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L'OPINIONE / Giacomo Saccomanno: A 30 anni dalla strage di Capaci poco è cambiato

L’OPINIONE / Giacomo Saccomanno: A 30 anni dalla strage di Capaci poco è cambiato

di GIACOMO SACCOMANNO – Sono trascorsi trent’anni dalla strage di Capaci, ma l’insegnamento di Giovanni Falcone sembra non sia servito a nulla! La strage del 23 maggio 1992 ove persero la vita la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, sembra una realtà lontana e non sembra che i fatti che si sono susseguiti abbiano veramente aperto quello spartiacque che avrebbe dovuto rafforzare ancor più la lotta contro le mafie. Diceva Giovanni Falcone: “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.

Tutto vero! Tanto si è fatto nel tempo per combattere la criminalità organizzata che, dopo il periodo buio delle bombe e degli attentati, ha iniziato un nuovo percorso più sotterraneo e pericoloso: l’inserimento ed il condizionamento delle istituzioni per aumentare potere ed affari, coinvolgendo tutti con il solo fine dello sfruttamento al massimo delle risorse. Tutto chiaro, tutto ben delineato. Ma, quello che lascia molto perplessi è il sistema giustizia che non sembra funzionare adeguatamente. Non vi è uniformità di azione.

Tutto è lasciato sulle gambe di pochi uomini che hanno e stanno sacrificando la propria vita e quella delle famiglie per portare avanti una battaglia vera e senza se e senza ma. Ma, non è il sistema che combatte. Sono i singoli, con la loro disponibilità, sensibilità, moralità, coerenza, capacità, volontà! Il sistema appare, invece, molto condizionato, infiltrato, non reattivo. Lontano dalle bombe, dagli attentati, dalle stragi, a distanza di trent’anni si deve registrare un silenzio devastante che ha consentito alla criminalità organizzata di proseguire nella sua azione e di inserirsi anche nei gangli vitali delle istituzioni. Giovanni Falcone parlava di idee che avrebbero dovuto camminare sulle gambe degli uomini. Ma, quanti uomini oggi hanno idee e possono ritenersi veramente liberi?

Le elezioni del nuovo Procuratore Nazionale della DDA è la riprova di come i condizionamenti ancora esistono e sono molto forti anche dinnanzi a scelte così importanti. Ha affermato Giuseppe Marra (Autonomia e Indipendenza), componente del CSM, che «Gratteri è il simbolo della lotta alla criminalità organizzata, come si evidenzia nel processo “Rinascita Scott” che si sta svolgendo contro le cosche della ‘ndrangheta. Gratteri è anche il simbolo dei magistrati che non hanno alcuna relazione con la politica. E questo si può vedere nelle interviste rilasciate contro le recenti riforme della giustizia. Ed è il simbolo anche di quei colleghi che non sono mai stati iscritti alle correnti della magistratura».

Infine, non si può non richiamare, tra l’altro, l’intervento del consigliere laico Stefano Cavanna, in quota Lega: La premessa del primo presidente Curzio mi hanno un po’ turbato. Dire che bisogna supportare con il massimo dei voti il candidato che sarà eletto, mi fa pensare che già si sa chi sia il vincitore. Non mi è mai piaciuto il conformismo e non mi piace neanche in questo caso. Questa è una scelta di due divisioni diverse di questo ufficio, perché dalle audizioni sono emersi due modi di operare in modo opposto. È proprio per questo è indispensabile partecipare e votare i referendum non potendo essere il CSM gestito da gruppi che manifestano o fanno pensare a posizioni partitiche contrapposte!  (gs)