Proseguono le iniziative della seconda edizione del “Mese della memoria”, il programma di attività promosso dall’Amministrazione comunale guidata dal Sindaco Franz Caruso e frutto del coordinamento e della sinergia tra l’Assessore alla cultura della memoria democratica e della Legalità, Veronica Buffone, la consigliera delegata del Sindaco alla Cultura, Antonietta Cozza, e la Direttrice del Museo dei Brettii e degli Enotri, Marilena Cerzoso. Un programma che nei giorni scorsi è stato attenzionato anche dal Ministero della Cultura che ha pubblicato sul proprio sito il calendario con gli appuntamenti di Cosenza.
Tra gli appuntamenti più significativi del mese di febbraio, da segnalare domani la mostra fotografica “Auschwitz, la memoria rende liberi” della fotografa Deborah Cartisano, figlia di Lollò Cartisano, il fotografo sequestrato e ucciso dalla ‘ndrangheta agli inizi degli anni novanta. La mostra sarà inaugurata martedì 7 febbraio, alle ore 17,00, al Museo dei Brettii e degli Enotri, alla presenza della stessa curatrice, coordinatrice di “Libera” per la Locride.
Il reportage “Auschwitz, la memoria rende liberi” è stato realizzato da Deborah Cartisano durante un viaggio in Polonia. Le foto raccontano le intense emozioni provate durante la visita al Campo di sterminio di Auschwitz, dalle quali scaturisce il forte desiderio di contribuire alla memoria di quei tragici eventi, affinché non si ripetano più. Partendo dall’autoritratto di una giovane donna esposto nel Museo del Campo, ritrovato tra gli effetti personali degli internati, Deborah Cartisano ha pensato al racconto visivo di Auschwitz attraverso gli occhi di una prigioniera, vivendo la drammatica quotidianità di chi ha patito quella reclusione.
«Questo per me – spiega la fotografa nelle note che illustrano la mostra – è stato a volte insopportabile, ma la fotografia è stata come un filtro che mi ha protetto da queste emozioni, permettendomi di elaborarle in un secondo momento». Deborah Cartisano fotografa il silenzio di Auschwitz, un silenzio puro, reso visivamente dalla coltre di neve che ricopre tutto, ovatta il dolore, rappresentando una pausa da tutta la sofferenza provata. Ma la neve-silenzio chiede anche rispetto per questo dolore: di fronte ad esso bisogna saper dosare le parole. O semplicemente sapersi inchinare. (rcs)