vivere” e “non vivere per lavorare”. L’uomo in quanto persona, non è un mezzo ma un fine e, in quanto tale, precede il mezzo. 

I principi etici e morali di cui le aziende devono dotarsi sono la flessibilità, la sostenibilità ambientale, il digital transformation, e non ultima l’umanità. Se non si costruisce una politica di “ascolto” ma una linea di puro raggiungimento del business, si rischia di soffocare la parte “umana” del collaboratore e delle collaboratrici. In questo sistema di etica aziendale, è fondamentale la guida del leader, sia per l’azienda che per i dipendenti.

La chiave sta nel capire quanto il benessere del lavoratore possa aumentarne il rendimento. L’agire etico perseguito dall’azienda vuole essere, quindi, un incentivo razionale per cercare di capire non solo cosa sia giusto fare, ma anche il “perché” sia necessario farlo. L’obiettivo primario è quello di far sì che sia introdotta anche una valutazione etica, sia nel decidere i propri comportamenti sia nel valutare quelli degli altri, unendo in questo modo la sfera morale a quella manageriale, le responsabilità individuali a quelle dell’Azienda e la sfera professionale a quella organizzativa. 

Questo significa avviare una rivoluzione che sia profonda non solo per la possibilità occupazionale regionale ma anche per un importante cambiamento culturale delle aziende calabresi. (sc)

[Simona Caracciolo è esperta di Politiche Attive del Lavoro]

L’INUTILE RIVALITÀ REGGIO-CATANZARO
È ANTISTORICA E VA CONTRO LA CRESCITA

di SANTO STRATI – La miserevole e sciocca trovata acchiappavoti del candidato sindaco di Catanzaro Valerio Donato ha riacceso – per fortuna, soltanto per un soffio – l’antica rivalità Reggio-Catanzaro. Donato ha chiesto di portare a Germaneto la sede del Consiglio regionale, che è a Reggio (come da statuto della Regione), dove ha sede la Giunta. Una mossa infelice del docente universitario in cerca di consensi che sta perdendo ogni giorno che passa e che riporta all’idea delle “Calabrie”, ognuna con le sue identità, ognuna per proprio conto.

Sono trascorsi quasi 52 anni da quel tragico 14 luglio 1970, quando la “guerra per il capoluogo” fece esplodere in pieno tutte le contraddizioni, l’arroganza politica, l’incapacità di mediazione, tra due città che languivano, ciascuna per proprio conto, in una terra senza futuro, e il prof dell’Università Magna Graecia che fa? Prova a ributtare benzina su fuoco dell’antica rivalità, andando contro la storia in nome di un bieco campanilismo (quello che imputavano a Reggio quando chiedeva di mantenere un diritto che il tempo aveva consolidato). Sui libri di scuola si era sempre studiato che il capoluogo della Calabria era Reggio, poi a tavolino la politica decise diversamente…

La nascita delle regioni che doveva segnare per l’Italia il compimento del dettato costituzionale, secondo una visione nobile dei padri costituenti, si trasformò, invece, in un carrozzone spesso più con missione di poltronificio che di vera attenzione al territorio e alle sue possibilità di sviluppo. Non si può e non si deve tornare indietro, ma soprattutto non si deve ricadere (da parte dei catanzaresi) nella provocazione di una falsa rivalsa per costruire (solo idealmente) la “capitale” della Calabria. Né tanto meno Reggio, che versato tante lacrime per e nella rivolta, deve proseguire in un interminabile contenzioso con l’«odiata» Catanzaro che ha «scippato tutto», a partire dal capoluogo.

C’è un obiettivo in comune che dovrebbe suggerire ai calabresi, di qualunque città, borgo o paese, di tentare (almeno questo) di pensare in positivo per il bene comune della regione, del territorio. Guardando alla crescita non impossibile che le nuove generazioni attendono e sognano, per poter continuare a studiare, lavorare, farsi una famiglia là dove sono nati. La Calabria vanta un tristissimo record, quello dell’emigrazione intellettuale. Un convegno a Reggio di sei anni (La cultura esportata) aveva messo in luce la scarsa visione di futuro della classe politica calabrese, soprattutto nei confronti dei giovani. È finita da tantissimi anni l’emigrazione con le valigie di cartone, è subentrata quella dei trolley e dei telefonini: giovani brillanti, laureati nelle nostre università che sfiorano l’eccellenza, non hanno opportunità di occupazione stabile, di lavoro serio, che permettano loro di mostrare le proprie capacità e metterle al servizio della propria terra. Invece, le regioni del Nord (ma anche altri Paesi in tutto il mondo), furbe a intuire il valore del capitale umano, accolgono a braccia aperte i giovani formati in Calabria e puntano sulle loro capacità per costruire percorsi di successo in tutti i campi. A cominciare dalla medicina: vi siete mai chiesti perché in ogni i angolo d’Italia, ma anche del mondo, nei posti chiave degli ospedali ci sono primari calabresi? E nel mondo dell’imprenditoria, in Italia e nel mondo ci sono manager la cui origine è marcatamente (e orgogliosamente, grazie a Dio) calabrese? Risposta semplice: è utile per i nostri ragazzi fare esperienza all’estero o fuori della Calabria, ma poi come fanno a tornare se mancano assolutamente le opportunità?

