di SERGIO DRAGONE – La differenza? La passione e la gioia. Jova batte nettamente Muccino, ma non è solo questione di visualizzazioni (anche se 120.000 in 24 ore non sono proprio da buttare via). E’ la felicità che batte la retorica, l’ingenuità che batte la cinica iper professionalità.
Il video “Alla salute”, girato da Jova tra Scilla e Gerace, è un inno alla gioia di vivere, un tripudio di colori, una festa corale di popolo. Il corto del celebre Gabriele, “Calabria, terra mia”, è invece un prodotto che tende alla perfezione tecnica, ma che non sprigiona emozioni, che percorre vie narrative scontate e incerte, con qualche improbabile licenza linguistica del protagonista (il suo “dove vuoi che ti porto?” è diventato un cult). Niente da dire su Raoul Bova, attore bravissimo che in questa stagione ha sbancato l’auditel con il suo don Massimo, sequel di don Matteo.
Ma vuoi mettere la carica emotiva di Jova, la sua capacità di intrufolarsi nell’anima calabrese e diventare, sia pure per 4 minuti, “uno di noi”, uno che balla sulla barca dei pescatori di Scilla e poi guida tra i vicoli di Gerace la banda e i giganti di cartapesta!
Sarà che Scilla è il mio luogo dell’anima, ma confesso di essermi emozionato nel guardare Jova sulla barca multicolorata e la Chianalea sullo sfondo.
Quello di Scilla è un mare che parla, che racconta, che emana suoni misteriosi, che custodisce segreti. Si può restare per ore, incantati, a guardare il frangersi delle onde sulle case della Chianalea, con l’acqua blu cobalto che si insinua tra i piccoli canali che separano le costruzioni. Si sente l’eco
delle grida di leggendarie figure mitologiche nascoste nelle grotte o, più semplicemente, dei richiami pittoreschi che si scambiano sulle imbarcazioni i “cacciatori” di pesce spada.
Ecco, Jova ha capito di trovarsi nel luogo della leggenda ed è riuscito immediatamente a stabilire un feeling con l’ambiente e con la gente.
Il suo volto, in molte riprese, è apparso veramente colmo di felicità. Non fingeva, non recitava. La festa di popolo lo ha conquistato e lui ha restituito, grazie all’accorta regia di Giacomo Triglia, quella carica vitale che nasce dalla tradizione.
La Calabria di Jova è profondamente diversa da quella di Muccino. Entrambe le rappresentazioni mirano a rompere lo stereotipo di terra di mafia e regno dell’arretratezza. Ma mentre il corto di Gabriele contiene una visione patinata, il video di Jova affida ai colori e all’allegria le speranze di una terra e di un popolo. Bravo Lorenzo! (drs)