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Giusy Staropoli Calafati

La “Questione meridionale“ siamo noi del Sud: una riflessione di Giusy Staropoli Calafati

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Così ritorna la questione meridionale. Sì, proprio lei, quella cosa fitusissima che non la cheta mai. Ma ditemi allora, l’Italia è stata mai del tutto una? Sono da sempre una meridionalista convinta, e so bene com’è andata. Non mi son fatta nascondere la storia. Il Nord ha da sempre vissuto la sua nobil economia grazie al Sud, e il Sud si è spopolato per industrializzare il Nord, e poi bla, bla bla… Scriveteci voi il resto, tanto tutto fa brodo.
Quando nel 2020, non muore mai la dualità tra Nord e Sud, e a riportarla agli onor della cronaca, che non è nera, ma negrissima, sono giovani sarde, non di mare, ma di piazza, e la chiamano Erasmus tra Nord e Sud, fermiamoci tutti. I giovani del Sud fanno l’Erasmus al Nord da sempre. E anche all’estero ormai, se è per questo.

La questione meridionale è sempre stata qualcosa di serio e non teatrale, uno spettro che soprattutto in passato, ha fatto tanto male. Ha fatto vincitori e vinti, vinti che però sempre si son rifiutati ritornare vincitori. Serviva coraggio, invece è stata innescata paura.
LA QUESTIONE (NUOVA)
Il Sud si desertifica. Tanti, quasi tutti figli, fanno la valigia. Un trolley. Continua l’esodo della razza della gente in viaggio. Il Nord, l’Europa. Mio figlio, da un mese, è nel Regno Unito. Ma chi ci deve fermare a noi? È davvero il Nord, con la sua cordata di scienza, ché lassù di scienza puzzano e noi no, che ci deve impedire di partire? È il lupo nero del Nord, che deve strategicamente provvedere alle pecorelle? Ma finiranno o no sti tempi?
A Sud nessuno fa figli. Uno ed è già assai. Le natalità scendono progressivamente. E l’era conta vecchi e poche speranze. Ma perché non facciamo figli, noialtri del Sud? Siamo detti sterili forse? Abbiamo da generazioni figliato sempre come conigli, seguendo la regola del”meglio ricchi di carne che di roba” . E mo’, chi succediu?

PUNTI DELLA NUOVA QUESTIONE
Sviluppo e con coscienza.
1) A noi del Sud non ci può fermare nessuno. Neppure Gesù Cristo. Nessuno l’ha mai fatto, né lo farà mai. A Noi del Sud, ci deve fermare il Sud stesso, nessuna delegazione è valsa. E ciò avverrà, se avverrà, quando il Sud non sarà più un alibi, ma la maggiore delle nostre responsabilità.
Il Sud è un cane che si morde la coda. E gira, gira… Chjù muzzica, e chjù gira.
È vero, abbiamo vissuto anni duri, noi del Sud. Anni in cui la fame era dolore e il dolore fame, lontani dalle nostre case, e sempre in attesa che arrivassero il progresso e la farina. Poi però un bel giorno sono arrivati, progresso e farina, e noi siamo tornati, ed è qui che abbiamo incominciato a morderci la coda come il cane. Quando al posto del pane, sulle nostre tavole, ai nostri figli, abbiamo dato da mangiare la politica del compare e dell’amico dell’amico. E all’amico e al compare, per rispetto e pé saluti, lo abbiamo votato, portandolo al comune e alla regione. E al comune e alla regione, compari e amici, si son mangiati tutto, pure a noi, dai piedi, poveri ciucci. Che tutte le volte che il ciuccio volava, noi volavamo con lui, poveri . E quatti quatti, han preso possesso di quel futuro che non era nostro ma dei nostri figli, gettandoli per sempre, e senza scampo, nel limbo del viaggio, vietandogli l’occasione naturale della scelta, consegnandogli una vita su cui peserà per sempre il peccato dell’erranza.
Abbiamo sì sofferto, patito con le lingue di fuori quando ci prendevano le case, i signori non ci davano lavoro, i terremoti sconquassavano i paesi, le alluvioni li modificavano, e a Terrarossa, la luce era appena la fiamma di una teda, ma ciononostante abbiamo preferito minchioni del pappo tutto io, del tuo è mio e il mio è soltanto mio, che non solo si son riempiti la pancia, ma ci hanno ruttato pure contro, e con la puzza impoveriti del tutto.
È anche vero che le distanze son penitenze, e che forse stare a una certa altezza del gambale ci avrebbe fatto meglio, ma nessuno sceglie il posto in cui nasce, nessuno quando nasce sa di essere al Nord o al Sud, a Est o a Ovest. Bisogna saper cogliere l’occasione, e noi, aihmé, le abbiamo sempre sprecate.

