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Lucio Caracciolo al master in Intelligence dell'Unical parla di geopolitica

Lucio Caracciolo al master in Intelligence dell’Unical parla di geopolitica

di FRANCO BARTUCCIDopo Antonio Nicaso, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto dal prof. Mario Caligiuri, è intervenuto per la sua lezione Lucio Caracciolo, fondatore e direttore di Limes, parlando sul tema: Il deep state tra Geopolitica e intelligence, evidenziando come il controllo dei mari sarà al centro dei conflitti presenti e futuri; mentre decisiva sarà la questione di Taiwan.

Caracciolo ha descritto le due principali aree di tensione geopolitica: una di dimensioni più contenute relativa al conflitto in Ucraina, definita “guerra russo-americana”; e l’altra relativa alla sfida strategica sino-americana.

Il docente ha messo in evidenza che gli Stati Uniti, nella rappresentazione che intendono dare di sè stessi, pur non utilizzando la terminologia riconducibile al concetto di “impero”, si presentano come una “nazione missionaria provvidenziale”, il cui interesse coincide con quello dell’intera umanità. Questa vera e propria “vocazione” di cui si sentono investiti “ha mosso, ha legittimato e ha autogiustificato le molte guerre che gli Stati Uniti hanno combattuto a partire dalla loro esistenza e in particolare nel Novecento”. Infatti, a partire dal 1898 con la guerra ispano americana, quando gli Stati Uniti conquistarono le Filippine, è iniziato un percorso di crescita egemonica che li ha visti diventare una potenza mondiale, dominante dalla seconda guerra mondiale in poi.

Caracciolo ha poi osservato come lo spazio imperiale degli Stati Uniti si basi su due elementi: sul controllo delle rotte marittime, che rappresenta la conditio sine qua non per assicurarsi un decisivo vantaggio nella competizione economica, e sull’isolamento territoriale. A proposito, il docente ha sottolineato come l’impero americano goda di una situazione di cui nessun altro impero abbia mai beneficiato nel corso della storia, ovvero l’impossibilità di essere attaccati via terra. Nell’ambito della supremazia americana, la nostra nazione ha un ruolo di friend and ally, come vengono definiti gli alleati della Nato, garantendo agli Stati Uniti l’installazione di basi militari oggetto di trattati segreti che garantiscono agli U.S.A. una libertà di azione “incontestabile e decisiva”.

Il docente ha quindi sottolineato come la conseguenza che deriva dalla necessità di mantenere la posizione di “fattore benefico dell’umanità” sia quella di impedire che nel continente euroasiatico nasca una potenza che possa sfidarli e mettere in discussione il loro primato. Tale fattore ha spinto gli Stati Uniti ad intervenire nelle due guerre mondiali, per poi, dopo il 1945, «stabilizzare la loro presenza tramite l’alleanza atlantica».

Caracciolo ha poi sottolineato che la sfida principale ad oggi, per gli Stati Uniti, è quella rappresentata dalla Repubblica Popolare Cinese che «si presenta in modo esplicito, da quando è stata rifondata nel 1949, come una potenza globale», la cui dimensione oceanica è più “importante che mai”, nella sua ambizione di diventare grande potenza e riprendere il controllo dei propri mari. Per la Cina la sfida è dunque rappresentata dal «controllo delle rotte marittime che la collegano con il resto del mondo» e, per raggiungere tale scopo, occorre respingere gli Stati Uniti dalla loro area di influenza marittima.

Il docente si è poi soffermato sull’importanza del fattore demografico, considerando la posizione della Federazione Russa, il cui territorio è caratterizzato da uno spazio territoriale molto vasto, che copre ben undici diversi fusi orari, ma abitato da una popolazione molto scarsa tanto da rendere «la Russia asiatica più un oggetto di competizione che non un soggetto». Caracciolo ha sottolineato come tale criticità potrebbe effettivamente portare la Russia, in caso di sconfitta nella attuale guerra con l’Ucraina, a perdere grandi spazi territoriali, contribuendo a spingere la Russia a “considerare in gioco la sua stessa esistenza”.

Passando poi ad analizzare la posizione del nostro Paese, il docente ha rilevato come quello relativo alla fragilità demografica sia uno dei problemi più urgenti, di cui però non ci si occupa a sufficienza. A rendere evidente la gravità della situazione sono le proiezioni demografiche per continente al 2100, da cui si evince con chiarezza che già nel 2025 i continenti maggiormente popolosi saranno Africa ed Asia, mentre risulta evidente il declino europeo «con popolazione destinata a decrescere da qui alla fine del secolo».