È a questo che bisognerebbe puntare, non al “capoluogo” o agli uffici da trasferire o ritrasferire (da una parte e dall’altra), non servono dispute di chi ce l’ha più lungo, occorre, invece, puntare a realizzare una felice idea di comunità, che, puntando sull’orgoglio della calabresità, parli un’unica lingua, quella di una Calabria che crede nelle sue possibilità e nella capacità di un percorso di crescita senza eguali.

Certo, a parole è facile, nei fatti è tutto più complicato, soprattutto se si continua ad alimentare un becero campanilismo di quartiere, dove prevalgono racconti, rivalse, gelosie e invidie. Per fortuna, c’è gente che ragiona: il presidente del Consiglio regionale, leghista e catanzarese, ha troncato subito qualsiasi ipotesi di polemica: sta scritto sullo Statuto della Regione, il Consiglio sta a Reggio. E punto. E il deputato reggino Francesco Cannizzaro, 39enne che ai tempi della rivolta non era nemmeno nato, ha subito rimandato al mittente la provocazione catanzarese di Donato definendo «grottesche» le sue dichiarazioni: «le avrà rilasciate – ha detto – dopo un’allegra serata con gli amici. Stento a credere come, nel 2022, una persona con un background di un certo tipo possa abbandonarsi in argomenti di becero populismo, per tentare di strappare qualche voto».

Il risultato di questo «becero populismo» del candidato sindaco catanzarese è stato che altri hanno avanzato, in nome di un revanscismo da operetta, tante altre rivendicazioni (la sede Rai, la guerra a Cosenza che vuole “rubare” la facoltà di Medicina, età). E a Reggio un’ondata, inevitabile, di rigoroso dissenso che ha rispolverato i torti “subiti” proprio dall’attuale capoluogo.

Oggi, a Reggio, con il pretesto della riedizione del libro Buio a Reggio, da me realizzato nel 1971 unitamente a Luigi Malafarina e a Franco Bruno) si parlerà non tanto della rivolta («la cui storia è stata troppo spesso controversa e diventata un mal di pancia per diversi politici e diversi partiti» ho scritto nella nuova introduzione dell’edizione del cinquantenario) ma di cosa è successo in questi 50 anni. Poco, tanto, pochissimo: sta sotto gli occhi di tutti e proprio per questo, per l’incapacità non solo di Reggio, ma dell’intera Calabria, di esprimere una classe politica e dirigente di livello, è auspicabile che si possa immaginare di poter parlare una sola voce, in un’ottica di comune benessere e futuro migliore per i nostri figli..

Qualcosa sta, obiettivamente, cambiando: il nuovo presidente Roberto Occhiuto mostra di avere una visione di futuro che parla calabrese, non il cosentino, il catanzarese, il crotonese, il reggino, il vibonese, ma appunto il calabrese. Un’unità di intenti che auspica il coinvolgimento di tutto il territorio, al di là degli schieramenti politici, al di là degli steccati ideologici e dei provincialismi, con un obiettivo preciso: mostrare una Calabria che nessuno si aspetta. E c’è anche una diversa attenzione da parte della Giunta di Germaneto nei confronti della città più a sud del sud: Occhiuto tra le deleghe assegnata alla valente e straordinariamente efficace vicepresidente Giusi Princi ne ha inventata una nuova, quelle delle azioni straordinarie per la Città Metropolitana di Reggio. I reggini, con sospetto e riluttanza, non hanno ben compreso il significato di questa delega. Rappresenta un interesse preciso della Regione nei confronti della città che più ha sofferto nel difficile percorso della rinascita (ancora in fieri). Reggio ha versato sangue e lacrime, non è più capoluogo di regione, ma è una Città Metropolitana da cui, tra l’altro, dipende il grande motore di sviluppo che è rappresentato dal Porto di Gioia Tauro dalla Zona Economica Speciale. Reggio costituisce il propulsore di un rinnovamento che spazia ben al di là dei suoi confini provinciali, coinvolgendo gli importanti atenei di Catanzaro e Cosenza, creando un acceleratore, un incubatole di sviluppo che non è della Città Metropolitana: è di tutta la Calabria.

