Picarelli (Fismu Calabria): All’Ospedale di Cosenza manca quasi il 50% dei medici in ginecologia e Pronto Soccorso

Claudio Picarelli, segretario regionale di Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti- FISMU (in Fvm), ha denunciato una gravissima carenza di organico in ginecologia e Pronto Soccorso all’Asp di Cosenza, che è quasi del 50%.

«In ginecologia – ha spiegato – a fronte di una pianta organica che prevede 27 dirigenti medici , dopo pensionamenti e trasferimenti in altre aziende, ne sono rimasti in servizio solo 13, con una carenza quindi di ben 14 unità. I turni massacranti e la mancanza dei riposi previsti stanno mettendo a dura prova i pochi medici in servizio con il rischio di un burnout ormai imminente. E tutto sarà acuito dalla stagione estiva , quando si dovranno necessariamente concedere le ferie».

«Al pronto soccorso, ma la questione purtroppo è atavica – ha proseguito – mancano almeno 5 medici, costringendo medici di altri reparti ad effettuarvi  turni in straordinario, perché l’accesso dei pazienti tende sempre ad aumentare, causa anche il Covid. Ma non sono solo questi reparti che soffrono la carenza di organico, un po’ tutti hanno gli stessi problemi: in neurochirurgia mancano tre medici, in chirurgia pediatrica tre, in chirurgia toracica 3, ma due sono a tempo determinato e presto potrebbero trasferirsi dove c’è garanzia di un posto a tempo indeterminato. Ma non basta: in otorino mancano 2 medici, in ortopedia ne mancano almeno 5, in fisiatria 2, in anestesia e rianimazione almeno 8, in centro trasfusionale ne mancano 3 e tre ne mancano anche in chirurgia vascolare, 2 in urologia. La situazione è davvero desolante».

«L’AO di Cosenza è in agonia – ha continuato Picarelli – e l’attuale management non ha fatto pressoché nulla per risolvere tali gravi carenze. Sono mesi che i Direttori chiedono che vengano colmati i vuoti, ma con il tempo la situazione peggiora. Non sono però solo le carenze di organico che soffocano l’Annunziata.  Da molto tempo per carenza di infermieri, sono accorpati in uno stesso reparto la chirurgia generale, la chirurgia vascolare, insieme ad altre chirurgie specialistiche (senologia, chirurgia bariatrica, chirurgia epatobiliare). Anche l’urologia e la chirurgia toracica sono costrette a condividere lo stesso reparto».

«Di conseguenza – ha concluso – mancano i posti letto e si riducono gli interventi chirurgici. Altro punto dolente le sedute operatorie. Per cattiva organizzazione e per carenza di ferristi ed anestesisti, non è possibile operare colecisti, ernie, varici, ernie del disco, ipertrofia prostatica e tante altre patologie di ogni branca chirurgica. Se il commissario in carica avesse a cuore la nostra azienda farebbe di tutto per dare più spazio alle chirurgie e alle sale operatorie, che producono i più alti DRG». (rcs)

Opi Cosenza: 118 e Pronto soccorso di Cosenza sempre più intasati ed allo sbando

Fausto Sposato, presidente dell’Opi CosenzaOrdine Professioni Infermieristiche, in rappresentanza di tutti i colleghi infermieri, ancora una volta ha lanciato un appello alle Istituzioni  per le “gravi situazioni” che stanno avvenendo al Pronto soccorso e per il 118.

«Ci rivolgeremo alla Procura della Repubblica per garantire sicurezza a tutti gli operatori e tutela ai pazienti. Intervenga, parimenti, il Prefetto di Cosenza» ha detto Sposato.  Sia per la querelle del 118 sia per il Pronto soccorso di Cosenza con cittadini che attendono risposte ed operatori che aspettano certezze.

«Le Pet, le postazioni di emergenza territoriali, sono messe male – ha spiegato Sposato –. Le ambulanze del 118 sono vecchie e capita, finanche, che il paziente si trova l’equipe medica solo per pura coincidenza e fortuna. Ad alcuni si, se va bene. Ad altri no, se va male. Il problema – secondo il presidente Opi – è nell’organizzazione dell’intero sistema sanitario calabrese sempre più penalizzato dalla mancanza di risorse. Chi gestisce la filiera del 118 intervenga ed equilibri le scelte. O tutte con il personale a bordo oppure si chiuda, per garantire pari diritti ai cittadini e pari dignità agli operatori».

