di BRUNELLA GIACOBBE – L’Ansa a febbraio annunciava: «Circa 20mila cassette, quasi 500mila reperti, per la maggior parte ancora inediti. provenienti dall’area jonica della Calabria del Nord e da tutta la provincia di Cosenza sono conservati nei magazzini del Parco Archeologico di Sibari».
In questa calda estate siamo andati a verificare lo stato dei lavori di uno dei più importanti musei del Sud Italia. Anche perché, sempre da quel comunicato Ansa, ci aspettavamo molto: «Dopo quasi un anno di studi preliminari, condotti in collaborazione con i ricercatori dell’Imt Scuola Alti Studi di Lucca e dell’Università della Campania Vanvitelli, è entrato nel vivo il progetto di sistemazione dei depositi della struttura. A sette anni dalla sua costruzione, il nuovo magazzino E14 posto alle spalle del Museo, si sta popolando e il suo laboratorio, dotato di postazioni per la pulizia e la classificazione dei reperti, inizia a svolgere la propria funzione. Il progetto, sotto la direzione scientifica del direttore del Parco di Sibari, Filippo Demma e dei professori Maria Luisa Catoni (Imt) e Carlo Rescigno (UniCampania), è coordinato da Camilla Brivio, direttrice del Laboratorio di Restauro e responsabile dell’area Valorizzazione del Parco, e Serena Guidone, ricercatrice Imt. Il lavoro di progettazione del database, che rende possibili le movimentazioni, è stato svolto in gran parte col supporto fondamentale della squadra che si occupa di progettare il sistema digitale del Parco archeologico».
In una nota stampa diffusa dal gruppo a capo delle strutture archeologiche si leggeva anche: «Circa l’11% dei reperti, infatti, non proviene dalla Sibaritide ed è di pertinenza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Cosenza, che disporrà nelle riserve sibarite di uno spazio attrezzato e funzionale per lo studio e la catalogazione, e che continuerà a utilizzarne i magazzini come punto di riferimento per i reperti provenienti dagli scavi preventivi e dalle operazioni di tutela di tutta la provincia settentrionale di Cosenza. A disposizione della Soprintendenza ci sarà anche il laboratorio di restauro del Parco e la collaborazione dello staff del Parco di Sibari per tutte le iniziative di valorizzazione che la Soprintendenza intenderà intraprendere. La chiusura della prima fase delle operazioni vedrà, a breve, l’apertura al pubblico del magazzino E14».
Giunti sul posto ci viene confermato ciò che nell’ambiente si vociferava e cioè che diversi futuri archeologi provenienti da molte università del mondo sono giunti negli ultimi sette anni a Sibari per scavare, reperire, catalogare col supporto dei comitati scientifici e apprendere dalla Magna Grecia la storia del popolo italiano e le sue incredibili connessioni con le culture che hanno attraversato, più o meno pacificamente, il Mediterraneo. I reperti provengono precisamente dagli scavi di Sibari-Thurii-Copiae e da alcuni dei siti più importanti dell’intero territorio archeologico della Sibaritide.
Visitando il museo molte teche erano ancora in allestimento, altre concluse e ben costituite. Ci ha colpito anche l’area multimediale costituita non solo dai classici filmati che raccontano la storia dei reperti e del territorio, ma anche da un’area specifica interattiva dedicata ai più piccoli, in un’ottica di edutainment (apprendimento attraverso il divertimento) veramente ben concepita.
Interattiva anche l’area che consente ai visitatori di scoprire i dettagli dei reperti utilizzando sensori ottici che interpretano i movimenti della mano e permettono di ruotare i reperti prescelti in video in tutte le direzioni, oltre che ad ingrandirli. Il tutto in modo molto semplice, intuitivo e fluido.
Complimenti dunque agli operatori del museo ed in bocca al lupo per la conclusione di questa che, ci rendiamo conto, essere un’impresa davvero ciclopica. Ma che certamente porterà i propri frutti a livello di attrazione di visitatori locali, calabresi, italiani e stranieri. (bg)