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Il Teatro Italiano rende l’ultimo saluto all’attore rendese Salvatore Puntillo

Il Teatro Italiano rende l’ultimo saluto all’attore rendese Salvatore Puntillo

di PINO NANOSalvatore Puntillo era nato a Rende, ad Arcavacata, il 27 luglio del 1935. È morto a Roma, all’età di 89 anni, domenica scorsa, 14 luglio. Sabato si sono celebrati i suoi funerali, nella Chiesa che sta a ridosso di Viale delle Provincie, tra Piazza Bologna e la direttrice per la stazione di Roma Tiburtina.

Un lutto improvviso che ha colto di sorpresa tutti, non solo la sua famiglia, ma soprattutto il mondo del teatro romano che ancora viveva attorno ai suoi progetti e alle sue sornione provocazioni. Calabrese come pochi, profondamente calabrese, Salvatore Puntillo non aveva mai staccato la spina dalla sua Rende e dai tantissimi amici che aveva ancora in Calabria, nonostante avesse lui vissuto gran parte della sua vita qui a Roma, alle prese con il mondo del cinema e soprattutto del teatro d’autore. 

Dopo la maturità classica in Calabria, Salvatore lascia Rende e si trasferisce a Roma, si iscrive a giurisprudenza, ma il teatro lo prende così tanto che alla fine si arrende e insegue i “suggerimenti del cuore”. Finisce all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Già allora è tra i primi del corso, insuperabile nella recitazione e soprattutto nell’arte del doppiaggio, una dote naturale che da grande gli permetterà mille voli pindarici diversi. Si diploma alla Silvio D’Amico con il massimo dei voti e vince immediatamente un provino con Luchino Visconti e Giorgio de Lullo, e viene scritturato dalla mitica “Compagnia dei Giovani”, De Lullo, Vali, Falk e Albani. Rimane con loro per tre stagioni diverse, vivendo le sue prime grandi esperienze sia in Italia che all’estero. 

Alfieri, Pirandello, Cecov, Eliot, Shakespeare, Fabri, Bibbiena, Goldoni, sono gli autori con cui si cimenta di frequente e che ama di più, interpretando da subito parti di primissimo piano e da protagonista. Prende parte all’Egmont di Goethe con musiche di Beethoven, per la regia di Luchino Visconti, e sotto la direzione dei maestri Gavazzeni prima e Claudio Abbado poi. Con questo spettacolo, ha la fortuna di calcare, lui attore di prosa, i palcoscenici dei templi della lirica, la Scala, l’Opera, il San Carlo, il Comunale di Bologna, la Fenice. 

Sempre per la musica, è voce recitante al Comunale di Firenze nella “Passio di Penderevschi”, sotto la direzione di Pietro Bellugi, quindi a Grado nell’Histoire du soldat di Stravinscki. Ed ancora “Le Gendarme”, ne “Le gendarme incompris” di Poulenc con la regia di Olivier Benezech e la direzione di Gaullome Turnaire. Per la prosa poi è allo stabile di Roma, a quello di Bolzano, de L’Aquila, e sempre più spesso a Torino e a Milano. E’ presente ai più importanti appuntamenti d’arte, soprattutto a Spoleto e più volte all’istituto del Dramma Sacro di San Miniato.

Partecipa spesso da protagonista a numerosi spettacoli estivi, come Tommaso Moro, La bottega del café, I Giganti della montagna, La Mandragola e tanti altri. Da protagonista interpreta “Chi ha è chi non è”, “Francesco il Re”,  “Giangurgolo”, “Antonello Capobrigante”, “Antigone (Creonte)”, “Edipo Re”, “Enrico IV”, “Il Berretto a sonagli”, “L’uomo la bestia la virtù, “Un curioso accidente”, e via ancora su questa scia infinita di proposte e di progetti diversi. 

