di PIERFRANCO BRUNI – Non so se la vita è una festa. Ci sono giorni che che si abitano come fossero una festa. Poi arrivano i ricordi. Ci sono giorni che raccolgono tutte le malinconie possibili. E poi arrivano i ricordi.
Ritorno a distanza di estati, con il pensiero che non si ferma in coerenza sistematica, a un immaginario nel quale i nonni di Terranova sono stati centrali nella mia vita. Ma non solo loro. Anche gli zii. Terranova è nella mia vita come una realtà diventata viaggio onirico.
La nonna di Terranova è stata sempre la dolcezza e la forza. Non ho ricordi sbiaditi. Ma hanno luce di bosco. Sono lanci di coltelli nell’anima.
Le mancanze sono sempre assenze. Di assenza ve ne sono tante soprattutto quando si raggiunge una certa età. In un possibile concedo di un anno si fa il resoconto. Possibile farlo?
Ma quando si tocca una età che non è più giovane bisognerebbe fare sempre un consuntivo. A distanza di epoche la nonna di Terranova mi sintetizza tutto. La religiosità profonda e il tempo. È stata anche una confidente.
A dire il vero Terranova è stato il paese delle origine di mia madre ed è stato un riferimento nel cuore degli amori della famiglia. È stata ed è la tradizione, il paese il tempo. Quella tradizione che continua e non smette con un mondo di cultura popolare dentro le nostre vite.
Nei giorni di festa era festa. Perché la festa era sorriso regali dolci.
Tutto è passato? Passa tutto ma tutto resta e si tramanda.
Mia madre amava spesso andare a Terranova anche dopo la scomparsa dei nonni. Le radici sono incisi nella vita. E restano.
Quel tempo che considero il c’era una volta quel c’era ci sarà sempre fino a quando non perderò il mio tempo in questo tempo…
La nonna di Terranova la vedo sulle scale. Mi osserva. Nel suo vestito scuro… Era bella da giovane… È una donna nella tradizione del mio essere tempo… Portava i capelli a tuppo intrecciati sul capo. Sorrideva poco. Un viso severo ma con immensa armonia. Il nonno invece era sornione. Lo ricordo nel suo silenzio attento.
C’era un tempo che si stava intorno al braciere d’inverno. Anche quella era festa.
Si raccontavano fatti, storie antiche e le parole portavano sempre a un senso.
Durante i giorni di Natale la bellezza era vera e si aspettavano per stare in un incontro religioso e ci si vedeva tutti. Erano i “doveri” di famiglia intrecciati al sentimento. Ovvero il rispetto.
Ero ragazzo e poi giovane e il rispetto verso i nonni e gli zii segnava la nostra partecipazione alla festa. Come passa il tempo.
Mi trovo su una poltrona. Passano gli anni, raggomitolo immagini e sensazioni che non si smarriscono. Bisogna ricordare per non essere dimenticati da sé stessi.
Sono cicli che si ripetono cucendo tra le dita attese in una solitudine mai sola.
Ho scritto tanto sul ricordare. Perché so che non dimenticare è l’unica necessità per non precipitare nel groviglio delle macerie. La festa è anche non dimenticare il suono di anni che non ci sono più ma che hanno lasciato segni indelebili nel mio viaggio. (pf)
(courtesy PaeseItaliapress.it)