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A Reggio e a Mileto ricordato mons. Giuseppe Morabito a 100 anni dalla morte

A Reggio e a Mileto ricordato mons. Giuseppe Morabito a 100 anni dalla morte

di ALFREDO FOCÀ –  Celebrazioni, a cento anni dalla scomparsa, della memoria di Mons. Giuseppe Morabito, Vescovo della diocesi di Mileto per trent’anni, dal 1892 al 1922, uomo di profonda cultura e umanità, uomo di grande spiritualità, portatore di valori.

Giorno di S. Francesco Saverio, vado a cantargliene quattro, in Paradiso. Giorno di San Francesco Saverio io finisco”, così profetizzò con un filo di voce S.E. Rev.ma Mons. Giuseppe Morabito, Vescovo di Mileto dopo una lunga e debilitante malattia. Il 2 dicembre 1923 lasciò questa terra dalla sua baracca episcopio per incontrare in Paradiso S. Francesco Saverio di cui fu devotissimo.

Mons. Giuseppe Morabito, teologo, letterato, umanista, scrittore, conferenziere, nacque a Reggio Calabria, quartiere Archi, il 5 giugno 1858. Giovincello vivace e intelligente fu ammesso al Seminario reggino con una borsa di studio (Monte di Pietà Spagnolio); seminarista studioso e diligente, ricevette l’ordinazione sacerdotale il 18 dicembre 1980. Proseguì gli studi presso l’Università Gregoriana di Roma dove conseguì brillantemente la laurea in Teologia con i complimenti di Papa Leone XIII. Tornato a Reggio seguì la sua inclinazione di docente e oratore molto apprezzato collaborando con l’Arcivescovo Metropolita Cardinale Gennaro Portanova; lo stesso che un giorno del novembre 1898 (a quarant’anni) gli comunicò che “ …il S. Padre lo nominava vescovo”. 

La solenne cerimonia della consacrazione episcopale fu presieduta dal Card. Portanova nella cattedrale di Reggio e il 14 settembre 1899, il novello Vescovo, fece il suo ingresso a Mileto.

Con la sua prima lettera episcopale, Il Sentimento Cristiano, manifestò la sua propensione verso l’insegnamento e verso una pastorale di religiosità e di devozione. L’attenzione verso il clero della più estesa diocesi calabrese fu indirizzata, fin dai primi passi, ponendo in primo piano il rafforzamento culturale, la formazione spirituale e pastorale permanente; lo studio e il magistero dei doveri fondamentali dei sacerdoti. Egli, concretamente, organizzò periodiche conferenze culturali e sociali, le giornate della cerimonia dell’ubbidienza e, nel 1903, inaugurò l’episcopio, una sala per gli studi sociali, l’Accademia di Sacra Eloquenza. Mons. Morabito definì il Seminario: “pupilla degli occhi miei”. Ma i suoi progetti di carattere eminentemente formativo, spirituale e mistico furono sconvolti da ben tre terremoti 1905, 1907, 1908, di cui due devastanti, che lo indussero ad un impegno verso un’opera più laica di soccorso e assistenza alle popolazioni disastrate, ai poveri, agli orfani. Egli seppe affrontare i problemi di primo intervento assistenziale, e, conseguentemente, di ricostruzione saldamente ancorati alla fede e alla speranza pregna di carità cristiana e di visione futura. In questa sfera etica, civile, cristiana si batté per evitare il trasferimento degli orfani e, di conseguenza, la dispersione di un’intera generazione, si batté con risolutezza e metodo, determinazione e risultati che potremmo riassumere assumere come “Metodo Morabito”.

Faro luminoso di rettitudine, fede e morale cattolica chiese personalmente collaborazione e aiuti in molte città Italiane, ai vescovi e ai parroci, al Vaticano, a Casa Savoia, a benefattori e mecenati; chiese ed ottenne offerte e contribuzioni ma non elemosine; forte della sua fede non piagnucolò, non recriminò, tese la mano ma con dignità! Offrì gratitudine e integrità morale. Tornò successivamente nelle stesse comunità donatrici per rendicontare accuratamente l’utilizzazione delle somme ricevute e gli interventi eseguiti nelle zone terremotate. Accolse tra le macerie e nelle baracche medici e militari, sacerdoti e volontari per orientare nei migliori dei modi gli aiuti verso interventi risolutivi e non provvisori. Fondò ospedali e orfanotrofi, il primo centro antimalarico in Italia, un avanzatissimo “Osservatorio Sismico e meteorico” (1907) installato seminterrato del seminario. Morabito chiese la collaborazione di P. Guido Alfani, di Fusakichi Omori (direttore del dipartimento di sismologica dell’Università di Tokio) furono consultati Giuseppe Mercalli, Mario Baratta, ed altri illustri scienziati, direttore dell’Osservatorio fu don Rosario Labozzetta docente di matematica e fisica presso il seminario vescovile di Mileto.

