di RAOUL ROMANI – Ricorda vagamente Massimo Cacciari, il filosofo per due volte sindaco di Venezia. Come Cacciari è professore universitario, è fiero della sua barba sale e pepe, ha la dialettica sciolta di chi è abituato a parlare ai giovani. E come Cacciari è un ex comunista, per nulla dimentico di una tradizione familiare (il papà, Silvestro, era consigliere comunale del PCI negli anni Settanta) anche se oggi decisamente più temperata.
Sessantadue anni ben portati, due figlie, Valerio Donato, ordinario di diritto privato all’Università Magna Graecia, ha lanciato una sfida ai due principali schieramenti politici di Catanzaro, ponendosi al centro dello scenario e candidandosi fuori da ogni schema alla carica di sindaco del Capoluogo.
La tessera del PD in tasca non gli ha impedito di scompaginare gli schemi all’interno del centrosinistra cittadino dove si agitano tante anime tra loro contrapposte. Ma anche nel centrodestra, dove il prof ha numerosi estimatori, la sua candidatura ha provocato dinamiche inaspettate, al punto che qualcuno lo ha anche proposto come candidato dello schieramento a trazione Forza Italia-Lega-Fratelli d’Italia.
Ma chi è davvero Valerio Donato? Un visionario che vuole cambiare la città capoluogo della Calabria, oggi praticamente senza rappresentatività politica (ha un solo consigliere regionale) e svuotata di ogni funzione? Oppure, come attaccano i suoi denigratori, il rappresentante di poteri forti e lobby economiche?
La storia personale di Donato sembrerebbe smentire seccamente i suoi nemici, alcuni dei quali si annidano proprio tra le mura del campus universitario di Germaneto. Il prof ha respirato politica fin da bambino, in tempi in cui essere comunisti non era una cosa semplice e comoda per una famiglia. La sua è un’estrazione di quartiere, Gagliano, uno degli insediamenti più antichi della città, quasi una realtà autonoma e con l’impianto urbanistico di un borgo.
Estrazione popolare e ideologia comunista sono segni distintivi che neppure il successo nella vita professionale sembra avere cancellato. E’ vero che la sua professione di avvocato patrocinante in Cassazione lo ha portato a contatto con gli ambienti borghesi della città e con importanti realtà imprenditoriali. E’ noto a tutti il suo rapporto, anche di natura personale, con Giuseppe Gatto, uno dei costruttori più in vista di Catanzaro. Un rapporto che ovviamente non rinnega, anche se tiene a precisare che sarà un sindaco senza compromessi e ciò varrà anche per gli amici. Forse più ancora per gli amici.
Valerio Donato è molto riservato e concede poco a chi gli chiede della sua vita privata. Nella breve biografia apparsa sul suo sito web ricorda solo di avere coltivato “interessi per lo sport, giocando nelle squadre giovanili del Catanzaro, per l’arte e la cultura, facendo parte di una band, molto impegnata in tutto il sud d’Italia.” Niente di più.
È al contrario molto loquace, con una logica stringente, sulla sua visione di Città. Dimostra di avere le idee chiare sulla crisi che investe Catanzaro e sulle ricette per invertire la rotta. D’altro canto, il prof non è nuovo in senso assoluto ad esperienze politico-amministrative, avendo in passato presieduto l’Arrsa, l’azienda regionale per lo sviluppo dell’agricoltura.
E anche oggi, accanto al duplice ruolo di docente e avvocato, presiede la Fondazione UMG, l’Ente strumentale per affiancare l’Ateneo catanzarese nel suo percorso di sviluppo e di ricerca.
Sicuro di sé, un filo di supponenza, ha in mente “un Governo efficiente della amministrazione comunale che deve assicurare la più ampia partecipazione dei Cittadini al fine di far rinascere gli antichi splendori, rendendo Catanzaro una Città Intelligente, che valorizzi la ubicazione sul mare e la vocazione culturale, particolarmente attenta ai Giovani, alla Tutela del Lavoro, alla attuazione di Politiche Sociali – a tutela delle fasce più deboli – alla realizzazione di efficienti Politiche di Genere.”
La capacità di sintesi non gli manca. Bisognerà vedere se avrà altrettanta capacità di portare a sintesi le tante anime del suo movimento dove, accanto a vecchi esponenti della politica cittadina, si agitano nuove formazioni scalpitanti e un civismo tutto da interpretare.
La sua candidatura sta diventando una calamita irresistibile per tutti coloro che non si riconoscono nel confusionario centrodestra del post Abramo e nel tormentato Partito democratico catanzarese, scosso da continui abbandoni e violente tensioni interne.
Il pericolo più grande è la “balcanizzazione” della sua futura (ipotetica) maggioranza, composta da segmenti politici sganciati da logiche partitiche e quindi potenzialmente destabilizzanti. Lui liquida tutto dicendo che un conto sono le elezioni, un altro il governo. Come dire: non mi farò condizionare da nessuno.
Comunque vada, il fenomeno Donato ha smosso le acque stagnanti della politica catanzarese, ancora intenta a leccarsi le ferite dopo l’umiliazione subita alle regionali dalle aree forti della Calabria. Se poi la sua proposta dovesse rivelarsi vincente, nulla sarà più come prima a Catanzaro. (rar)