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L'OPINIONE / Mimmo Nunnari: Paolo Egonu, Vannacci e le "menti colorate" dell'Africa e del Sud Italia

L’OPINIONE / Mimmo Nunnari: Paolo Egonu, Vannacci e le “menti colorate” dell’Africa e del Sud Italia

di MIMMO NUNNARIQualche anno fa in piena era Covid uscì un mio libro: “Elogio della Bassitalia” (Rubbettino editore), che per ovvie ragioni, principalmente per le restrizioni dovute alla pandemia, ha avuto una diffusione molto limitata. Insomma zero presentazioni. Eppure, quel libro, che ho amato tanto perché era prima di tutti un atto d’amore per il mio Sud e poi una lunga invettiva contro la Lega di Salvini, mi è venuto in mente in queste settimane assistendo alle polemiche sciocche pre e post Olimpiadi relative alle italiane di colore –  come Paola Egonu la più forte pallavolista in attività al mondo – che hanno stravinto a Parigi, in Francia.

La talentuosa e bellissima Paola, che per l’ex generale Vannacci, europarlamentare della Lega di Salvini, «è brava ma i suoi tratti non sono italiani», ho pensato che a sua insaputa è probabilmente una meridionale; una della Bassitalia: un’aggravante, se Vannacci se ne accorge. È del Sud dell’Italia Paola, perché qui nella Bassitalia siamo tutti  mescolati: e lei qui da noi e fra noi ci starebbe. Siamo generalmente scuri di carnagione, anche se non mancano le rosse e i rossi che sono di origine normanna o discendenti dei Traci. Qui, sono arrivati tutti nei secoli e nei millenni, e di conseguenza siamo un popolo plurale. Siamo persone che, nel corso dei millenni, come dice il poeta napoletano, Erri De Luca, «sono trovate a convivere lungo questo stesso mare [il Mediterraneo] mescolando le loro storie e il loro stesso sangue».

L’essere plurale è proprio una caratteristica del tipo meridionale, che ha mente colorata, nascita meticcia, è impastato con farine di grani antichi e si muove con diffidenza nella commedia umana. Come il personaggio pirandelliano Vitangelo Moscarda, detto Gengè, che la mattina, guardandosi allo specchio, si sente sdoppiato in un altro se stesso, come uno che è conosciuto solo dallo sguardo altrui: non più alle prese con un solo estraneo, bensì con centomila estranei che convivono in lui, secondo la realtà che gli altri gli danno. Per questo Paola Egonu è una di noi. Tranquillo Vannacci, l’olimpionica di colorato oltre alla pelle ha la mente, perché la mente di origine mediterranea e africana è colorata. Lo ha detto Piero Citati, in un bellissimo libro, appunto “La mente colorata”, con cui ci ha spiegato che Ulisse è “l’uomo dalla mente dai mille colori”. L’eroe più conosciuto dell’epica occidentale, ha dunque la mente colorata, come Egonu e gli altri e le altre italiane dì colore le cui radici sono in Africa.

Anche chi scrive (mi scuso per la citazione) in quel libro, “Elogio della Bassitalia”, nel capitolo “Non si sceglie dove si nasce” dice: «Sono felicemente nato in una terra del Sud, sono calabrese, un poco siciliano, ho radici greche, antenati arabi, sento gli ebrei fratelli e ho – quando è possibile – abitudini spagnole, che consistono nello scegliere un ritmo lento della vita fondato sulla gioia del vivere; nell’amare borghi e città callejera, cioè “stradaiole”, dove si sta per strada più che a casa».

Per il generale Vannacci saranno difetti tutte queste cose, e anche i miei tratti, forse a guardar bene, non sono italiani del tipo vannacciano. Per non parlare di com’è quel collega siciliano che, sdraiato sulla spiaggia di Soverato a prendere il sole, fu avvicinato da un venditore ambulante di carnagione scura che gli lasciò la mercanzia in custodia, per poter andare al bar a prendere una bibita, dicendogli: «Scusa fratello ma solo di un marocchino come te mi posso fidare».

Diciamolo , Vannacci non è solo, e sta bene dove sta, nella Lega di Salvini, dove soffrono di  ossessioni, autonomie, chiusure di porti, malattie, scimmiottamenti lombrosiani che riconducono alle strampalate teorie di Marco Ezechia Lombroso, detto Cesare, antropologo e criminologo di origine veronese che, trafficando coi ferri chirurgici nel cranio di un povero disgraziato, morto in carcere a Torino – tal Giuseppe Villella, calabrese, di Motta Santa Lucia, arrestato per brigantaggio, ma in realtà ladro di galline e di formaggio, come si appurerà in seguito – ritenne di riconoscere, nella fossetta occipitale mediana di quell’uomo, il problema della natura del meridionale: delinquente nato. Gli credettero per molto tempo, ma le sue convinzioni sballate successivamente furono considerate nient’altro che idiozie dalla comunità scientifica nazionale e internazionale.

Con quell’errore, il veneto-piemontese Lombroso apriva però la porta al razzismo contro i meridionali [i neri di un tempo passato]; una porta che non si sarebbe più chiusa, come Vannacci dimostra, rimasta apertissima, soprattutto per chi ha la pelle nera, come la splendida Egonu. (mnu)