di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Era il 24 gennaio del 1997 quando a San Luca nasceva la Fondazione Corrado Alvaro. È il 21 marzo 2025 quando, a San Luca, viene sciolta, dalla Prefettura di Reggio Calabria, la Fondazione Corrado Alvaro.
Una coincidenza l’equinozio di primavera, che vede San Luca gelarsi come con la neve d’inverno. Era impensabile negli anni Novanta, che un paese fragile e depresso come San Luca, ad alta densità ‘ndranghetista, potesse dare avvio a un centro di cultura così importante. Eppure, Antonio Alvaro, padre di Corrado, in tempi non sospetti, non ebbe alcuna remora nell’avviare il figlio alla poesia. Un passaggio senza il quale la Fondazione in oggetto non sarebbe mai esistita.
Una scommessa potente, quella della Fondazione intitolata a Corrado Alvaro, in cui in molti hanno creduto e che oggi molti altri hanno praticamente disfatto. E questi molti altri sono lo Stato che, colto dal dubbio che a San Luca nessuno mai possa davvero vivere e agire rettamente, ammonisce irreparabilmente l’unico presidio vero di legalità, oltre che di cultura, su cui San Luca aveva puntato tutto, superando i confini del proprio paese e soprattutto riuscendo ad accreditarsi come centro assoluto di cultura, contribuendo così a cambiare la sua terribile narrazione di luogo maledetto di ‘ndrangheta.
La Fondazione nasce per ricordare a tutti che San Luca era stato e deve continuare a essere il paese di Corrado Alvaro, quell’intellettuale che essa intende contribuire a far iscrivere definitivamente nell’albo dei padri costituenti della letteratura italiana del ’900.
Primo presidente della Fondazione Corrado Alvaro fu Padre Stefano De Fiores; presidente onorario fino alla morte (2011), Don Massimo Alvaro, custode della memoria del fratello Corrado. Attuale presidente Aldo Maria Morace, tra i massimi italianisti del nostro tempo, professore ordinario di lettere presso l’Università di Sassari, preside della Facoltà di Lettere e Filosofia e direttore della Scuola di Dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali.
Uomini che ci hanno creduto, e che hanno investito sé stessi in questa straordinaria opera.
Vorrei poter parlare non allo Stato, ma con lo Stato.
Lo vorrei fare da calabrese che ha sempre creduto che i figli non devono mai pagare gli errori dei padri, che semmai questi vanno educati a non ripeterli; da calabrese che ha sempre creduto che bisogna dare a tutti una seconda possibilità. Ché nulla è perduto per sempre, specie gli uomini che da certi dubbi non vogliono essere colti. Vorrei poter discutere con lo Stato e chiedere perché Antonello dell’Argirò, prima di incontrare la giustizia, ha dovuto commettere il fatto suo.
Dov’era prima la giustizia?
Perché non lo è andata a trovare?
A San Luca, è davvero rimasto tutto come nel 1930, l’anno in cui Alvaro scrive Gente in Aspromonte? San Luca deve continuare ancora oggi a subire come Antonello e poi, sfatta e disfatta, commettere un fatto per essere ascoltata?
La Fondazione Corrado Alvaro è una preziosa creatura che va curata, coccolata, spinta, sostenuta.
E chi avrebbe dovuto darle vita se non i sanluchesi stessi, che – Dio sia lodato – hanno riconosciuto, costituendola, Corrado Alvaro come il faro nella notte di San Luca?
Non lo sa lo Stato che la Calabria è un pugno di gente e che, in questo pugno, c’è il bello e il brutto, il buono e il cattivo? E che, essendo appunto così stretti, esistono infiniti legami di parentele che non si possono pagare come colpe?
Chi le espia le colpe di quelli che portano, non per scelta, cognomi pesanti, o che sono fratelli, parenti, amici di persone che hanno commesso un fatto?
Come lo si dice a un bimbo di San Luca che, solo perché su suo padre pesano accuse gravi, quelle stesse accuse pesano il doppio anche su di lui?
Con quale coraggio e con quale giuramento allo Stato e a Dio si può agire in maniera così assoluta, fatale?
Ho paura di questo assurdo sistema che rende nulle certe vite sulla base delle vite altrui. Ho paura di chi ha potere in questo paese e fa di tutta l’erba un fascio. E fa sì che un melo faccia, a suo piacimento fiori di rosa e fiori di pesco. Che mondo è questo?