I calabresi facciano tesoro del passato, dimentichino rancori e malanimo degli uni contro gli altri, e facciano in nome delle generazioni future un vero passo di progresso che solo una auspicata “pacificazione” può generare. La visione di futuro non appartiene solo a chi ci amministra (quando dimostra di averla, come il presidente Occhiuto) ma è del territorio. La Calabria deve crederci, ci devono credere i calabresi, ci dobbiamo credere tutti. Ce lo chiedono i nostri ragazzi indipendentemente se vivono a Crotone o a Lamezia Terme, o nei borghi meravigliosi della Jonica reggina, nel capoluogo o nella bella Vibo Valentia, sempre ultima nelle classifiche sulla qualità della vita. C’è ingegno, creatività, una innata forza di volontà nei calabresi e nei nostri giovani: restituiamo loro il futuro che qualcuno ha provato a rubare. E per farlo ricominciamo dall’anno zero: la nostra terra è meravigliosa, ma  molti calabresi ancora non l’hanno capito. Lo attestano gli altri: sia i calabresi (oltre sei milioni) che vivono in ogni angolo del mondo, sia quelli che scoprono la Calabria e, inevitabilmente, se ne innamorano. Se anche i calabresi d’innamorassero della propria terra, avremmo la nuova California d’Europa. (s)

(La foto di copertina è di Oreste Arconte)

LA CALABRIA RIPARTE DALLE DONNE: AIUTI
E NUOVA LEGGE CONTRO DISCRIMINAZIONE

di ANTONIETTA MARIA STRATI – La Calabria riparte dalle donne, e lo fa nella giornata dedicata a loro, discutendo e approvando la legge sulle Misure per il superamento della discriminazione di genere e incentivi per l’occupazione femminile. Una legge necessaria, soprattutto per la nostra regione e per le nostre donne che, più di tutti, hanno pagato il prezzo più alto nella pandemia in corso a livello di occupazione.

Una misura proposta dalla Giunta regionale su input della vicepresidente della Regione, Giusi Princi, che ha ribadito come «senza parità di genere non si può raggiungere un sistema equo di cittadinanza, né può esserci un reale sviluppo socioeconomico del territorio».

«Se si sommano i dati che certificano lo svantaggio delle donne calabresi – meno occupate, più esposte ai lavori precari, spesso utilizzate senza adeguata valutazione di titoli di studio e professionalità e meno retribuite degli uomini – alla fragilità del welfare calabrese che acutizza la scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro, si coglie un quadro di difficoltà a cui dobbiamo prestare attenzione, energie e risorse» ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso.

Una parità che non si potrà mai raggiungere se nella nostra regione, i contratti stipulati alle donne sono sotto il 40%, come rilevato dal Gender Policies Report elaborato dalla Struttura Mercato del Lavoro dell’Inapp presentato a dicembre 2021. Tuttavia, il report indica come nelle regioni del Mezzogiorno, nonostante ci sia un numero di attivazioni di contratti a donne al di sotto delle 80 mila unità, c’è un’incidenza del tempo indeterminato superiore alla media nazionale e superiore a quella di diverse regioni del Centro-Nord. Nel caso della nostra regione, i  20.373 contratti presentano una quota stabile del 18%. «Attenzione tuttavia, ad un dato che riduce l’ottimismo – concludono i ricercatori e le ricercatrici –. Proprio in queste regioni, accanto alla ridotta nuova occupazione continua a registrarsi la quota di tempo parziale femminile tra le più alte d’Italia”, fattore che rappresenta una delle cause dei già elevati differenziali retributivi tra uomini e donne».

D’altronde, per poter ripensare e declinare il lavoro femminile, ci vogliono conciliazione, condivisione e innovazione. Parole chiave che sono state fornite dall’indagine La lavoratrice ai tempi del Covid-19, ideata e realizzata con il sostegno della Segreteria regionale dal Coordinamento Donne Cisl Calabria.

