In occasione della Festa della Donna, al Liceo Artistico “Colao” di Vibo Valentia, si è discusso sul tema Dal caporalato alle nuove forme di sfruttamento del lavoro.
L’evento è stato organizzato dal Club per l’Unesco guidato da Maria Loscrì e dall’Aps MedExperience, in collaborazione con l’Associazione Artemisia Gentileschi di Tortora, presidente Diletta Aurora Della Rocca, ha trovato da subito il pieno sostegno del Dirigente dell’istituzione scolastica, Raffaele Suppa, e del suo collaboratore, Giancarlo Staropoli.
L’appuntamento, inserito nel piano delle attività previste per la terza edizione del Premio Shahrazad, ha visto la presenza di studiosi ed esperti della tematica, i quali hanno intrattenuto, non solo gli studenti e gli ospiti presenti in aula magna, per la mattinata, ma anche i ragazzi e l’uditorio coinvolti grazie alla diretta streaming. I saluti iniziali, affidati al Dirigente scolastico, Raffele Suppa, sono stati incentrati sul significato che l’8 marzo deve avere ogni giorno dell’anno, in qualsiasi momento della vita delle persone, indipendentemente dalla giornata specifica dedicata alla donna. L’auspicio del capo di istituto è che il livello delle competenze, sempre più alto, anche delle studentesse, possa consentire loro di conquistare i vertici di enti e aziende.
Sulla stessa lunghezza d’onda la presidente del Club per l’Unesco di Vibo Valentia, Maria Loscrì, la quale ha incentrato il proprio intervento iniziale sull’impegno, profuso dall’Unesco a livello mondiale e poi, territoriale, in merito all’importanza che l’Educazione riveste nel raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 fra i quali, il goal n. 4 (garantire un’educazione di qualità, inclusiva ed equa) e il n. 5 (uguaglianza di genere). Diletta Aurora Della Rocca, intervenuta per l’associazione Artemisia Gentileschi, con sede a Tortora, ha salutato i presenti richiamando l’attenzione sul concetto di violenza che colpisce e ferisce l’umanità, ledendone i diritti fondamentali, sempre e comunque ma che, perpetrata contro le donne, sta assumendo il volto di una vera e propria piaga sociale.
Giap Parini, sociologo e docente Unical, direttore del Dipartimento di Scienze e Politiche sociali dell’Università di Cosenza, nel ricordare le vittime di Cutro, all’apertura del proprio intervento, ha sottolineato l’esigenza che venga restituita alla realtà, la terza dimensione, oltre alle due attraverso la quale tradizionalmente la percepiamo. Anche la disamina compiuta specificamente sul tema della giornata, il caporalato e le moderne forme di sfruttamento di lavoratrici e lavoratori, ripercorrendo in modo magistrale cinque secoli di storia, ha dato ai partecipanti l’esatta cognizione di una condizione geo-politica, storica, culturale ed economica della nostra Regione all’interno della quale le donne sono state ora “femmine a perdere”, ora «persone assoggettate e complici del sistema», nel quale ultimo la ‘ndrangheta, con l’arrivo dei fondi europei, si è inserita ben presto. Cambia il contesto con l’arrivo delle donne e degli uomini magrebini e le rivolte delle bidonvilles in versione calabrese (Rosarno in prima linea), ma il “pollice verde della ‘ndrangheta” è stato ormai ampiamente sperimentato.
Michele Sapia, segretario regionale Fai Cisl Calabria, ha richiamato la forte vocazione agricola, ambientale, paesaggistica della regione Calabria, ponendo l’accento sul ruolo dei lavoratori della forestazione e della bonifica, le “tute verdi” che, come nel passato, dovranno necessariamente essere protagonisti della transizione ambientale, fondamentale anche per il settore agricolo calabrese. Sarà indispensabile puntare su una vera e propria progettualità, da attuare attraverso la grande opportunità costituta dalle risorse provenienti, in primis, da PSR e PAC in cui è stata introdotta la clausola della condizionalità sociale che lega i finanziamenti al rispetto delle condizioni di lavoro dignitoso in agricoltura.
«Il settore agroalimentare – ha proseguito Sapia – rappresenta un motore economico per la Calabria, considerato che costituisce il 60% delle intere esportazioni regionali. È però urgente compiere importanti passi avanti su quello che chiamiamo “lavoro agricolo di qualità”, ben retribuito e sicuro, che metta al centro la parità di genere, la conciliazione vita-lavoro, il pieno riconoscimento della dignità di ogni singola lavoratrice e ogni singolo lavoratore, incentivando un cambiamento partecipato che promuova il confronto, l’informazione e la contrattazione. Lo sfruttamento e il caporalato in agricoltura devono essere contrastati dando piena attuazione alla legge 199 del 2016, soprattutto nella parte che riguarda gli aspetti preventivi, tra cui una maggiore adesione delle aziende agricole alla Rete del Lavoro agricolo di qualità, ma anche attraverso una maggiore sensibilizzazione anche tra le persone, come fatto dalla Fai Cisl con la petizione “Mai più ghetti”, la piena operatività dell’Osservatorio regionale agricolo e del Tavolo di Lavoro Regionale di contrasto al Caporalato».
L’intervento conclusivo è stato affidato a Nicola Tavoletta, presidente nazionale di Acli Terra il quale, intervenendo dalla sede laziale dell’Associazione nazionale professionale agricola, ha messo in evidenza, non senza nascondere l’emozione, che la manifestazione organizzata per la Giornata Internazionale della Donna, partecipata da molti uomini, si stava svolgendo dinnanzi al palazzo sede dell’associazione, in cui la gran parte del gruppo della leadership è rappresentato da donne.
Su specifico assist fornito da Diletta Della Rocca, il presidente Tavoletta si è soffermato sul concetto di Welfare associandolo a quello di armonia per costituire, insieme, un binomio inscindibile. Nella naturale imperfezione che caratterizza l’essere umano in quanto tale, il compromesso, ossia il mettere insieme le parti, è l’elemento che può e deve fare la differenza in società in cui le regole della democrazia siano sostanziali, e non solo formali.
Vincere la scommessa del riconoscere la piena e completa centralità della persona, anche nel campo del lavoro, e non solo nel comparto dell’agricoltura, significa ripartire dalle relazioni che rendono la persona parte di una comunità e, quest’ultima, protagonista assoluta di cambiamento, di percezione e di senso. Il nuovo paradigma del lavoro non può che fondarsi sulla necessità che alla lavoratrice e al lavoratore sia assicurata la piena dignità di vita, personale e della propria famiglia, poiché la condizione tristemente emergente non è solo quella della dis/inoccupazione, quanto quella di una condizione di povertà conclamata, anche per chi lavora. (rvv)