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Dall'8 luglio al Parco Archeologico di Locri Genius Loci

Dall’8 luglio al Parco Archeologico di Locri Genius Loci

Dall’8 luglio al 6 settembre al Complesso Museale del Casino Macrì del Parco Archeologico Nazionale di Locri Epizefiri, si terrà la mostra Genius Loci. Amalia De Bernardis-Roberto Ghezzi

Si tratta del primo di una serie di appuntamenti performativi The dreams of the  Others di Amalia De Bernardis che avrà luogo alle ore 18.00 dell’8 luglio e precederà  l’inaugurazione della mostra alle ore 20.00.  

La mostra e il ciclo di performance che segneranno insieme ad altri appuntamenti teorici e  comunicativi l’estate locrese, si inseriscono all’interno del Festival ComunicArt arrivato alla sua quarta  edizione.  

ComunicArt, ideato dalla storica dell’arte Stefania Fiato, nasce nel 2020 con la volontà di divulgare  la storia dell’arte e promuovere mostre d’arte contemporanea nelle aree archeologiche calabresi,  come il parco archeologico di Locri Epizeferi, che nel 2021 ha ospitato la mostra fotografica “Sofia  Uslenghi. Radici” e nel 2022 ha accolto, riscuotendo grande successo, la bi-personale “Teofanie.  Apparizioni contemporanee. Giovanni Longo e Giuseppe Negro”, entrambe con la curatela di  Stefania Fiato.

Il festival ha avviato un percorso di rivisitazione di tutte le proprie attività, ampliano la  proposta culturale e proponendo una serie di eventi che si svolgeranno da luglio a settembre,  coinvolgendo tutto il tessuto cittadino locrese che diventerà scenario di una serie di appuntamenti  teorici (due tavole rotonde dedicate al tema del “Genius Loci” e un convegno di studi “Genius Loci.  Spazi e tempi nella storia dell’arte”) che rimarcano la vocazione comunicativa e fortemente legata  alla divulgazione della storia dell’arte propria del festival.  

La mostra Genius Loci. Amalia De Bernardis E Roberto Ghezzi prende il titolo da un libro di  Christian Norberg-Schulz “Genius Loci. Paesaggio Ambiente Architettura” (1979) in cui l’architetto  norvegese affermava: “Il carattere è determinato da come le cose sono, e offre alla nostra indagine  una base per lo studio dei fenomeni concreti della nostra vita quotidiana. Solo in questo modo  possiamo afferrare completamente il Genius Loci, lo “spirito del luogo” che gli antichi riconobbero  come quell’ “opposto” con cui l’uomo deve scendere a patti per acquisire la possibilità di abitare”. La  curatrice ha proposto agli artisti di afferrare l’essenza interiore del luogo, partendo dal presupposto  che i luoghi chiamano, evocano e si lasciano scoprire nella loro intimità, rivelando tutti i significati  radunati dal luogo che costituiscono il suo Genius Loci.

Il filo rosso della manifestazione è incarnato dal ciclo di performance di Amalia De Bernardis che  aprirà e chiuderà Genius Loci attraverso quattro performance fortemente emotive e cariche di  pathos, che avranno luogo l’8 luglio, il 9 luglio, il 3 settembre e il 5 settembre a Locri. Ogni  performance ha al suo centro un’azione rituale, un “recupero del comportamento” che crea legami  e connessioni istintive ed emotive, ponendosi come un’arte aperta, infinita, decentrata, liminale e al  contempo un paradigma di processo. In virtù di ciò, contributo indispensabile alla comprensione  delle performance sono i seminari, di apertura e di chiusura del progetto che verte sulla riflessione  intorno al concetto del Genius Loci, non solo come “spirito di un luogo” ma anche come indagine di  “sopravvivenza culturale e resilienza artistica” che vede delinearsi un’ottica di contaminazione dei  saperi e degli artisti, attuando una proposta dialogata che si interessa del fenomeno e della dinamica  che accompagna il Genius Loci.  

Fulcro del festival è la mostra Genius Loci. Amalia De Bernardis-Roberto Ghezzi che  si terrà presso il suggestivo Complesso museale del Casino Macrì all’interno del Parco Archeologico  Nazionale di Locri Epizefiri dall’8 luglio al 6 settembre 2023. L’incontro tra i due artisti ha dato vita  ad un dialogo serrato che risuona nel luogo che li accoglie come un naturale proseguo. Il Casino  dell’Ottocento racchiude le terme romane, a pochi passi dal santuario delle acque sacre locresi.

Un  luogo intessuto di storie, nudo e sincero, pietre che esprimono un racconto che condensa il concetto  di Genius loci come lo intese Norberg-Schulz: “In genere, si può dire che i significati radunati dal  luogo costituiscono il suo Genius Loci.” Questo significato diventa corpo, carne, parola viva,  immagine, suggestione al Genius Loci attraverso le opere visive di Amalia De Bernardis e Roberto  Ghezzi.  

