di FRANK GAGLIARDI – Dal 15 al 19 marzo si svolgerà a Cosenza l’annuale Fiera di San Giuseppe e si concentrerà, come ha sottolineato il sindaco nella sua conferenza stampa, nell’area di Viale Mancini come negli scorsi anni.
Per giostre, piante e fiori, vasi in terracotta e vimini l’esposizione proseguirà fino a domenica 23 marzo. Non molti anni fa la Fiera si svolgeva in Piazza Amendola, in Piazza Valdesi, in Piazza Tommaso Campanella, in Via Sertorio Quattromani , nello Spirito Santo e lungo Crati Busento. Più di 500 espositori hanno fatto richiesta di partecipazione. Le scuole resteranno chiuse. Quest’anno la Fiera ritornerà in parte nel centro storico. All’Arenella ci sarà l’esposizione dei prodotti artigianali e ritornerà il San Giuseppe Rock. In Piazza Spirito Santo si svolgeranno i concerti serali. Non mancheranno gli artisti di strada.
La Fiera sarà ricca, come abbiamo detto, di numerosi espositori provenienti non solo dalle altre città calabresi ma anche da altre regioni italiane, con tantissimi prodotti: Fiori, piante, vimini, ceramiche, lampadari, pentole da cucina, biancheria, prodotti di artigianato, prodotti tipici enogastronomici, i mostaccioli di Soriano Calabro, generi alimentari, ottimi salumi e latticini (famoso il cavalluccio opera artistica destinata ai più piccini).
La Fiera di San Giuseppe è l’evento più importante della città e venne istituita, anche se poi cambiò nome, nel lontano 1241 da Federico II. Era chiamata Fiera della Maddalena poiché si svolgeva davanti il tempio consacrato alla Maddalena nel quartiere dei Rivocati. Durante i giorni della manifestazione fieristica la città di Cosenza si trasforma, sembra più bella e dai bar e dalle pasticcerie di Corso Mazzini e dintorni proviene un profumo che inebria, sono i dolci saporitissimi: Le zeppole, caratteristico simbolo della Fiera di San Giuseppe.
Il rinomato Caffè Renzelli sforna per l’occasione la ciambella tipica di Cosenza, la saporitissima e prelibatissima Varchiglia. Varchiglia perché a forma di una barca (varca). E’ un delizioso dolce a base di mandorle e cioccolato. Le sue origini risalgono al 1300 ed è stato creato dalle Carmelitane scalze, che avevano stabilito un convento a Cosenza a quei tempi. A me è sempre piaciuto andare alla Fiera e non solo per comprare qualcosa, ma per ammirare le innumerevoli bancarelle che espongono le mercanzie.
Le vie, le piazze, i vicoli sono gremiti di persone di tutte le età. I più piccini corrono festosi verso le bancarelle dello zucchero filato e delle mandorle e delle nocciole; i più grandi verso le bancarelle dei giocattoli; le donne verso le bancarelle che espongono piatti, padelle, bicchieri, vestiti, scarpe; gli uomini verso le bancarelle che espongono utensili per il giardinaggio, cinture di cuoio, scarpe da ginnastica, tute con lo stemma della squadra del cuore. Per tutti è una gran festa ed è un modo per ritornare bambini. Nei pressi della giostra e della ruota il vociare dei bambini è assordante.
Dopo due difficili anni di attesa finalmente tutti insieme alla Fiera a divertirci, tra un giro in giostra, una frittella, una ciambella, una zeppola, uno zucchero filante. C’è il sole, il tempo è bello, tutti hanno voglia di recuperare il tempo che si è perso. La musica ad alto volume dei giostrai, dei venditori di mostaccioli, dei venditori di piatti e bicchieri, riempie i silenzi di gioia dopo tanta attesa, dopo tanta sofferenza, dopo due anni bui e tristi.
Questa la Fiera di San Giuseppe oggi, ma una volta era tutto un’altra cosa quando si svolgeva ai Rivocati o nel Centro storico di Cosenza. Per le vie si potevano incontrare figure caratteristiche, ormai appartenenti ad un irrevocabile passato, come il banditore che annunciava ai ferari che in questa o quella cantina avevano spillato dalla botte un vino magnifico; o come il cantastorie che cantava le gesta di qualche personaggio famoso e poi offriva per pochi spiccioli il foglietto volante col testo della canzone; o come il sensale il quale si avvicinava agli animali e menando pacche sulle natiche ne esaltava le doti. Nelle fiere si potevano incontrare anche il venditore d’acqua, il venditore delle gassose Gallo, il venditore della famosa “Grattachecca” fatta con ghiaccio tritato e liquori vari (oggi birra, coca cola, 7up, aranciata), il venditore di dolci, di ceci abbrustoliti, di semi di zucca, di taralli, ciambelle, lupini, frittelle. I venditori ambulanti gridavano a squarciagola, l’altoparlante non c’era, e offrivano i prodotti più disparati, semplici ed anche assurdi.
Le numerose fiere che si svolgevano nei vari paesi costituivano un importante tramite commerciale: spesso le famiglie attendevano per mesi la fiera prima di fare i loro acquisti. L’occasione offriva ai giovani il pretesto di iniziare il dialogo amoroso, che, non di rado, si concludeva all’altare, come avveniva spesso negli incontri voluti o casuali tra una bancarella e l’altra delle feste paesane.
Nelle fiere la contadina barattava i prodotti agricoli con stoffe o suppellettili casalinghe, oppure vendeva il maiale, il vitellino, i polli, i tacchini, tutti animali che aveva allevato con cura ed enormi sacrifici e che costituivano gli unici introiti del magro bilancio domestico. Ma ora le Fiere degli animali sono vietate. Il giorno o i giorni della Fiera erano giorni di allegria. Le piazze, le vie, le strade, invase dalle bancarelle e dagli animali erano una festa di colore, di suoni, di scenette piene di un loro sapore paesano. Ora ci dobbiamo accontentare di roba quasi sempre contraffatta proveniente dalla Cina.