NECESSARIO INTERVENIRE CON URGENZA: QUANDO NON MANCANO I FONDI, C'È LA BUROCRAZIA A FERMARE TUTTO;
I lavori fermi per il Teatro di Siderno

OPERE INCOMPIUTE, CALABRIA DA PRIMATO
ALTROVE COMPLETANO I LAVORI, MA QUI NO

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Che strana regione la nostra Calabria, dove le opere incompiute, invece di diminuire, aumentano. È quanto emerge dal rapporto Centro Studi Enti Locali basata sui dati trasmessi dalle Regioni al Ministero delle Infrastrutture, dove viene evidenziato che la nostra regione è l’unica, negli ultimi cinque anni, a vedere incrementato il numero delle incompiute: da 17 sono diventate 20, segnando una variazione positiva del 19%.

Un dato in controtendenza – considerato che negli ultimi cinque anni le opere pubbliche incompiute sono state dimezzate – che fa capire quanto sia necessario intervenire per chiudere il caso delle grandi incompiute che, stando al rapporto del Centro Studi Enti Locali, grava sulle spalle dei calabresi di 55 euro pro capite.

Nel lungo elenco, figurano i lavori per il completamento di un teatro nel comune di Siderno, fermi per mancanza di fondi al 38% dell’avanzamento; la realizzazione di Viale dello Sport a Castrovillari, la realizzazione del sistema di collettamento fognario e di un nuovo depuratore a Torre di Ruggiero e i lavori di adeguamento della strada panoramica di Rosarno. Un intervento che, stando all’ultimo quadro economico vale 30 milioni di euro ed è fermo per problemi legati all’impresa appaltatrice. Opere, che vanno a comporre le 379 incompiute localizzate nel Sud e nelle Isole, e per cui servirebbero 700 milioni di euro.

Un importo che supera di quasi 9 volte quello necessario per portare a termine le 41 opere incompiute (11% del totale delle opere appannaggio degli enti territoriali) localizzate nel Nord Italia, per le quali mancano all’appello poco meno di 80 milioni di euro. Le quattro regioni del Centro, con 59 opere (16%) si pongono a metà strada per numero ma sono quelle che necessitano di minori finanziamenti per il completamento: 46.087.625, di cui poco meno della metà riconducibili al Lazio.

Nel rapporto, viene evidenziato come sono «ampie le differenze all’interno di ognuna di queste zone geografiche. A Nord si passa dal Trentino, unica regione italiana a non avere neanche un’opera censita come incompiuta al 31 dicembre 2021 nell’apposita anagrafe, alla Lombardia che ha invece in sospeso 19 opere i cui oneri per l’ultimazione dei lavori ammontano a oltre 59 milioni, oltre il 70% rispetto al totale delle regioni settentrionali».

«Al Sud – si legge – la parte del leone la fa la Sicilia che conta ben 138 opere incompiute, pari al 52% di quelle del meridione e al 38% di quelle di tutti gli enti territoriali italiani. Per completarle tutte, occorrerebbero oltre 284 milioni».

Il Centro Studi, poi, ha specificato che le «opere inserite nell’elenco in questione non sono semplicemente “in corso”. Si tratta di lavori il cui termine contrattualmente previsto per l’ultimazione è già passato e che finiti al palo per problemi di non facile o immediata risoluzione, quali: mancanza di fondi, cause tecniche, sopravvenute nuove norme tecniche o disposizioni di legge, fallimento, liquidazione coatta e concordato preventivo dell’impresa appaltatrice, risoluzione o recesso dal contratto e mancato interesse al completamento da parte della stazione appaltante, dell’ente aggiudicatore o di altro soggetto aggiudicatore».

Insomma, quello che emerge da questa analisi è che, mentre l’Italia va avanti e riduce i numeri delle incompiute – solo 5 anni fa lo stesso elenco, gestito dal Mims, contava 752 opere e, dal 2017, queste si sono globalmente dimezzate – la Calabria fa tre passi indietro, distinguendosi non per meriti, ma per l’ennesimo desolante primato che la vede protagonista.

Desolante, perché se l’Abruzzo da 43 è passato a 5 incompiute e la Puglia da 87 a 27, la nostra regione non fa altrettanto? Certo, tantissime opere sono state sbloccate, come il nuovo Palazzo di Giustizia di Reggio Calabria i cui lavori sono ripartiti dopo la convenzione stipulata tra il Ministero della Giustizia e l’Uta – l’Unità tecnica amministrativa presso la presidenza del Consiglio dei ministri, ma sicuramente si può fare di più. (rrm)