Roberto Ghezzi(Cortona,1978) vanta un curriculum punteggiato da residenze e progetti  internazionali, tra i più noti quelli portati avanti in Groenlandia, in Macedonia e ha recentemente  esposto presso il Fondaco dei Tedeschi a Venezia. Quasi come un naturale proseguo della storia  della pittura di paesaggio e al contempo sua estrema evoluzione, Ghezzi nelle sue “naturografie”  lascia che sia il territorio a manifestarsi sulle tele. Il processo creativo, parte fondante dell’opere di  Ghezzi, prevede l’immersione in un ambiente naturale, ghiaccio, foreste, oasi protette, fiumi, laghi e  mare, di teleri monumentali che restano in balia dell’imprevedibilità della natura per un tempo  stabilito, ponendosi in ascolto verso tutto ciò che la natura pittoricamente ha da dire.

Non bisogna  dimenticare la provenienza dell’artista, figlio di un pittore, con un nonno scultore, cresciuto nella  natura, a pochi passi da Città di Castello e non è un caso se nel processo in divenire dei sudari di Ghezzi ritroviamo grumi di materia, ossidazioni, abrasioni, cretti che ospitano sfumature irripetibili e  vive impresse nella matrice che accoglie e raccoglie, mappa e classifica il mutamento delle  condizioni nel tempo. Una forte origine concettuale e scientifica permette di rivelare la salute e le  condizioni dell’ecosistema che la matrice documenta attraverso la conclusiva sindone dipinta dalla  natura con segni tipici dell’arte informale. Anche l’allestimento svolge un ruolo significativo: drappi  barocchi, tensioni e torsioni che rimandano all’arte povera e processuale, ultima spia di ciò che è  davvero fondante nell’azione creativa dell’artista. Nelle opere site specific di Ghezzi ci sono tante  cose, forse anticipazione di future virate, forse scelte definitive non ancora attuate, forse  semplicemente unicità dell’intervento artistico.

Questa unicità è evidente a Genius loci, in quanto è  data dallo stesso luogo in cui l’arte “processuale” ha inizio: il porto delle Grazie di Roccella Jonica,  un luogo fortemente antropomorfizzato. L’impronta dell’uomo non si lascia attende, arriva nelle opere  di Ghezzi attraverso lo sguardo, prima lo guida quando sceglie, studia, valuta il luogo e riassume  dopo, in fase di allestimento, il messaggio che non manca di arrivare dritto all’uomo, perché  espressione della stessa forza, della stessa natura. L’impossibile previsione dell’esito ultimo,  soggetto a mille variabili, è la chiave di volta dell’agire nel territorio. Ghezzi opera un intervento di  land art ma attraverso un processo per il quale l’opera è adesso, in divenire, in formazione, attaccata  con delle corde presso la darsena del porto. Cosa accade dopo? È il cadavere di ciò che era, ciò  che si arresta e di cui rimane l’impronta sul sudario, reliquia offerta ai visitatori della mostra.

Il nodo  profondo che lega le prassi dei due artisti protagonisti della mostra Genius loci è proprio questo  aspetto volatile, impossibile da fermare. L’aspetto intangibile presente nell’iter di Ghezzi è lo stesso  che troviamo nell’operato di Amalia De Bernardis (Cosenza, 1984), che indifferentemente passa da  un medium all’altro: istallazioni, assemblage e il suo corpo. È lei stessa l’opera d’arte, basta sentirla  parlare, con la sua voce flebile e perturbante, guardarla muoversi nello spazio con il suo corpo  minuto e potente. Cosa serve ancora se non sé stessa? Sé stessa che agisce, sé stessa che smette  di agire, sé stessa che ti chiama in causa come un bisogno primitivo e sceglie la grazia degli antichi 

rituali per emettere la potenza creativa di cui è detentrice. Le opere visive della De Bernardis  prolungano la riflessione sul paesaggio e sull’organicità, sul processo piuttosto che sull’opera finita. L’artista stende la sua natura su ogni opera, come una presenza viva. Il vettore processuale è  evidente anche nella produzione visiva della De Bernardis ed è quello il collante con Ghezzi a Genius Loci. Ma mentre il processo di Ghezzi è scientifico, naturalistico, concettuale e parte dall’esterno,  come un contemporaneo impressionismo, il processo della De Bernardis è riflessione, emozione,  sentimento e parte dall’interno, come un contemporaneo espressionismo. La scelta curatoriale non  poteva essere più azzeccata, due linguaggi vicini con prospettive e coinvolgimenti diversi, ognuno  con le sue parole ci sussurra il Genius loci di questa terra calabra.  (rrc)