di ARISTIDE BAVA – Venerdì sarà presentato, a Locri, presso la sede del Lions Club, in Piazza stazione, da Giuseppe Macri, ingegnere di Bovalino trapiantato a Locri ben noto cultore di cartografia storica e di storia della Calabria, nonchè Carmine Laganà, architetto di Palizzi, trapiantato a Milano, curatore di arte contemporanea con all’attivo diverse monografie il libro Il giglio, la spada e la mano di Pietra con sottotitolo Antonia Alberti e la strage di Pentedattilo.
Il libro è uscito in questi giorni e ricostruisce sulla base di precisa documentazione la vicenda della strage di Pentedattilo e di Antonia Alberti che di quella vicenda fu vittima. Una rivisitazione di quella vicenda avvenuta grazie al ritrovamento, negli archivi degli Alberti, da parte dei due autori, di importanti documenti che i due scrittori hanno incorniciato nel romanzo. Il libro, edito da Laruffa si presenta come un affresco storico di notevole spessore dal quale emerge la condannabile condizione femminile dell”epoca, «nella opprimente cornice di una società pesantemente zavorrata da una tradizione oscillante fra i tratti suggestivi di riti, usi e costumi da una parte e le prevaricazioni più abiette della tirannia feudale dall’altra».
La presentazione del libro organizzata dai Lions club di Locri, Siderno e Roccella, sarà arricchita da alcune relazioni di Vincenzo De Angelis e Pasquale Flachi con conclusioni del presidente della XI Circoscrizione Lions, Giuseppe Ventra. L’incontro culturale, è previsto con inizio alle ore 18.
Una vicenda che risale al 1686 avvenuta nel piccolo borgo di Pentedattilo, allora feudo tenuto dai marchesi Alberti, di cui hanno anche parlato storici nazionali e storici locali, nonché lo stesso viaggiatore, scrittore e paesaggista Edward Lear. Per molto tempo la storia di quella vicenda è stata tramandata sulla base di tradizioni orali che hanno privilegiato solo alcuni degli aspetti indicati e, probabilmente, falsati da errate considerazioni.
Una storia che ha come protagonisti due giovani innamorati e due famiglie, quasi a ricordare la Verona del 1300 e il dramma vissuto da Giulietta e Romeo, anche se in questo caso riguarda Pentedattilo, allora piccolo marchesato della Calabria. In sintesi si racconta che tra la famiglia Alberti, marchesi di Pentedattilo, e la famiglia Abenevoli, baroni di Montebello Ionico, vi era da sempre una rivalità nata per questioni relativi a confini comuni.
Nel 1680, anche su pressioni del Viceré di Napoli che desiderava che nella zona regnasse la pace, le tensioni tra le due famiglie parevano andassero a scemare tanto che il capostipite della famiglia Abenevoli, il marchese Bernardino, progettava di prendere in moglie Antonietta, figlia del marchese Domenico Alberti, di cui si era innamorato e dalla quale veniva corrisposto.
Il marchese Domenico aveva acconsentito al matrimonio subordinandolo alla maggiore età della figlia. Però mori anzitempo e gli succedette il figlio Lorenzo, il quale, poco tempo dopo la morte del padre, prese in moglie la figlia del Viceré di Napoli, Caterina Cortez. Proprio in occasione di questo matrimonio giunse a Pentedattilo il corteo nunziale: il Viceré accompagnato dalla moglie, la futura sposa e il fratello Don Petrillo Cortez.
Quest’ultimo conobbe in tale occasione Antonietta e se ne innamorò. Chiese quindi a Lorenzo di poter sposare Antonietta e il marchese Alberti acconsentì alle nozze, non tenendo in alcuna considerazione la promessa del padre al barone Bernardino che saputo del “tradimento” andò su tutte le furie e decise di vendicarsi sulla famiglia Alberti. Quindi la notte di Pasqua del 16 aprile 1686, Bernardino riuscì ad introdursi nel castello di Pentedattilo con i suoi uomini e, arrivato fino alla camera da letto di Lorenzo, lo uccise.
Nel frattempo, i suoi uomini assalirono le varie stanze del castello uccidendo quasi tutti i suoi abitanti, compreso un bambino di soli nove anni, fratello di Antonietta che venne risparmiata e, dopo la strage, portata nel castello di Bernardino a Montebello Ionico e poi da lui sposata. La notizia della strage giunse presto alle orecchie del Viceré di Napoli, il quale inviò una spedizione militare in Calabria che attaccò il Castello degli Abenavoli, e catturò gli esecutori della strage, le cui teste furono tagliate e appese ai merli del castello di Pentedattilo.
Poi la storia si mescola alla leggenda e si racconta che il barone di Montebello, riuscì a fuggire insieme ad Antonietta e, dopo aver lasciato quest’ultima presso un convento a Reggio Calabria, scappò prima a Malta ed in seguito a Vienna dove entrò nell’esercito austriaco. Bernardino trovò la morte in battaglia nell’agosto del 1692 mentre Antonietta Alberti, il cui matrimonio fu comunque sciolto dalla Sacra Rota in quanto contratto per effetto di violenza, finì i suoi giorniin un convento di clausura, consumata dal dolore e dal rimorso per essere stata lei la causa dell’eccidio dell’intera sua famiglia. Il ritrovamento dei documenti negli archivi Alberti consentono adesso un racconto più vicino alla verità, per quanto scomoda essa possa essere. (ab)