di SANTO STRATI – Germaneto si colora di rosa: Jole Santelli è il primo presidente di regione donna, nel Sud. Il centro-destra a valanga, tra la delusione di Callipo e le aspettative illusorie di Tansi e Aiello, ma il dato più inquietante di queste elezioni è la conferma del partito degli astensionisti. Addirittura il dato di chi non è andato a votare è pressoché identico a quello del 2014. Cioè hanno votato gli stessi elettori del 2014 (con evidenti differenze di posizione): come si spiegano la rabbia, la delusione, le speranze dei calabresi, con le urne che vengono disertate in massa? Come possono i calabresi continuare a lamentarsi se poi non vanno a votare?
Il dato più difficile da digerire è che rapportando i voti raccolti dal vincitore al numero dei votanti, è come se solo un terzo dei calabresi avesse scelto il presidente e assegnato la sconfitta alla coalizione perdente. In una gattopardesca considerazione che “tutto cambia perché niente cambi”, i calabresi hanno dato spazio alla rassegnazione più che all’indignazione che avrebbe dovuto spingerli a esprimere il voto. È questo che brucia di più all’osservatore esterno, calabrese e non, che si domanda il perché della rinuncia al voto. Come possono cambiare le cose, indipendentemente da chi vince e chi perde, se la vittoria o la sconfitta sono figlie di quella minoranza che ha partecipato al voto?
Sono tante le domande che vincitori e vinti dovranno cominciare già domani a farsi sugli errori clamorosi di questa anonima quanto improvvida campagna elettorale, dove la corsa a farsi male da soli ha visto partecipare tutti. Ha cominciato il Pd con Oliverio in una posizione contraddittoria e oltranzista di una ricandidatura spinta al parossismo, in lotta aperta con il commissario regionale Graziano, e una serie di iniziative (tipo il commissariamento dei circoli dem di Crotone e Cosenza) oltremodo discutibili e responsabili di un disagio costante tra gli elettori di sinistra. Poi ci ha messo del suo il centro-destra che si è piegato alle richieste dei fratelli Gentile e ha “fatto fuori” il sindaco di Cosenza Occhiuto che aveva avviato una intelligente campagna elettorale per poi presentare, fuori tempo massimo, Jole Santelli: la spartizione del potere tra Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega assegnava al partito di Berlusconi la presidenza della regione (e al partito della Meloni la poltrona di sindaco di Reggio). Santelli rappresentava la soluzione ideale per dare un’uscita onorevole a Occhiuto e mantenere il diritto di occupare il ruolo di governatore a Forza Italia.
Poi il Movimento 5 Stelle che ha mostrato troppe anime discordanti con un tasso di conflittualità difficilmente dirimibile: Dalila Nesci si era generosamente lanciata a proporre una candidatura “schietta” (col rischio di perdere il sicuro seggio parlamentare), ma Di Maio e i vertici grillini avevano soffocato ogni sua aspirazione. Poi, dopo la disfatta umbra, c’è stato chi come Di Maio e Morra ha insistito nel proporre una sosta, la non presentazione a queste elezioni, ma il voto su Rousseau li ha costretti ad accettare la sfida. Callipo che poteva sembrare il candidato ideale per i 5 Stelle è stato buttato alle ortiche, sostituito dal pur valido docente Unical Francesco Aiello che si è trovato con pochissimo tempo a gestire un’ardua campagna elettorale, in un proseguio di conflittualità apparentemente ben nascosta proprio all’interno dei Cinque Stelle. Tansi, l’uomo della prevenzione, ha scelto un viaggio in solitaria, con i risultati che si commentano da soli. E infine Callipo che ha preso per compagni di viaggio i dem eliminando dalla corsa alcuni a suo avviso candidati “scomodi” e ritrovandosi a gestire a metà la sua conclamata autonomia con l’ingombrante presenza di diversi eredi di Oliverio. Insomma ci sarà di che discutere. (s)