La diffusione delle malattie infettive ed in particolare la propagazione del vaiolo e della malaria riscontrate anche in occasione dei soccorsi dopo il sisma del 1908 lo indussero a diffondere la cultura dell’igiene e della prevenzione delle malattie infettive con conferenze, lezioni, con la pubblicazione di un manuale di igiene.  Avuta contezza della grave situazione sanitaria e delle carenze assistenziali aggravate dalle conseguenze del terremoto del 1905, diede vita ad un progetto di medicina caritatevole rivolta soprattutto ai poveri, agli indigenti e agli emarginati con l’istituzione di un grande ospedale, del primo centro antimalarico in Italia per la distribuzione e la somministrazione del chinino, e di una rete di ambulatori distribuiti in tutto il territorio della diocesi. Alla sua chiamata risposero molti medici volontari con a capo il dr. Carlo Taccone. Durante la cruenta epidemia di colera del 1910 emanò una pastorale dove accanto alle informazioni sui comportamenti da tenere per bloccare o almeno limitare il contagio con le più elementari precauzioni igieniche, evidenziò che i contagi derivavano anche dalla sconfortante situazione sociale di una popolazione ancora alle prese con i problemi post-terremoto

Nacquero sotto questi auspici l’Ospedale “S. Francesco Saverio”, con annesso sanatorio e ambulatorio antimalarico, in località Nao-Ionadi, gli asili “S. Giuseppe” a Mileto, “S. Francesco” a Palmi e Gioia Tauro; il Ricreatorio Salesiano a Monteleone (oggi Vibo Valentia); l’Ospizio per anziani abbandonati, la scuola serale per adulti sempre a Mileto. Mons. Morabito diede vita alle poliedriche strutture educative di Polistena, incentrate nelle opere di “San Giuseppe” comprendenti gli Orfanotrofi con duplice sezione maschile e femminile ed annessi laboratori differenziati di falegnameria, sartoria e calzoleria, oltre a un complesso bandistico di 70 elementi. Fu inoltre trasferita a Polistena la tipografia voluta dal vescovo e fondata dal suo segretario don Agostino Laruffa

Una costellazione di iniziative, sostenute da benefattori provenienti da tutto il territorio nazionale che ebbero lo scopo di accogliere ed educare gli orfani del sisma, onde evitare che essi si allontanassero, esuli, fuori Calabria, impoverendo le comunità colpite di risorse umane preziose per la sua rinascita.

Mons. Morabito, dotato di visione politica lungimirante, coltivò con attenzione rapporti di stima con la regina Margherita, della quale sono note diverse lettere personali, e con i Savoia da una parte, con il delegato pontificio Emilio Cottafavi e il Cardinale Merry Del Val dall’altra realizzando così una sorta di iniziale conciliazione tra lo Stato italiano ed il Vaticano. In questa direzione, infatti, Morabito assecondò la collaborazione tra Don Luigi Orione e la contessa Gabriella Rasponi Spalletti del “Patronato italiano Regina Elena” a favore degli orfani del terremoto che, a Reggio soprattutto, aveva creato frizioni e tensioni.

Le testate giornalistiche italiane, dalle più diffuse in ambito nazionale alle testate locali, riportarono, nel tempo, la sua operosità, mettendo in evidenza la stima di cui godeva a tutti i livelli ecclesiastici, militari, civili, con la Casa Reale, con gli scienziati dell’epoca. Finanche le testate anticlericali, nei loro commenti non sempre benevoli verso il Vaticano e Pio X, scrissero parole di stima e di fiducia per Mons. Morabito e per la sua opera a favore dei bisognosi. Paolo Orsi scrisse: “l’opera sua grandiosa di Pastore e di filantropo, animato di una carità ardente per gli umili e gli sventurati durerà a lungo. […] ne ricordo la grande bontà d’animo e la semplicità del costume, nonché la vasta dottrina”

A cento anni dalla morte celebriamo la memoria di un Calabrese dalla tempra adamantina che, in un momento storico molto triste per la nostra terra, fu esemplare modello di carità cristiana, di forza morale per suscitare speranza ai sofferenti, agli orfani, ai semiorfani.

 

Le celebrazioni sono state tenute il 3 dicembre 2022 a Mileto a cura di Mons. Filippo Ramondino e S.E. Rev.ma Mons. Attilio Nostro, vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea. A Reggio Calabria Mons. Giuseppe Morabito è stato ricordato nell’Aula Capitolare della Cattedrale da S.E. Rev.ma Mons. Fortunato Morrone, Arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, dalla Dott.ssa Irene Calabrò, assessora alla cultura del Comune di Reggio, Mons. Antonino Denisi, il prof. Alfredo Focà. Hanno coordinato i lavori il Prof. Giuseppe Caridi, Presidente della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e il dott. Stefano Iorfida, Presidente dell’Associazione Culturale Anassilaos in presenza dei discendenti di Mons. Giuseppe Morabito, Vescovo di Mileto.

Nell’occasione è stato presentato il volume del Prof. Alfredo Focà: “Mons. Giuseppe Morabito Vescovo di Mileto, Angelo dei terremoti, Padre degli Orfani, Apostolo della medicina caritatevole” edito da Laruffa. (af)\