7 luglio – Si può investire e innovare in una regione oppressa da mille problemi e legata a logiche di sottosviluppo e precarietà? La risposta, data ieri dall’imprenditore Nino De masi in un incontro aperto a Gioia Tauro, è certamente positiva. Secondo De Masi “restare al Sud si può, anzi si deve”, malgrado le intimidazioni, le minacce, e l’assoluta mancanza di credito alle aziende. Cosa che si staglia bene con la figura di imprenditore De Masi, costretto da anni a “subire” la scorta dell’esercito per proteggere la sua azienda e la sua persona, da sempre in lotta contro il malaffare e la ‘ndrangheta.
De Masi ha illustrato il suo progetto alla presenza del prefetto di Reggio Michele Di Bari, del questore Grassi, del colonnello dei carabinieri Battaglia e del tenente colonnello Carrieri, di imprenditori come Pippo Callipo, Saverio Greco, Mimmo Luppino, sindacalisti, i deputati cinquestelle Dalila Nesci, Anna Laura Orrico e il senatore pentastellato Auddino. Ma di rappresentanti della Regione nemmeno l’ombra.
È un personaggio scomodo De Masi, che non le manda a dire, e che crede nello sviluppo possibile, ma basato su cose concrete. E così rilancia la sua sfida all’indifferenza, o peggio alla trascuratezza dei politici locali, all’insegna dell’innovazione: «La mia – detto – è la storia di un pezzo del Sud che ha dimostrato la sua capacità di esistere e di lavorare anche in contesti difficili».
L’idea di De Masi è di creare prima di tutto una public company in grado di autoproteggersi dalla criminalità »perché è più difficile toccare un’azienda che è di tutti»: un’impresa etica che offra le opportunità che i giovani calabresi vanno cercando e che nessuno offre loro.
Un esempio concreto: il bioforno (capace di cuocere una pizza senza contaminazioni di fumi e ceneri di combustione) – un brevetto di De Masi che sta suscitando interesse in ogni parte del mondo – l’ha inventato un giovane ingegnere di San Giovanni in Fiore, Mario Iaquinta. L’opportunità di mettere a profitto la sua competenza gliel’ha data De Masi.
Ci sono tantissime risorse giovani sprecate: laureati che vengono “risucchiati” dal sistema produttivo del Nord o dell’Europa, o del mondo: gli altri sanno riconoscere e valorizzare le capacità dei nostri giovani, in Calabria un giovane che voglia aprire un’attività basata sulle sue competenze (nuove tecnologie, informatica, design, ecc) si scontra con le porte sbarrate di un sistema creditizio che dà soldi solo a chi li ha già. E quando li dà non si accorge di aver fatto morire in culla le idee e l’impresa.
L’idea di Nino De Masi si basa sulla sua infelice esperienza nella lotta contro l’usura bancaria e le ingerenze criminali nel sistema produttivo: bisogna creare dal basso una public company che faccia partecipe degli utili aziendali i suoi lavoratori, a qualsiasi livello. Ci sono molte idee di innovazioni, prodotti che da Gioia Tauro possono partire a conquistare grandi opportunità di mercato.
«Voglio creare – ha detto De Masi – un incubatore tecnologico che dia la possibilità ai giovani laureati calabresi di realizzare i progetti innovativi che hanno in mente. Voglio cioè creare un sistema di formazione che possa consentire ai giovani calabresi di formarsi, specializzarsi e trovare lavoro».
Un progetto è fatto anche di numeri. De Masi punta a triplicare i dipendenti nel giro di 4 anni, passando da 40 assunti a 152, con un fatturato previsto nel 2019 di 6 milioni a 26 milioni nel 2022. La formula sta in un “made in Calabria” che l’imprenditore ama pensare come un serbatoio di eccellenze, sia dal punto di vista progettuale che di quello realizzativo. La sinergia con le Università è fondamentale, ma servirà un cambiamento di mentalità. Imprenditori coraggiosi e lungimiranti in Calabria ce ne sono, il futuro, la crescita e lo sviluppo di questa terra dipende anche da loro. (rrm)