LEGGE DEL CONTRAPPASSO
Ci hanno finanziato aziende con le 488, e dopo gli anni previsti dai bandi ne abbiamo chiuse un buon 90% ( la mia soffre, ma non molla); ci hanno elargito prestiti d’onore in abbondanza, e invece di aprire le attività rendendole autonome, ci siamo comprati i suv, mentre con i fondi dei b&b ci siamo aggiustati le case. E qui mi taccio, che è meglio.
Allura, dicitimi cristiani, chi li deve fermare i nostri figli? Chi ci deve salvare a noialtri?
2) Non facciamo figli più di uno. Custanu. E poi che futuro gli possiamo dare? I nostri nonni (contadini, muratoti, calzolai, massari) ne facevano sette e pure otto. E le creature, belle come il sole, crescevano a pane e olive, e le famiglie erano sane. Ed erano felici.
Mo’ che ci siamo civilizzati invece, non ci basta niente. E la famiglia perde l’identità di sempre. Effetto domino.
Dio col Sud è sempre stato più buono che col Nord. A Noi calabresi per esempio, ci ha dato la Calabria, dal principio con sette bellezze più una, ma noi, miseri e pacci, sempre per la legge del futti cumpagnu, con le nostre questioni della minchia, che su dieci nove sono del mia culpa, mia culpa, mia santissima culpa, abbiamo distrutto tutto. Anche il futuro fantomatico di cui tutti parlano, dato dalla somma del passato più il presente.
Il mare, da azzurro che era, l’abbiamo tinto di nero, tra scarichi fognari, inquinanti, tossici e mundizza; il cielo da celeste chiaro, l’abbiamo fatto grigio, che anziché mandare al recupero i materiali di scarto, abbiamo pensato che il fuoco fa di certo prima a togliere gli ingombri dalle palle; La campagna da verde prato, l’abbiamo incarognita e fatta noir, ché ogni piedi di ulivo vi abbiamo piantato un bidone tossico; e la montagna quatta e zitta, se n’è scesa a mare, e di quel che scrisse Repaci, amici cari, non abbiamo lasciato di immutato nulla.
La vera questione meridionale, cari signori, siamo noi del Sud. Sud di nessun Nord.
Noi medesimi. Noi stessi, che siamo causa dei nostri mali, che abbiamo ridotto all’osso la vita dei nostri figli, che ci siamo svegliati sempre troppo tardi, e che i favori ingenui certe volte, fatti a chicchessia, non ci sono mai tornati se non con ricadute negative su noi stessi.
La vera questione siamo noi. Che ci siamo mangiati i palazzi a partire dai piedi dei tavoli, facendo collassare gli ospedali, le strade, i trasporti, la Magna Grecia che con doglie di madre ci ha partoriti.
“Ormai”, “Tanto”, sono queste parole la causa vera del nostro danno. Nulla vale a nostra discolpa. Perché il picchio del Sud, deve finire una vola per tutte. Abbiamo sempre concesso proroghe e tregue gratuite agli imbrogli, ma soprattutto, siamo rimasti cani senza coda, imbrogliati, cazzuni e corrotti, perdendo la dignità per cui eravamo nati uomini e donne in questo nostro Sud.
La questione vera, è il nostro amaro consenso alla nostra fine, il tacito assenzio, il non sapersi ribellare, la capacità assurda di subire anche dentro le nostre case, il coraggio di farci stravolgere e scombinare il mondo in cui siamo nati. Ecco cos’è!
Dove abbiamo voluto, ce l’abbiamo sempre fatta. Sì, noi del Sud, dove abbiamo voluto ce l’abbiamo sempre fatta. Il resto è storia che pende sopra di noi come una spada di Damocle, e nessuno ci tirerà mai fuori da qui, finché non avremo deciso noi che il Sud che abitiamo è uno stato d’animo e non un semplice pezzo di terra in fondo all’Italia. Ecco il vero Erasmus di cui abbiamo bisogno.

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“Non fate i meridionali per essere presi in considerazione dal mondo, ma siate meridionali considerandovi del mondo. Non dite di venire dalla terra del lutto, ma che avete pianto al lutto della terra. Non sentitevi bravi a rinnegare i vostri padri partendo, ma sentitevi fieri a ricordare tutti i padri tornando. Non fate figli per dare i nomi del Sud alle loro teste, ma date al Sud il nome delle teste dei figli. Non private le vostre lingue nobili dai suoni tamarri del dialetto, ma siate tamarri dialettando i suoni nobili delle lingue. Non dite a nessuno, mai, che il sud non esiste, ma ricordate a chiunque che voi esistete al Sud”. (gsc)