E tutto non può ricadere sulle spalle di quei dirigenti lasciati soli e senza risorse. È tempo, allora, «di investimenti importanti tali da procedere con urgenza a nuovi mezzi ed assunzioni: il sistema a macchia di leopardo non funziona e non può più essere tollerato», il suo j’accuse.

Sposato parla di «criticità legate non solo all’aumento dei contagi previsti ma non organizzati” ma anche ai “progetti mancanti nel medio e lungo termine. Si naviga a vista». Non è più pensabile, per gli infermieri cosentini, «assistere impassibili alla disgregazione continua e costante del sistema sanitario».

Senza parlare «dei turni massacranti, dei concorsi non fatti, delle selezioni errate e delle aggressioni ripetute che molti colleghi continuano ad avere». (rcs)

Sposato (Opi CS): Ospedale e Pronto soccorso di Cosenza disorganizzati

«Ao e Pronto soccorso di Cosenza disorganizzati. Si rischia il 10% in più di morte dei pazienti». È questo l’allarme lanciato da Fausto Sposato, presidente dell’Ordine degli Infermieri Cosenza, che ha ribadito che «il sistema sanitario è già saltato. Non è più possibile andare avanti in queste condizioni. Pochissimi infermieri ed operatori sanitari, reparti accorpati, graduatoria ormai esaurita senza alcun concorso all’orizzonte».

«Ed un Pronto soccorso al collasso – ha aggiunto –. Dove sono stati finora i commissari? Dov’è il nuovo? Che fine hanno fatto i Dipartimenti sanitari? Un rischio enorme, anche per i cittadini ed i pazienti. Ed una percentuale di mortalità superiore del 10%».

«Il rapporto, qui – ha spiegato Sposato – parla di un infermiere ogni 12 pazienti mentre la media europea è di uno a sei. È dunque evidente la mancanza di personale. Chi ha amministrato finora non è stato lungimirante per nulla. Al Pronto soccorso di Cosenza lavora un terzo del personale necessario. La situazione in tutta la provincia non è diversa. La sanità territoriale non riesce a fare filtro ed ai cittadini viene negato il diritto anche ad una semplice risposta».

Facile, per Sposato, ricordare le forti prese di posizione dei mesi e degli anni addietro. «Bastava seguire i nostri consigli per non arrivare ad una situazione non più risolvibile. L’innalzamento dei contagi rende più critica la quotidianità, mentre il personale non ce la fa più. Il commissario si assuma tutte le responsabilità del caso: ci sono i soldi per procedere a nuove assunzioni con avvisi pubblici? Si proceda. Devono essere pagati straordinari e premi Covid mai percepiti dai colleghi? Si faccia. Siamo stufi di pagare il malfunzionamento del sistema intero».

L’Opi di Cosenza «non ha mai fatto becero populismo ma raccontato – sempre – la realtà. Se, oggi, molti infermieri scappano letteralmente dal posto pubblico, attraverso quota 100, non è una sorpresa per noi. Se si consente di aumentare ancora l’emigrazione sanitaria verso il Nord non è più una notizia».

«La sanità – ha proseguito ancora – che non programma non serve a nulla. Persistono pazienti che hanno altre patologie che non vengono seguiti. E ci sono operatori che hanno diritto alle loro ferie e ad orari di servizio normali. Viviamo invece momenti drammatici che inevitabilmente si ripercuotono sui cittadini».

«In più – ha assicurato il presidente Opi – la rabbia maggiore è che poi gli operatori sanitari, oltre al carico di lavoro massacrante, ricevono persino minacce dai pazienti per le mancate risposte. L’errore nasce a monte: la fase di commissariamento non ha pagato né paga. Sono state messe a capo dell’intero sistema persone incapaci di gestire così tante problematiche. Noi infermieri siamo i difensori dei pazienti ma la situazione orma è sfuggita di mano».

«È tempo di cambiare e dare risposte – ha concluso –. Ci hanno definito eroi ed ora siamo diventati carne da macello e come merce di scambio per coprire questa o quella emergenza. Sul tavolo sono pronte le nostre idee ma se nessuno continua a non ascoltarci ed al timone si continua a perseverare con persone sbagliate non intravediamo nulla di buono. Per tutti». (rcs)