di MIMMO NUNNARI – Chi si trova a percorrere partendo da Reggio la strada statale 18 una delle più belle e panoramiche dello Stivale italico (“Un roseo ombrellone”, scriveva la poetessa polacca Kazimiera Alberti del tratto Scilla Bagnara in “L’anima della Calabria”) un tempo denominata strada Regia delle Calabrie, quando giunge al bivio Grimoldo in territorio di Bagnara incontra un cartello stradale che indica tra altre la direzione Bovalino, con la specifica che occorrono 94 chilometri per giungere a destinazione.
Ma quella strada, nata per collegare Tirreno e Jonio, non c’è più, o almeno non c’è più tutta. In tempi lontani fino a più di mezzo secolo fa era interamente percorribile. Era stata aperta nel 1928. Attraversava numerosi centri abitati, tra cui Sant’Eufemia d’Aspromonte, Sinopoli, Cosoleto, Delianuova, Scido, Santa Cristina d’Aspromonte, Platì, Careri e Benestare, prima di sboccare a Bovalino, dove avveniva la congiunzione storica e pure romantica tra Jonio e Tirreno. Dai miti del mare di Ulisse e di Scilla e Cariddi si passava ai miti del mare dei greci, Persefone, Nosside e alle aree sacre di Locri. Certo, percorrerla da un punto all’altro, non era agevole: i tornanti, le vallate, le ascese, i dirupi, i pericoli di frane o di crolli dei ponticelli, rendevano tutto estremamente difficoltoso. Ci volevano braccia buone e molta perizia, per guidare gli automezzi del tempo, senza servosterzo e altri congegni di cui dispongono oggi gli automezzi moderni. Ma la strada c’era, bella, paesaggisticamente unica. Interessava i territori di almeno 40 comuni.
Col tempo, di quella vecchia strada che s’infilava nel cuore dell’Aspromonte, però rimasero solo i cartelli stradali. A causa di smottamenti, frane, cedimenti, divenne impercorribile. Strada chiusa: avvertiva in certi tratti la segnaletica. Interrotta ufficialmente dal 1951, da quando una disastrosa alluvione la sconvolse, dopo essere stata in anni precedente pesantemente danneggiata, alla fine della Seconda guerra mondiale, dai tedeschi in ritirata. Settant’anni dopo, l’Anas, azienda statale delle strade, ancora non ha provveduto a sistemare i guasti delle calamità naturali e della coda malefica della guerra. La scusa, dopo anni di abbandono totale, è che l’arteria aspromontana è passata sotto la competenza e vigilanza degli enti locali, prima la Regione e poi la Provincia, che a Reggio è diventata ente della Città metropolitana. L’Anas se ne è disfatta e Who has been seen, has been seen, come dicono gli inglesi che hanno imparato dai romani la classica e significativa espressione “Chi s’è visto s’è visto”, che indica che non si farà più niente.
Ne avrebbero dovuto costruire una nuova di strada, ma seppure progettata, appaltata e iniziato a costruirla ormai decenni fa, la Bovalino Bagnara è finita nell’elenco delle incompiute, in quel museo degli errori e degli orrori a cielo aperto del non finito per cui la Calabria è famosa. L’idea originaria di collegare con una nuova arteria a scorrimento veloce le fasce costiere dello Jonio e del Tirreno è da attribuire all’ingegnere Antonio Brath, noto progettista operante in Calabria a metà del secolo scorso.
La nuova strada, anch’essa denominata Bovalino-Bagnara, come la vecchia 112, avrebbe dovuto più che dimezzare le distanze: dai 94 chilometri della vecchia strada, con la nuova si sarebbe passato a 39 Km: con 8 svincoli, 4 innesti, 23 viadotti, 3 gallerie naturali ed anche 11 gallerie artificiali. Una meraviglia: un’opera, moderna e strategica, che se fosse stata completata avrebbe fatto uscire dal secolare isolamento il cuore antico dell’Aspromonte, aprendo prospettive di sviluppo economico sempre sognate. Una favola, purtroppo, al momento, senza lieto fine. I lavori sono fermi ormai da tempo e chi volge lo sguardo oltre il muretto di un ponte, vicino a Platì vede solo un’arteria “abbandonata”: un mostro di cemento, con i piloni scheletriti, che muoiono, scalcinandosi lentamente. Non c’è peggiore esempio di questa strada incompiuta, come emblema dell’abbandono dello Stato e delle istituzioni in Calabria: strade mai realizzate, strade mai finite, strade mai ammodernate. L’Anas in Calabria, parafrasando il titolo di un vecchio film, è come il “fantasma dell’opera”.
C’è e non c’è. È qualcosa di etereo, immateriale, evanescente. La Bovalino Bagnara o qualcosa che le rassomiglia simbolicamente al cinema c’è finita davvero, con Aspromonte – La terra degli ultimi di Mimmo Calopresti, film tratto dal romanzo di Pietro Criaco “Via dall’Aspromonte (Rubbettino editore) che racconta di uomini, donne e anche bambini che decidono di costruirsi da soli la strada che possa farli uscire dall’isolamento in cui sono stati condannati a vivere. Volevano una strada per unirsi all’Italia, perché loro, ad Africo, dove è ambientato il racconto, erano fuori dall’Italia, dimenticati, abbandonati.
Non c’è solo il cinema o la fiction in questa faccenda di strade che i cittadini si fanno da se – anche se la vicenda raccontata da Pietro Criaco è vera – perché qualcosa è accaduto realmente, non molto tempo fa, e ha a che fare con la Bovalino Bagnara. A Platì, villaggio anch’esso sperduto è dimenticato, gli abitanti, con le loro mani e con mezzi di fortuna, lavorando notte e giorno, hanno ricostruito un tratto crollato della vecchia Bovalino Bagnara che non c’era più: franata, spazzata da smottamenti e alluvioni, senza che mai nessuno fosse intervenuto per ripristinarla. Uno schiaffo allo Stato, alle istituzioni che, si sa, da quelle parti – terra straniera – è inutile aspettare. Tanto vale far da soli, giusto il consiglio di un secolo fa di Umberto Zanotti Bianco, filantropo, educatore, politico piemontese che spese parte della sua vita accanto al popolo calabrese. Alle lamentele degli abitanti di Africo, per la mancanza di un ponte, esclamò: «… Ma che tra tutti i milleottocento quanti siete non si siano trovati dieci, venti uomini di buona volontà, disposti a tagliare nei vostri boschi qualche albero d’alto fusto per… fare una passerella, questo è per me incomprensibile».
Zanotti Bianco aveva ragione e sapeva pure che in Calabria lo Stato colpevolmente non c’era. Gente come lui in Calabria era sceso a supplire a quell’assenza storica. Un secolo dopo, in tempi di Pnrr, di investimenti da fare senza sapere magari come e dove investire, ci facciamo una domanda: perché non concentrare tutti gli sforzi (di parlamentari, enti locali, Regione) per consentire di riprendere i lavori della Bovalino Bagnara? E dare un finale lieto alla favola? (mnu)