Geniale e visionario come solo lui sapeva esserlo un giorno decide che è arrivato anche per lui il momento di debuttare nella regia, e pur se impegnato continuamente con il teatro non disdegna nè il cinema nè la TV. Anzi, in passato, ricordano i figli, ne è stato spesso totalmente assorbito. Ma a questo proposito non posso non ricordare i commenti di ammirazione e di stina nei suoi riguardi da parte di Antonio Minasi, storico e indimenticabile Capo Struttura dei programmi della Sede Rai della Calabria, con cui Salvatore Puntillo esordì giovanissimo e anche con grande successo popolare. Sono tantissimi i programmi che alla fine degli anni ’70 lo vedono impegnato negli studi e nelle stanze di Via Montesanto, al numero 25, e al secondo piano del palazzo delle Assicurazioni che allora ospitava la RAI.

Per il cinema, Salvatore Puntillo realizza mille altre cose diverse, “Io e Dio”, “Camorra”, Milano Violenta”, “La città gioca d’azzardo”, “Top sensation”, “Profondo rosso”, “L’arma”, “L’ora”, “Il movente”, “Mannaia”, “Il portaborse”, “Il giudice ragazzino”, “Li chiamavano i briganti”, ma la sua filmografia vanta oltre cinquanta pellicole diverse, che vanno dalle commedie agli erotici, e dai polizieschi ai film drammatici. 

Lavora con registi come Mario Soldati, Pasquale Squitieri, Dario Argento, Alberto Negrin, Bruno Corbucci, Salvatore Nocita, Mario Ferrero, Giancarlo Nicotra, Roberto Cimpanelli. Con Giuliano Montaldo partecipa alla realizzazione dello sceneggiato TV “Marco Polo”, di “Jekyll” con Giorgio Albertazzi, di “Joe Petrosino” con Daniele D’Anza e di “Faustina” con Luigi Magni. Ma lavora anche con Paolo Gazzara, Alberto Marras, Daiele Luchetti, Alessandro Di Robilant, Sergio Nasca, Sergio Martino, Giuseppe Pulieri, Lucio Fulci, e tanti altri ancora. Aveva esordito al cinema giovanissimo, nella prima metà degli anni Sessanta, in qualità di comprimario, ma già da allora si capiva che il “ragazzo” era più che una promessa o un esordiente.

«Aveva frequentato le grandi compagnie degli anni Sessanta recitando molti classici a fianco dei più grandi attori italiani. Una gran bella figura Salvatore Puntillo. Un pioniere dello spettacolo calabrese – scrive di lui Paride Leporace che conosce il mondo dei teatri e del cinema come le sue tasche –. Ricordato da qualche manifestazione locale con un premio o un invito e che si era conquistato una simpatia popolare tra il pubblico generalista del Novecento calabrese». Assolutamente vero.

Per la televisione, oltre alla ripresa di molte opere teatrali, interpreta da protagonista “La signora Ava”, “Morte di un seduttore di paese”, “Abramo Lincol”, “L’eroe”, e il “Processo Redoli. Animato dalla sua grande passione per il teatro, sospinto poi anche dalla sua grande umanità e da questo forte senso civico a cui non è mai venuto meno, si è impegnato per diverso tempo anche in un laboratorio teatrale molto speciale, che lo ha visto lavorare con i detenuti della casa Circondariale di Cosenza. Diceva sempre “La parola non basta se non è seguita dall’azione”. Così come ha sempre seguito per l’Irfea un laboratorio extra-scolastico per allievi delle scuole dell’obbligo. Ma ha tenuto per lunghissimi anni, già lui ormai vecchio, corsi di recitazione, e lezioni privare e di perfezionamento di altissimo livello professionale e accademico. E’ stato anche e non a caso Professore a contratto presso L’Università di Fisciano, in provincia di Salerno. Ricercato lettore di poesia e fine dicitore per anni ha presentato sempre nuovi autori con il conforto dei tanti amici critici che Salvatore aveva sempre attorno.

Salvatore è morto nella sua casa romana, nei pressi di Piazza Bologna, ed è morto all’improvviso. I figli Fabio e Valerio mi dicono che lo avevano appena salutato e che stava ancora perfettamente in forma. Insomma, se né andato in silenzio e senza disturbare nessuno, per come aveva praticamente vissuto tutto il resto della sua vita. E rimarrà qui a Roma per sempre, perché riportarlo a Rende, in Calabria, dove era nato e dove ci sono ancora pezzi importanti della sua famiglia di origine, sarebbe come privare i figli di un bene fisico che hanno sempre avuto, e sentito accanto, in ogni momento della loro vita. (pn)