Con questi rapporti demografici, non sarà più sostenibile «che l’attuale sistema di potere nato nel Novecento possa reggere da solo le sorti dell’intero pianeta», continuando a prevedere un mondo unipolare, Che è il mondo fino ad oggi perseguito dalla politica americana, che rappresenta invece «qualcosa di chimerico, qualcosa di impossibile o addirittura un sogno pericoloso perché, essendo irrealizzabile, se perseguito provocherebbe delle conseguenze catastrofiche».

Definendo il teatro indopacifico, il docente si è soffermato sulla rappresentazione che la repubblica popolare cinese intende dare di sé stessa come continuazione comunista di un impero millenario dei figli del drago, ovvero di un ceppo etnico fortemente radicato nella storia.  L’obiettivo cinese è pertanto quello di assumere il controllo dei mari, nel tentativo di sfidare gli Stati Uniti per l’egemonia mondiale.

Per attuare una strategia di contenimento dell’aspirazione cinese, gli Stati Uniti hanno garantito la loro presenza in tale area installando basi aereonavali nelle Filippine ed in Giappone, che, con India ed Australia, fa parte del cosiddetto Quad, l’alleanza militare strumentale all’egemonia americana per il contenimento della potenza cinese. In tale scenario risulta estremamente rilevante l’arcipelago indipendente di  Taiwan, che per la sua posizione strategica rappresenta il «cuore del dilemma del controllo delle grandi rotte oceaniche». Taiwan, che formalmente ha mantenuto fino ad oggi il nome di Repubblica di Cina, sta attuando una dismissione del patrimonio storico e culturale cinese, con la contestuale valorizzazione di quello taiwanese, in palese ottica di contrapposizione alla Cina.

Gli Stati Uniti fungono da potenza garante nella piena consapevolezza che «chi controlla Taiwan controlla le rotte marittime commerciali». Caracciolo ha sottolineato che è fondamentale ricordare che «la partita degli stretti oceanici sarà il cuore degli interessi geopolitici dei prossimi anni» e che per gli Stati Uniti questo è il cuore dello scontro, mentre il teatro dell’ucraina rimane secondario.

A tal proposito, il docente ha rappresentato i possibili scenari degli sviluppi del conflitto europeo, sottolineando la dimensione marittima dell’Ucraina e la possibile volontà da parte della Russia di chiuderne gli sbocchi sul mare, che rappresentano importanti rotte commerciali verso il Mar Nero e la rotta artica, ma che per la Russia hanno anche un valore simbolico rappresentato da Sebastopoli.

In riferimento al conflitto ucraino, Caracciolo ha rilevato come, nonostante «le comunicazioni mediatiche facciano apparire questa guerra come se non ci tocchi direttamente», il nostro Paese subisce, in realtà, implicazioni notevoli. L’invio di armi in Ucraina, senza che peraltro siano state rese pubbliche tipologia e quantità, «rischia di indebolire notevolmente il nostro arsenale militare, andando ad intaccare il nostro potenziale di difesa senza, tra l’altro, avere le capacità finanziarie per riarmarci». Altrettanto rappresentano per l’economia nazionale le sanzioni, pur non avendo significativamente intaccato l’economia russa, che ha continuato a crescere grazie alla disponibilità di paesi cosiddetti triangolatori, con un volume di importazione e scambi che non rileva particolari sofferenze.

Facendo riferimento all’inchiesta del giornalista americano Seymour Hersh, che attribuisce agli Stati Uniti il sabotaggio del gasdotto Nord Stream, Caracciolo ha poi sottolineato che una delle cause fondamentali di questo conflitto è la volontà da parte degli Stati Uniti di interrompere definitivamente l’interdipendenza energetica tra Italia, Germania e Russia. Ciò evidenzia il significato geopolitico più che quello economico, dal momento che gli accordi di intesa energetica tra Russia e Germania erano guardati con sospetto dagli Stati Uniti fin dall’epoca della guerra fredda.

In futuro gli approvvigionamenti di gas saranno garantiti dall’Azerbajan, per compensare almeno in parte la perdita del gas del Nord Stream, e dall’Algeria, che apre una sorta di paradosso, poiché le forze armate algerine sono fortemente dipendenti dalle forniture militari russe. Infine, Caracciolo, riferendosi al posizionamento dei Paesi Europei, ha rilevato come non esista un fronte univoco antirusso nella Nato, dal momento che vi sono posizioni differenti connesse al percorso storico di ciascuna nazione. (fb)