È la stessa Nausica Sbarra, coordinatrice di Donne Cisl, a delineare le policy necessarie: « mettere in sicurezza e rilanciare il sistema della sanità pubblica, il welfare territoriale e aziendale; investire in scuola, università, ricerca; investire in innovazione tecnologica e digitalizzazione; investire in occupazione femminile e giovanile; favorire imprenditorialità femminile; combattere le disuguaglianze di genere, generazionali e territoriali; gestire i fenomeni migratori con umanità, legalità, solidarietà e soprattutto inclusione. Le sfide da affrontare riguardano, quindi lavoro, sviluppo, legalità e contrasto a ogni forma di violenza e discriminazione, impegno sociale, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro».

Azioni, che la Regione ha già ampiamente delineato nel testo che sarà esaminato a Palazzo Campanella, dove sono previste azioni per il superamento delle differenziazioni di genere nei luoghi di lavoro, certificazione della parità di genere, «individuando e accompagnando a livello territoriale la crescita di opportunità per le donne all’interno delle imprese, l’uguaglianza delle remunerazioni a parità di lavoro, la presenza di politiche per la diversità di genere, la protezione della maternità».

Importante, poi, l’introduzione del Bollino di parità, che verrà assegnato alle imprese pubbliche e private «in possesso della certificazione della parità di genere – si legge nel testo – e che attuano principi di tutela della maternità, gestione della gender diversity, equità remunerativa e processi positivi nella gestione delle risorse umane, opportunità di crescita in azienda per le donne e che utilizzino forme di linguaggio non discriminatorio, così come previsto dalla normativa nazionale ed europea vigente in materia».

E ancora, la Regione intende introdurre misure per contrastare i licenziamenti illegittimi, oltre che promuovere la cooperazione istituzionale con gli Ispettorati interregionali del Lavoro per «prevenire e contrastare le discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro». Sono previsti percorsi rivolti alle donne inoccupate o disoccupate al fine del loro inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro, nonché all’accrescimento delle competenze nei settori economici più innovativi.

Sarà attivato, poi, nei Centri per l’impiego regionali, il servizio Spazio Donna, dedicato alle politiche attive del lavoro rivolte a donne inoccupate o disoccupate.

Sempre a livello lavorativo, la Regione prevede misure per sostenere l’imprenditoria femminile. Tra questi, c’è l’Avviso – che partirà proprio oggi, 8 marzo, da 6 milioni di euro volto proprio a sostenere l’imprenditoria femminile.

È giunto il momento di trasformare l’imprenditoria femminile in un cardine della nostra economia» ha detto l’assessore regionale allo Sviluppo Economico, Rosario Varì, spiegando che «con questa iniziativa vogliamo anche promuovere e valorizzare la creatività del capitale umano femminile. Per rendere concreto tale obiettivo, abbiamo offerto la possibilità di ottenere l’80% di contributo in conto capitale e fino ad un massimo di 400mila euro di aiuto concedibile. L’8 marzo – conclude l’assessore regionale allo Sviluppo economico – non deve essere più solo la ricorrenza di una giornata di marzo, perché non possiamo più permetterci di fare a meno del contributo attivo delle donne per la crescita economica e culturale della Calabria».

Nel testo, infine, sono previste azioni di welfare aziendale, azioni che favoriscano l’equilibrio tra tempi di vita e di lavoro e benessere collettivo.

La Regione, infine, «entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotta il Piano di intervento per le politiche di genere per l’attuazione delle misure e degli interventi di cui alla presente legge».

Apprezzamento per la legge regionale elaborata dalla Giunta regionale, è stata espressa dal segretario generale di Cisl CalabriaTonino Russo, sottolineando, tuttavia, che «urge l’organizzazione di un welfare realmente rispondente ai bisogni delle persone e delle famiglie, laddove sono soprattutto le donne ad essere impegnate nella cura di figli e persone anziane e fragili».

«È necessario un impegno – ha evidenziato – finalizzato alla creazione di alcune condizioni imprescindibili per l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro: flessibilità negli orari e nell’organizzazione, più estesi congedi parentali, sostegni per la natalità e la cura dei non autosufficienti, servizi per chi vuole conciliare famiglia e lavoro, a partire dagli asili nido. In assenza di queste fondamentali misure, il mercato del lavoro continuerà a marginalizzare le donne, spesso costrette a un part time non voluto e al lavoro nero, senza garanzie e sicurezze».

«Giusta scelta, dunque – ha concluso – quella della proposta di legge che il Consiglio regionale è chiamato a discutere e approvare. Alla politica, però, chiediamo di mettersi in ascolto delle donne e delle famiglie della nostra regione, perché anche la legge in questione sarà poco efficace se non si creeranno strutture di sostegno sociale al lavoro femminile». (ams)