Non posso, non posso pensare che tocchi ancora a molti ragazzi lassù la stessa sorte di Antonello, che molti padri non possano sperare in una vita migliore per i propri figli.
Cosa accadrà dopo la Fondazione Corrado Alvaro? Si metterà al vaglio la scuola? Sicuramente è frequentata da figli di ‘ndranghetisti.
Che si chiuda allora! Si chiuda la chiesa, nessuno abbia accesso a nulla, neppure alla montagna. Si chiuda Polsi e, in questa prigione, si chiuda una volta per tutte anche Maria della Montagna. Che ci sta a fare una Madonna lassù? Scioglietela!
La Fondazione Corrado Alvaro ha fatto tanto per San Luca, ha ridato a quel paese la dignità che meritava e che oggi gli viene nuovamente rubata, come se lì non vi fossero case, ma stazzi, e non vi vivessero uomini, ma animali.
Nessuno in grado di vedere un Dio greco pellegrino recitare, a salvamento di questa area della terra, alla fine del Sud, una preghiera. Nessuno in grado di scorgere, sullo scalino delle case, la giovane Melusina, cogliendone il ritegno, la bellezza.
Perché tanta miopia? Perché questo accanimento morboso, ossessivo e compulsivo nei riguardi di un paese che ha tanto sofferto e dove questa Fondazione doveva essere la giusta cura? Perché non vi è fiducia in chi implora fiducia?
Chiedete, chiedete e vi sarà detto.
Chiedete ai tanti ragazzi che si sono rivolti alla Fondazione in questi anni, ai tanti studenti universitari che, supportati dalla Fondazione, hanno redatto tesi su Corrado Alvaro. Chiedete a quanti studiosi, giornalisti sono arrivati a San Luca se la Fondazione si è aperta a loro o è rimasta chiusa. Se la Fondazione, per accedervi, ha chiesto mazzette o ha offerto gratuitamente il suo contributo a chiunque lo abbia cercato. Chiedete.
Alvaro si starà rivoltando nella tomba. Don Massimo, sono certa, non starà trovando pace. E Antonio Alvaro si starà dannando, perché il suo Corrado ha lasciato San Luca appena decenne affinché un giorno non lo facesse più nessuno. E invece no.
Lo scioglimento della Fondazione Corrado Alvaro, su cui viene gettata l’ombra della ‘ndrangheta, è l’ultimo atto in ordine di tempo, e forse quello definitivo, con cui ai sanluchesi e ai calabresi il messaggio che arriva è chiaro e forte: chiudete. Andate via.
Nessuno però ricorda cosa scrive Saverio Strati, ne Il selvaggio di Santa Venere: Nei paesi soli prolifica la mafia, si incarognisce la mafia.
Non voglio immaginare un disegno preciso per San Luca. Non voglio pensare a uno sterminio delle coscienze. Voglio piuttosto immaginare che questo inciampo possa essere riconsiderato.
Quest’anno si celebrano i 130 anni dalla nascita di Corrado Alvaro. Chi organizzerà la sua festa? Chi ricorderà all’Italia l’intellettuale di San Luca? E cosa farà la Calabria?
Ricordate: se la Calabria ha un cuore questo batte a San Luca. Qui nacque Corrado Alvaro.
Oggi siamo tutti San Luca, siamo tutti la Fondazione Corrado Alvaro. E il 15 aprile ci saremo (l’invito è agli scrittori, agli intellettuali, ai poeti, alla politica, a tutto il popolo calabrese), a San Luca, davanti la Fondazione Corrado Alvaro, perché ogni uomo è responsabile del suo tempo.
E se è vero che i calabresi vanno parlati, allora quel giorno ci parleremo tra di noi. Corrado Alvaro non può subire tutto questo. L’impegno di Aldo Maria Morace, in tutta la sua integrità morale e culturale, e di tutti i membri della Fondazione, a qualunque categoria di famiglie questi appartengano, è innegabile. È tangibile. Non lo si oscuri. Non lo si infanghi. Rivivrebbe Antonello dell’Argirò, e non possiamo permettercelo.
L’auspicio è che ora la Prefettura faccia il suo rapidissimo corso, che la Fondazione ritorni ai suoi membri, a San Luca, e che si cooperi tutti affinché San Luca rinasca con Corrado Alvaro in questo 130° anniversario.
Intellettuali calabresi, ci siete? O adesso, a primavera, o d’estate è troppo tardi.
Ho finito di scrivere, ma non di piangere. (gsc)